Running e Atletica
Dagli allenamenti a Molfetta all'oro di Tokyo: la storia di Massimo Stano sulla Rai
L'atleta di Palo del Colle protagonista dell'ultima puntata di TV7
Molfetta - lunedì 11 ottobre 2021
L'oro olimpico di Massimo Stano si intreccia fortemente con la città di Molfetta, vista la lunga militanza dell'atleta di Palo del Colle nell'Aden Exprivia con cui ha anche preso parte agli ultimi campionati nazionali di atletica leggera poco meno di un mese fa. La storia del campione capace di conquistare la vetta del mondo in quel di Tokyo è stata raccontata nell'ultima puntata di TV7 su Rai Uno.
"La mattina della gara ero tranquillo. Ho parlato con Antonella Palmisano, che è una leader vera, e al telefono con Ivano Brugnetti. Patrizio mi ha fatto un paio di raccomandazioni e poi mi ha chiesto: oggi fammi piangere. Ho promesso che l'avrei fatto, e a quel punto non dovevamo dirci altro. Io ci credevo, ci credevo più di tutti. Potrà sembrare presuntuoso, ma sono andato in Giappone per vincere, non per una medaglia. Della gara ho ricordi intensi ma fuori fuoco, ero immerso in un flusso agonistico che non lasciava spazio a dubbi o ragionamenti. Una cosa ricordo con precisione: al 17° chilometro i giapponesi mi hanno superato con un'accelerazione brusca, viaggiavano a 3'40" al chilometro. Potevano spezzarmi e invece ho pensato: ma dove andate? Il più forte qui sono io. Dopo poco li ho ripresi, affiancati e guardati negli occhi".
29 anni, barese cresciuto a Palo del Colle, Stano si gode ora la famiglia e la fama dopo la sua impresa in terra nipponica: "Sfilare sul tappeto rosso della Mostra del Cinema di Venezia, sentire da vicino il rombo dei motori della Formula 1 sono emozioni diverse da quelle che mi dà l'atletica. La notorietà mi diverte, anche se da marciatore ho imparato tenere i piedi per terra, in tutti i sensi. Non c'è sospensione". Durante la puntata l'azzurro riascolta le dichiarazioni – rabbiose, lucide - dopo i Mondiali di Doha del 2019, parole che suonano come un presagio. "Ero furioso, quel 14° posto non mi apparteneva ma desso dico che è stato fondamentale. In Qatar ho capito che dovevo lavorare sulla tecnica. Prima, a La Coruna, con il record italiano di 1h17:45 avevo capito il mio valore agonistico. Da allora il lavoro mentale, che faccio da solo, senza un mental coach, è stato incessante".
"Era il 2016 e lui era infortunato. A convincermi fu l'altro mio atleta Marco De Luca, una delle anime trainanti del nostro team". Ora 'Patrick' fa parte di un club estremante esclusivo, quello degli allenatori capaci di vincere, con i propri atleti, due medaglie d'oro olimpiche. "Le imprese di Massimo e Antonella Palmisano resteranno nella storia, ma fra qualche settimana si ricomincia, sapendo che sulla prossima linea di partenza si riparte da zero. Nulla è scontato. A Sapporo i pronostici davano un podio interamente giapponese, noi non eravamo favoriti. Ogni volta che mi passava davanti faceva una smorfia, ma poi accelerava".
E ancora: "Il raduno in Giappone del 2019 è stato determinante: abbiamo simulato ogni dettaglio, misurato i parametri corporei, fatto una moltitudine di test, capito dettagli fondamentali sull'adattamento al caldo e all'umido. A me spettava il giro delle 4.45 di misurazione della temperatura: Massimo e Francesco Fortunato, che erano compagni di camera, pur di non alzarsi dormivano con la porta aperta". La chiacchierata si chiude con una domanda dell'allenatore che resta senza risposta: "Massimo, cosa c'è di più grande di un oro olimpico?".
"La mattina della gara ero tranquillo. Ho parlato con Antonella Palmisano, che è una leader vera, e al telefono con Ivano Brugnetti. Patrizio mi ha fatto un paio di raccomandazioni e poi mi ha chiesto: oggi fammi piangere. Ho promesso che l'avrei fatto, e a quel punto non dovevamo dirci altro. Io ci credevo, ci credevo più di tutti. Potrà sembrare presuntuoso, ma sono andato in Giappone per vincere, non per una medaglia. Della gara ho ricordi intensi ma fuori fuoco, ero immerso in un flusso agonistico che non lasciava spazio a dubbi o ragionamenti. Una cosa ricordo con precisione: al 17° chilometro i giapponesi mi hanno superato con un'accelerazione brusca, viaggiavano a 3'40" al chilometro. Potevano spezzarmi e invece ho pensato: ma dove andate? Il più forte qui sono io. Dopo poco li ho ripresi, affiancati e guardati negli occhi".
29 anni, barese cresciuto a Palo del Colle, Stano si gode ora la famiglia e la fama dopo la sua impresa in terra nipponica: "Sfilare sul tappeto rosso della Mostra del Cinema di Venezia, sentire da vicino il rombo dei motori della Formula 1 sono emozioni diverse da quelle che mi dà l'atletica. La notorietà mi diverte, anche se da marciatore ho imparato tenere i piedi per terra, in tutti i sensi. Non c'è sospensione". Durante la puntata l'azzurro riascolta le dichiarazioni – rabbiose, lucide - dopo i Mondiali di Doha del 2019, parole che suonano come un presagio. "Ero furioso, quel 14° posto non mi apparteneva ma desso dico che è stato fondamentale. In Qatar ho capito che dovevo lavorare sulla tecnica. Prima, a La Coruna, con il record italiano di 1h17:45 avevo capito il mio valore agonistico. Da allora il lavoro mentale, che faccio da solo, senza un mental coach, è stato incessante".
"Era il 2016 e lui era infortunato. A convincermi fu l'altro mio atleta Marco De Luca, una delle anime trainanti del nostro team". Ora 'Patrick' fa parte di un club estremante esclusivo, quello degli allenatori capaci di vincere, con i propri atleti, due medaglie d'oro olimpiche. "Le imprese di Massimo e Antonella Palmisano resteranno nella storia, ma fra qualche settimana si ricomincia, sapendo che sulla prossima linea di partenza si riparte da zero. Nulla è scontato. A Sapporo i pronostici davano un podio interamente giapponese, noi non eravamo favoriti. Ogni volta che mi passava davanti faceva una smorfia, ma poi accelerava".
E ancora: "Il raduno in Giappone del 2019 è stato determinante: abbiamo simulato ogni dettaglio, misurato i parametri corporei, fatto una moltitudine di test, capito dettagli fondamentali sull'adattamento al caldo e all'umido. A me spettava il giro delle 4.45 di misurazione della temperatura: Massimo e Francesco Fortunato, che erano compagni di camera, pur di non alzarsi dormivano con la porta aperta". La chiacchierata si chiude con una domanda dell'allenatore che resta senza risposta: "Massimo, cosa c'è di più grande di un oro olimpico?".