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Le "streghe" a Molfetta: la storia di Rosa di Pantaleo

Il cadavere della donna fu ritrovato il 27 aprile del 1676

La storia di oggi racconterà di un processo per stregoneria che si svolse a Molfetta nella metà del XVII secolo. Narreremo delle vicenda di una donna, Rosa di Pantaleo, accusata ingiustamente di praticare la magia nera e per questo condannata.

Prima di parlare di questa triste storia, è necessario però fare una piccola quanto doverosa puntualizzazione storica.
È infatti erronea la credenza per cui la persecuzione delle streghe ebbe il suo apice in epoca medievale.
L'idea che la caccia alle streghe appartenesse al Medioevo ha iniziato a diffondersi attraverso gli scrittori romantici dell'Ottocento come Jacob Grimm e Jules Michelet.
Nel Medioevo ci furono effettivamente condanne di streghe, ma si trattò sostanzialmente di casi isolati. I tribunali ecclesiastici insieme a quelli secolari, erano invece impegnati a perseguire le eresie come quella dei catari o dei valdesi. Gli episodi ripetuti e ravvicinati di caccia alle streghe cominciarono solo nella seconda metà del Quattrocento, quando il Medioevo stava terminando, e proseguirono fino alla fine del Settecento.

Il 5 Dicembre 1484. Papa Innocenzo VIII, al secolo Giovanni Battista Cybo e già vescovo di Molfetta, emanò la bolla pontificia "Summis desiderantes affectibus"contro l'attività di stregoneria in Germania che portò all'Inquisizione specie nella regione della Valle del Reno, nominando inquisitori i frati dominicani Heinrich Institor Kramer e Jacob Sprenger.

Le vicende che seguirono, costituirono un eloquente segno di quanto zelo venne da essi profuso nell'espletamento dell'incarico ricevuto dal papa. I principi enunciati dalla bolla papale, vennero inseriti nel "Malleus Maleficarum" scritto dai due inquisitori sopracitati, che divenne il più autorevole manuale ad uso degli inquisitori nei procedimenti contro le streghe. "Haeresis est maxima opera maleficarum non credere", recitava, ossia "La massima delle eresie è quella di non credere nella stregoneria".

Ne riportiamo un brevissimo ma significativo stralcio: "La donna è un animale imperfetto, che inganna per natura";"incline a vacillare in materia di fede religiosa", "istintivamente bugiarda", "bella a guardarsi, contaminante a toccarsi e mortale a possedersi"; è biasimevole in tutto, perché "ogni stregoneria deriva dal desiderio carnale, che nella femmina è insaziabile".

In Italia si ricorse frequentemente, a partire dalla seconda metà del Cinquecento, al "De catholicis institutionibus liber"di Diego de Simancas (1569, II ed.), un manuale di demonologia e procedura inquisitoriale meno rigoroso del "Malleus Malefìcarum", e alla fine del secolo i giudici di fede ebbero a disposizione anche un documento "moderato" quale fu la "Instructio pro formandis processibus in causis strigum et maleficorum", una direttiva per le cause di stregoneria che la Congregazione del Sant'Uffizio diffuse anche in forma stampata dal 1657.

E proprio nella seconda metà del Seicento, una donna molfettese, Rosa di Pantaleo, fu accusata di essere una strega.
Molfetta ai tempi era una città povera, superstiziosa, e la vicenda di Rosa è parte integrante di questo mondo.

Rosa rimane vedova intorno al 1640 e per guadagnarsi da vivere fa la prostituta. Si risposa, e dal suo secondo matrimonio nascono tre figli; le cose sembrano finalmente andare per il meglio, ma ad un certo punto anche il secondo marito muore. Oltre a dover fronteggiare una situazione familiare difficile, la donna accusa spesso malesseri fisici, ragion per cui Rosa ricorre con frequenza, per alleviare ai suoi mali, alla pratica del "piombo fuso", una magia bianca tollerata dalla chiesa (nel recinto della stregoneria rientrava infatti anche la medicina popolare, che mescolava scienza empirica e magia).

Iniziano però a giungere le prime accuse contro Rosa da parte del vicinato per motivi futili, ma, nonostante la diffida del Vescovo, Rosa, se pure con titubanza, si presta a curare una vicina di casa. La pratica non ottiene risultati sperati, e le dichiarazioni accusatorie della vicina, insieme a quelle dei suoi parenti acquisiti che mal la sopportano, portano gli inquisitori ad intentare un processo contro di lei nel 1671.

La donna allora confessa di fare uso di magia bianca a fin di bene, come guarire dai malanni, facilitare i matrimoni o riportare la pace nelle famiglie.

Poi nel 1672, sotto tortura Rosa inizia a confessare cose che non ha fatto: di aver rinnegato il battesimo, Cristo e la Madonna, di trasformarsi in gatto, di aver praticato infanticidio e di essersi unta con il sangue del bambino nella notte del Sabba, di aver venduto l'anima al diavolo.

Dopo quattro anni, a Rosa viene dato un avvocato d'ufficio, che crede alla sua innocenza, ma non riesce a salvarla dalla inevitabile condanna. La sentenza viene emessa il 22 Dicembre 1675, e la donna viene condannata all'ergastolo.
Viene detenuta nel carcere dell'Episcopio da dove tenta più volte la fuga. Il mare lo riesce a vedere bene dalla finestra della sua prigione, perché l'acqua un tempo arrivava fin sotto l'antico Episcopio.
Da qui si getta Rosa per provare la sua prima fuga.
La recuperano i pescatori e la riconsegnano agli inquisitori.
Tenta di nuovo di scappare, e prova a calarsi all'interno del Duomo stesso in cui c'era una finestrella che si affacciava nella chiesa, oggi murata.
Realizza una corda con le lenzuola della sua cella, ma le lenzuola sono già di per sé logore e consumate, per cui la corda si rompe e Rosa cade rovinosamente a terra. La mattina dopo il sagrestano la ritrova all'interno del Duomo, con il braccio rotto e dolorante per le lesioni riportate. Viene subito soccorsa e portata di nuovo nella sua cella.

Gli inquisitori ed il Vescovo la pregano di abiurare, senza successo. Dopo poco tempo trascorso in agonia, il 27 aprile del 1676 Rosa viene trovata morta nella sua cella.

Strega, Rosa non lo era, ma confessò di esserlo in uno dei processi d'Europa, consumatosi a Molfetta tra il 1671 e il 1675 a un passo dal razionalismo, dietro l'angolo dei Lumi. Strega che, dopo la condanna alla prigione perpetua, prese il coraggio della disperazione e mai abiurò, pur di non darla vinta ai suoi persecutori. Se per loro era strega, non l'avrebbe più rinnegato e per questo dopo la sua morte, fu sepolta in terra sconsacrata.


Fonti:

Andrea Del Col, "L'Inquisizione in Italia" .
Angelo Ficco "Trasgressione e criminalità in Terra di Bari:Molfetta e Terlizzi tra Sei e Settecento".
Brian P. Levack, "La caccia alle streghe in Europa".
Keith Thomas, "Problemi sociali, conflitti individuali e stregoneria".
"Tra mare e magie" di Antonella Gaeta, in "La Repubblica" (11-05-2017).
"Donne, tradizioni e antichi saperi, alla Consulta femminile di Molfetta il ruolo della donna nel passato"di Marianna Palma in "Quindici" (21-03-2016).
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