Calcio
La “vendetta”di Patruno: «il Borgorosso è una scommessa vinta»
Il commento del tecnico biancorosso sulla stagione dei suoi
Molfetta - martedì 18 aprile 2017
Michele Patruno adesso. Da celebre, forse di più: da esempio. Perché funziona così: si parte con lo scetticismo, perché indossa la tuta, perché è arrivato nel calcio dei grandi partendo dal basso, dalle categorie inferiori. Si arriva alla mitologia, ovvero al renderlo grande esattamente per gli stessi motivi: perché indossa la tuta, perché è arrivato nel calcio dei grandi partendo dal basso e dalle categorie inferiori, perché ha lo spessore per gestire lo spogliatoio del Borgorosso Molfetta.
Il calcio oscilla senza grandi scossoni tra incertezze e certezze, sempre molto assolute. Boccia, promuove. Quindi Patruno dopo un inizio di stagione balbettante rischiava di bruciarsi. Quindi Patruno ha dimostrato che non ci si brucia nonostante qualche intoppo iniziale. Esempio, appunto. Invece Patruno è Patruno perché il Borgorosso gioca bene a calcio. Quarto in campionato con trentanove punti, quattro in meno della terza (Celle di San Vito); secondo miglior attacco, il vice capocannoniere della Prima Categoria in squadra. A fine stagione ha la possibilità di vincere un altro campionato, mediante i play off contro il Celle di San Vito. Numeri e fatti. Ovvero sostanza.
Perché quello è lui, cioè Patruno. Uno che si tocca, che si sente, che si vede. Uno che parla: «Adesso è il momento di dire ciò che ho in mente da ben tre anni! Giandonato La Forgia, Giuseppe Murolo, Daniele Lopez, Giuseppe Castagno, Paolo Lucarelli, Corrado Uva e tutti gli altri giocatori che hanno fatto parte in questi anni del Borgorosso Molfetta, siete arrivati là dove altri in passato non hanno mai creduto. Scommessa vinta!».
Michele Patruno è oggi il rappresentante del campo. Cioè: la personificazione di un pensiero calcistico che mette al centro il gioco. Non è una questione di essere migliori o peggiori, è che i cicli del calcio e della sua evoluzione mediatica inevitabilmente sono fatti di allenatori comunicatori e di allenatori allenatori. Patruno sta qui ed è perfettamente calato nella realtà del pallone di oggi.
Il calcio oscilla senza grandi scossoni tra incertezze e certezze, sempre molto assolute. Boccia, promuove. Quindi Patruno dopo un inizio di stagione balbettante rischiava di bruciarsi. Quindi Patruno ha dimostrato che non ci si brucia nonostante qualche intoppo iniziale. Esempio, appunto. Invece Patruno è Patruno perché il Borgorosso gioca bene a calcio. Quarto in campionato con trentanove punti, quattro in meno della terza (Celle di San Vito); secondo miglior attacco, il vice capocannoniere della Prima Categoria in squadra. A fine stagione ha la possibilità di vincere un altro campionato, mediante i play off contro il Celle di San Vito. Numeri e fatti. Ovvero sostanza.
Perché quello è lui, cioè Patruno. Uno che si tocca, che si sente, che si vede. Uno che parla: «Adesso è il momento di dire ciò che ho in mente da ben tre anni! Giandonato La Forgia, Giuseppe Murolo, Daniele Lopez, Giuseppe Castagno, Paolo Lucarelli, Corrado Uva e tutti gli altri giocatori che hanno fatto parte in questi anni del Borgorosso Molfetta, siete arrivati là dove altri in passato non hanno mai creduto. Scommessa vinta!».
Michele Patruno è oggi il rappresentante del campo. Cioè: la personificazione di un pensiero calcistico che mette al centro il gioco. Non è una questione di essere migliori o peggiori, è che i cicli del calcio e della sua evoluzione mediatica inevitabilmente sono fatti di allenatori comunicatori e di allenatori allenatori. Patruno sta qui ed è perfettamente calato nella realtà del pallone di oggi.