Viva la storia di Molfetta!
Molfetta e quella "fake news" sull'ospedaletto dei Crociati
Approfondimento su uno dei luoghi simbolo della città
lunedì 28 settembre 2020
10.45
La definizione "Fake News" viene dall'inglese e significa notizia falsa, fasulla. Le notizie false e inventate sono sempre esistite, talvolta si tratta di vere e proprie burle, in altri casi invece sono minuziosamente studiate a tavolino. Una delle più note e delle più clamorose, fu ad esempio quella relativa alla cosiddetta "Donazione di Costantino", il falso medievale più riuscito nella storia.
Non ci si stupirà se anche Molfetta ha tutt'ora una sua secolare fake news. Questa storia è parecchio antica, ha inizio infatti agli albori di quello che convenzionalmente viene chiamato "basso medioevo". La Puglia in quel periodo era terra di transito, poiché costantemente percorsa dai pellegrini che si recavano a San Michele del Gargano, a San Nicola di Bari, e si imbarcavano per Gerusalemme.
I pellegrini si prefiggevano mete sacre come santuari e tombe di santi particolarmente venerati. Si crearono quindi dei circuiti di pellegrinaggio, uno maggiore diretto verso Roma, Compostela, Canterbury e Gerusalemme, ed uno minore, che toccava i santuari dei santi taumaturghi più famosi e le grandi cattedrali dedicate alla Madonna.
Ospizi ed ospedali, che sorgevano lungo le grandi vie di pellegrinaggio, erano istituzioni dedicate prevalentemente ai poveri. I pellegrini nobili e benestanti alloggiavano in case private appartenenti ad amici del loro stesso ceto e lignaggio o si facevano costruire un ricovero a proprie spese. La maggior parte degli ospizi era invece posta sotto al protezione della Madonna.
Molfetta, piccola e ridente cittadina costiera, situata in posizione strategica con a nord la grotta dell'Arcangelo e a sud la Basilica di San Nicola, non fu esente dai continui flussi dei pellegrini e si adoperò per la loro accoglienza. Esisteva infatti, nei pressi dell'antico porto di cala San Giacomo, un complesso costituito dai due ospedaletti dei Crociati, in cui si dava loro rifugio e ospitalità. Il pellegrinaggio portava inevitabilmente disagi, difficoltà, penitenze, astinenze, digiuni; alcuni dei pellegrini morivano e venivano qui seppelliti e venerati come martiri, perché morivano in nome della fede. E proprio questo luogo, caro così tanto ai molfettesi, venne in seguito denominato "Santuario della Madonna dei Martiri".
Non esiste una leggenda di fondazione sul santuario, tuttavia le fonti storiche di qualche secolo fa, fanno risalire la messa in opera di due ospizi per i crociati (dei quali ne è rimasto solo uno) e una cappella verso la fine dell'anno mille a Ruggero il Guiscardo, a cui solo in seguito sarebbe stata aggiunta la chiesa.
Nella pergamena di fondazione della chiesa, avvenuta a marzo del 1162 si parla di una chiesa dedicata alla Vergine e ai Santi Martiri, da costruire su un terreno di proprietà vescovile "foras in loco Carnare, ubi corpora peregrinorum martirum Christi requiescunt" ovvero, "fuori [della città] del sito della Carnaria dove riposano i copri dei pellegrini martiri di Cristo". Come giustamente evidenzia il prof. Marco Ignazio de Santis nei suoi "Nuovi Studi sulla Madonna dei Martiri e sulla fiera di Molfetta", il toponimo Carnare è locativo di Carnara, riduzione di carnaria, plurale neutro di carnarium, un termine usato dall'VIII secolo per designare la sepoltura comune. Nel testo infatti si fa menzione di pellegrini morti e non di crociati, per i quali avremmo trovato l'espressione milites cruce signati, crucesignati, milites Christi. Per la costruzione della nuova chiesa non si era fatto altro, come era di consuetudine, che scegliere l'ossario dove si trovavano anche i resti di alcuni pellegrini deceduti durante il viaggio di andata o ritorno dei luoghi santi. Nella pergamena non si fa assolutamente menzione ai crociati. Se proprio vogliamo trovare un complesso con siffatte caratteristiche a Molfetta, lo avremmo potuto riscontrare nel distrutto ospizio di S. Primo presso il casale omonimo, dove operarono gli Ospedaletti Gerosolimitani.
