Calcio
de Candia, la Forgia, dell'Aquila, Capurso: anima di capitano, cuore di condottiero
In quattro per un'unica fascia: quella di capitano
Molfetta - martedì 2 giugno 2015
7.57
Hanno un grande impegno nei confronti dei compagni di squadra, di tutta la gente che va allo stadio e che resta a casa e con la città intera. Devono sempre dimostrare qualcosa, con quella fascia al braccio. Un solo comandante, un solo uomo a fare da scudo, con le sue spalle larghe forgiate dalle difficoltà. Il Borgorosso Molfetta ne ha avuti addirittura quattro, ma tutti con lo stesso compito: essere d'esempio e non mollare mai, nemmeno di un millimetro, perchè i colori, la maglia valgono ancora molto. Michele de Candia (detto Killer), Giandonato la Forgia, Michele Dell'Aquila e Giuseppe Capurso (detto Maradona) non potevano tradire, non l'hanno mai fatto per nessuna ragione al mondo. Perché di quattro così ti puoi fidare ad occhi chiusi, ti puoi permettere di affidargli persino il tuo destino bisbigliandogli all'orecchio, fanne ciò che vuoi. Sai di essere in buone mani, con dei guerrieri così.
Perchè per loro lottare è una necessità, un piacere, un dovere, è l'unico modo in cui sono stati abituati, da sempre a fare le cose. Lottare per vincere sempre, lottare per diventare grandi. Lottare, per Michele de Candia, Giandonato la Forgia, Michele Dell'Aquila e Pino Capurso, è diventata subito l'unica opzione praticabile. Fin da inizio stagione. Giandonato la Forgia e Michele de Candia, entrambi difensori centrali, in campo, sono una furia. Si lanciano su tutti i palloni. Spezzano la manovra avversaria e la fanno ripartire. Interrompono le azioni degli avversari, lanciano i suoi compagni. Un attimo e li trovi per terra, in tackle, a rubar palla. Un secondo dopo si sono rialzati e hanno consegnato la palla al loro compagno più vicino, o hanno lanciato in profondità, con precisione. Quando vedono un pallone che può entrare nella loro disponibilità, non se lo fanno dire due volte: gli si lanciano incontro, lo arpionano, lo fanno loro. Entrambi hanno combattuto, partita dopo partita, minuto dopo minuto.
Ma nel calcio si vince anche grazie alle geometrie, ai lampi di genio, alla sregolatezza, sempre sopra le righe. Sono gli eroi romantici, dei ribelli, che semplicemente continuano a fare quello che hanno sempre fatto. Vanno al loro ritmo, seguono solo i pensieri nella loro testa. Danno ascolto solo a due cose, piuttosto importanti: la loro testa e il loro piede. E quella testa e quei piedi viaggiano su binari completamente diversi da quelli degli altri in campo. Sono semplicemente calciatori speciali, che non puoi ricondurre a nessuna fattispecie, che non puoi etichettare con un ruolo, a cui non puoi affidare un compito. Sono calciatori che accendono gli entusiasmi con facilità disarmante, sono calciatori che nel bene o nel male, non ti possono lasciare indifferente. Li amerai, alla follia. Oppure li odierai, con ogni fibra del tuo corpo. Michele dell'Aquila e Giuseppe Capurso sono proprio due di quei calciatori. Uno è un punto di riferimento dentro e fuori dal campo, l'altro lo chiamano perfino Maradona. Per tanti motivi. Quello che li rende speciali, è la loro visione di gioco. Entrambi viaggiano qualche secondo avanti a tutti, prevedono quello che sta succedendo o sta per succedere. E succede perchè sono loro a decidere quello che sta per accadere.Vede lo spazio, la profondità, il campo, come nessun altro. Immaginano, pensano, fanno succedere le cose.
Non ci sono mezze misure, non ci sono compromessi. Questo poker di capitani o lo si ama o lo si odia. Incondizionatamente.
Perchè per loro lottare è una necessità, un piacere, un dovere, è l'unico modo in cui sono stati abituati, da sempre a fare le cose. Lottare per vincere sempre, lottare per diventare grandi. Lottare, per Michele de Candia, Giandonato la Forgia, Michele Dell'Aquila e Pino Capurso, è diventata subito l'unica opzione praticabile. Fin da inizio stagione. Giandonato la Forgia e Michele de Candia, entrambi difensori centrali, in campo, sono una furia. Si lanciano su tutti i palloni. Spezzano la manovra avversaria e la fanno ripartire. Interrompono le azioni degli avversari, lanciano i suoi compagni. Un attimo e li trovi per terra, in tackle, a rubar palla. Un secondo dopo si sono rialzati e hanno consegnato la palla al loro compagno più vicino, o hanno lanciato in profondità, con precisione. Quando vedono un pallone che può entrare nella loro disponibilità, non se lo fanno dire due volte: gli si lanciano incontro, lo arpionano, lo fanno loro. Entrambi hanno combattuto, partita dopo partita, minuto dopo minuto.
Ma nel calcio si vince anche grazie alle geometrie, ai lampi di genio, alla sregolatezza, sempre sopra le righe. Sono gli eroi romantici, dei ribelli, che semplicemente continuano a fare quello che hanno sempre fatto. Vanno al loro ritmo, seguono solo i pensieri nella loro testa. Danno ascolto solo a due cose, piuttosto importanti: la loro testa e il loro piede. E quella testa e quei piedi viaggiano su binari completamente diversi da quelli degli altri in campo. Sono semplicemente calciatori speciali, che non puoi ricondurre a nessuna fattispecie, che non puoi etichettare con un ruolo, a cui non puoi affidare un compito. Sono calciatori che accendono gli entusiasmi con facilità disarmante, sono calciatori che nel bene o nel male, non ti possono lasciare indifferente. Li amerai, alla follia. Oppure li odierai, con ogni fibra del tuo corpo. Michele dell'Aquila e Giuseppe Capurso sono proprio due di quei calciatori. Uno è un punto di riferimento dentro e fuori dal campo, l'altro lo chiamano perfino Maradona. Per tanti motivi. Quello che li rende speciali, è la loro visione di gioco. Entrambi viaggiano qualche secondo avanti a tutti, prevedono quello che sta succedendo o sta per succedere. E succede perchè sono loro a decidere quello che sta per accadere.Vede lo spazio, la profondità, il campo, come nessun altro. Immaginano, pensano, fanno succedere le cose.
Non ci sono mezze misure, non ci sono compromessi. Questo poker di capitani o lo si ama o lo si odia. Incondizionatamente.