E ancora, nell'Itinerarium di Anselmo di Sorno scritto nel 1400 si legge: "La Chiesa della Madonna dei Martiri si trova ad un miglio da Molfetta. È posta sulla riva del mare ed è di discreta grandezza e frequentata. Vi sono sepolti i corpi di molti martiri: perciò è chiamata Madonna dei Martiri. Sta isolata sul lido con alcune case che appartengono alla chiesa stessa: vi abitano preti che officiano la chiesa e vi ospitano i pellegrini in caso di necessità…". Come si nota, anche qui manca qualsiasi riferimento a qualche ordine militare del passato. Per gli intellettuali del '400 e del '500 l'ospedale di Santa Maria dei Martiri era vescovile, testimoniato dalla presenza di numerosi stemmi papali presenti sul posto. Si sapeva che le strutture ricettive, affidate ai preti di servizio alla chiesa, erano per i pellegrini, i forestieri, i devoti, e nessuno aveva mai dubitato della sua destinazione d'uso.
Ma allora, chi ha diffuso l'errata notizia (oggi diremmo appunto fake news) che l'ospedaletto fosse "dei crociati"? Per scoprirlo dobbiamo fare cronologicamente un balzo in avanti, e arrivare al diciassettesimo secolo. Nel 1600 infatti, l'allora vescovo di Molfetta Giovanni Antonio Bovio, e il patrizio Giuseppe de Luca, esaminarono la pergamena di fondazione di S. Maria dei Martiri e la interpretarono in malo modo. Si convinsero che l'ospedaletto adibito al ricovero dei pellegrini fosse in realtà destinato ai crociati in partenza per la Terra Santa. Il de Luca quindi pubblicò le sue evidentemente errate deduzioni in un libro intitolato "La Breve Historia dell'origine, fondazione, e miracoli della devota Chiesa de S. Maria de' Marteri". La clamorosa svista non subì però una damnatio memoriae, tutt'altro: i più importanti storici locali del tempo, non si preoccuparono di verificare l'esatta veridicità della notizia, ma si limitarono a riportarla così come era giunta loro. E così la leggenda arrivò indenne fino ai nostri giorni, diventando una consolidata realtà della storia molfettese. Ancora oggi infatti il bellissimo e affascinante xenodochio è denominato ospedaletto dei Crociati, e la via che conduce ad esso si chiama, senza alcuna sorpresa in merito, "Viale dei Crociati".
Fonte bibliografica:
Marco Ignazio de Santis, Nuovi studi su Santa Maria dei Martiri e sulla fiera di Molfetta" in Quaderni del centro studi molfettese vol. 6.
Non ci si stupirà se anche Molfetta ha tutt'ora una sua secolare fake news. Questa storia è parecchio antica, ha inizio infatti agli albori di quello che convenzionalmente viene chiamato "basso medioevo". La Puglia in quel periodo era terra di transito, poiché costantemente percorsa dai pellegrini che si recavano a San Michele del Gargano, a San Nicola di Bari, e si imbarcavano per Gerusalemme.
I pellegrini si prefiggevano mete sacre come santuari e tombe di santi particolarmente venerati. Si crearono quindi dei circuiti di pellegrinaggio, uno maggiore diretto verso Roma, Compostela, Canterbury e Gerusalemme, ed uno minore, che toccava i santuari dei santi taumaturghi più famosi e le grandi cattedrali dedicate alla Madonna.
Ospizi ed ospedali, che sorgevano lungo le grandi vie di pellegrinaggio, erano istituzioni dedicate prevalentemente ai poveri. I pellegrini nobili e benestanti alloggiavano in case private appartenenti ad amici del loro stesso ceto e lignaggio o si facevano costruire un ricovero a proprie spese. La maggior parte degli ospizi era invece posta sotto al protezione della Madonna.
Molfetta, piccola e ridente cittadina costiera, situata in posizione strategica con a nord la grotta dell'Arcangelo e a sud la Basilica di San Nicola, non fu esente dai continui flussi dei pellegrini e si adoperò per la loro accoglienza. Esisteva infatti, nei pressi dell'antico porto di cala San Giacomo, un complesso costituito dai due ospedaletti dei Crociati, in cui si dava loro rifugio e ospitalità. Il pellegrinaggio portava inevitabilmente disagi, difficoltà, penitenze, astinenze, digiuni; alcuni dei pellegrini morivano e venivano qui seppelliti e venerati come martiri, perché morivano in nome della fede. E proprio questo luogo, caro così tanto ai molfettesi, venne in seguito denominato "Santuario della Madonna dei Martiri".
Non esiste una leggenda di fondazione sul santuario, tuttavia le fonti storiche di qualche secolo fa, fanno risalire la messa in opera di due ospizi per i crociati (dei quali ne è rimasto solo uno) e una cappella verso la fine dell'anno mille a Ruggero il Guiscardo, a cui solo in seguito sarebbe stata aggiunta la chiesa.
Nella pergamena di fondazione della chiesa, avvenuta a marzo del 1162 si parla di una chiesa dedicata alla Vergine e ai Santi Martiri, da costruire su un terreno di proprietà vescovile "foras in loco Carnare, ubi corpora peregrinorum martirum Christi requiescunt" ovvero, "fuori [della città] del sito della Carnaria dove riposano i copri dei pellegrini martiri di Cristo". Come giustamente evidenzia il prof. Marco Ignazio de Santis nei suoi "Nuovi Studi sulla Madonna dei Martiri e sulla fiera di Molfetta", il toponimo Carnare è locativo di Carnara, riduzione di carnaria, plurale neutro di carnarium, un termine usato dall'VIII secolo per designare la sepoltura comune. Nel testo infatti si fa menzione di pellegrini morti e non di crociati, per i quali avremmo trovato l'espressione milites cruce signati, crucesignati, milites Christi. Per la costruzione della nuova chiesa non si era fatto altro, come era di consuetudine, che scegliere l'ossario dove si trovavano anche i resti di alcuni pellegrini deceduti durante il viaggio di andata o ritorno dei luoghi santi. Nella pergamena non si fa assolutamente menzione ai crociati. Se proprio vogliamo trovare un complesso con siffatte caratteristiche a Molfetta, lo avremmo potuto riscontrare nel distrutto ospizio di S. Primo presso il casale omonimo, dove operarono gli Ospedaletti Gerosolimitani.
E ancora, nell'Itinerarium di Anselmo di Sorno scritto nel 1400 si legge: "La Chiesa della Madonna dei Martiri si trova ad un miglio da Molfetta. È posta sulla riva del mare ed è di discreta grandezza e frequentata. Vi sono sepolti i corpi di molti martiri: perciò è chiamata Madonna dei Martiri. Sta isolata sul lido con alcune case che appartengono alla chiesa stessa: vi abitano preti che officiano la chiesa e vi ospitano i pellegrini in caso di necessità…". Come si nota, anche qui manca qualsiasi riferimento a qualche ordine militare del passato. Per gli intellettuali del '400 e del '500 l'ospedale di Santa Maria dei Martiri era vescovile, testimoniato dalla presenza di numerosi stemmi papali presenti sul posto. Si sapeva che le strutture ricettive, affidate ai preti di servizio alla chiesa, erano per i pellegrini, i forestieri, i devoti, e nessuno aveva mai dubitato della sua destinazione d'uso.
Ma allora, chi ha diffuso l'errata notizia (oggi diremmo appunto fake news) che l'ospedaletto fosse "dei crociati"? Per scoprirlo dobbiamo fare cronologicamente un balzo in avanti, e arrivare al diciassettesimo secolo. Nel 1600 infatti, l'allora vescovo di Molfetta Giovanni Antonio Bovio, e il patrizio Giuseppe de Luca, esaminarono la pergamena di fondazione di S. Maria dei Martiri e la interpretarono in malo modo. Si convinsero che l'ospedaletto adibito al ricovero dei pellegrini fosse in realtà destinato ai crociati in partenza per la Terra Santa. Il de Luca quindi pubblicò le sue evidentemente errate deduzioni in un libro intitolato "La Breve Historia dell'origine, fondazione, e miracoli della devota Chiesa de S. Maria de' Marteri". La clamorosa svista non subì però una damnatio memoriae, tutt'altro: i più importanti storici locali del tempo, non si preoccuparono di verificare l'esatta veridicità della notizia, ma si limitarono a riportarla così come era giunta loro. E così la leggenda arrivò indenne fino ai nostri giorni, diventando una consolidata realtà della storia molfettese. Ancora oggi infatti il bellissimo e affascinante xenodochio è denominato ospedaletto dei Crociati, e la via che conduce ad esso si chiama, senza alcuna sorpresa in merito, "Viale dei Crociati".
Fonte bibliografica:
Marco Ignazio de Santis, Nuovi studi su Santa Maria dei Martiri e sulla fiera di Molfetta" in Quaderni del centro studi molfettese vol. 6.