Viva la storia di Molfetta!
Molfetta e le sue lame: la storia della Prima Cala
I racconti su uno dei luoghi più noti della città
mercoledì 11 luglio 2018
Cosa è una lama?
In Puglia si definiscono lame i solchi erosivi poco profondi, tipici del paesaggio pugliese, opera di copiose acque piovane che in forma torrentizia scorrevano in superficie da tempi assai remoti. In certo senso sono conseguenze indirette di fenomeni carsici. Lì dove, infatti, l'acqua delle rare ma torrenziali piogge, non scompariva nel sottosuolo attraverso le fessure calcaree, scorreva lungo le pieghe tra le colline murgiane arrivando, in alcuni casi, fino al mare.
Un tempo erano gli unici terreni utilizzati dagli agricoltori, anche perché, il passaggio dell'acqua li rendeva fertili e coltivabili solo dopo la spietratura (la rimozione delle pietre affioranti con le quali sono stati realizzati tutti i manufatti a secco presenti sul territorio). Per tali ragioni, e per la presenza di acqua, sin dal neolitico le lame sono state sede di insediamenti umani.
Fatta questa piccola e doverosa premessa, ora andremo a descrivere la lama della Prima Cala di Molfetta, che è la più lunga e la più variegata di quelle che attraversano il nostro agro rurale.
La nostra lama ha origine dalle Murge bitontine e poi attraversa il territorio di Terlizzi.
In contrada Villafranca, a quota 145-140 m circa, vi si forma un vasto bacino di raccolta che si può individuare tra la masseria Villafranca e quella dell'Alfiere. Qui il fondo valle è attraversato dal viottolo per la masseria Villafranca; la sede stradale è sostenuta da un massiccio muro di contenimento.
A poca distanza da questo muro, al centro della lama vi è un inghiottitoio naturale a forma di imbuto, largo 3 m con varie diramazioni.
Sempre in territorio di Terlizzi, la lama sprofonda per circa 10 metri con un'ampiezza di circa 160-210 m, con versanti terrazzati tutti coltivati.
Questo tratto di lama, nel secolo XVI, veniva chiamato con il toponimo di Lama Puttana e fundo delle Viscelgie (Le Visceglie è una varietà di quercia molto radicata nel nostro agro, presente anche in contrada Navarrino. Nell'area a sud di Torre dell'Alfiere, erano segnalate fino al 1742 le ultime tracce di un residuo bosco di querce che era di proprietà del Convento di San Domenico).
Quando la lama si immette nel territorio molfettese conserva ancora la denominazione di Lama Puttana e qui il suo corso si fa più ampio e meno ripido.
La strada vicinale Cimaldo, interseca la lama a quota 120 m, ed in contrada Cimaldo il corso della lama si restringe e sprofonda nuovamente in corrispondenza della linea d'aria tra torre Sgamirra e torre di don Marcello.
Da qui la lama viene indicata con il toponimo di Lama Cupa. A ponente della torre detta di don Marcello, il suolo sprofonda dando origine ad una lama di modeste dimensioni; l'entica vicinale detta Torre di don Marcello. Che corre a mezza costa, segue l'andamento tortuoso di questa lama che va ad unirsi con quella di Lama Cupa. L'entica predetta termina nel fondo valle di Lama Cupa, che qui diviene molto ripida. Il percorso poi si sposta leggermente a sinistra quasi a lambire la strada rurale di Lama Cupa. Nei pressi di Piscina Lama Cupa, la lama riceve il corso di un'altra breve lama discendente dalla contrada piscina Coletta, poi la lama torna ad allargarsi in contrada Santa Lucia ed interseca l'autostrada A14.
Qui prende il nome di Lama Martina, raggiungendo poi 50 m nell'attraversare la strada rurale denominata Lama Martina. Subito dopo, la lama incomincia a restringersi e sprofonda sempre più rapidamente, scendendo a quota 30 m in contrada Le Pentime , dove assume un aspetto murgiano che conserva fino alla foce. Questo tratto, situato dietro l'Ospedale Civile, veniva denominato anche Fondo delle Pentime o Lama Capitanea.
Il corso della lama, dalla sua origine ha un andamento parallelo alla strada rurale Mino, spostando il suo asse sempre più in direzione nord-ovest. A quota 28 m, svolta ad est e attraversa la strada per Bitonto sotto il ponte detto del Fondo di Schifazappa, dal nome di un certo Berardino Schifazappa che abitava a Molfetta nel 1471. Dopo circa 200 metri svolta a nord e poi di nuovo ad est raggiungendo il ponte della strada rurale Samarelli-Piscina Ser Nicola, dove viene indicata come Lama S. Angelo e anticamente veniva detta Lama San Giovanni. La via Giuseppe Ungaretti sbarra il corso naturale della lama, e dal ponte il percorso diventa sempre più profondo. La lama costeggia la linea ferroviaria Bari-Foggia, sprofondando a quota 16 m. Questo tratto, nel 1600 veniva indicato col toponimo di Lama Pericoli. Il Capitolo di Molfetta dal 1679, era proprietario di un fondo a "Lama Pericoli seu Lama di Leo Romanesco alle Sammarelle", che è stato individuato nella cartografia catastale oggi in uso, e nel medesimo Foglio catastale, si è localizzato il fondo della Cappellanea del S. Crocifisso dei Gesuiti. In questo fondo alle spalle della lama, vi è una grotta segnalata sia dall'Apprezzo del 1751, sia da un atto di locazione del 1755. Era infatti ricorrente nella toponomastica rurale, l'indicazione in loco la grotta del Crocifisso seu le Samarelle, o le varianti toponimiche Lama S.mo Crocifisso oppure Lama Crocifisso seu Lama Pericoli.
Tornando invece alla nostro percorso, poco prima del ponte ferroviario, da destra, la lama riceve il corso di un'altra lama che raccoglie le acque piovane che scendono dalle contrade Venere e Carrare.
Questo tratto di lama nel 1769 veniva detto Lama Scuorzo dalla natura rocciosa del terreno. Il tratto di lama, attraversato dal ponte in muratura della ferrovia, veniva denominato Lama di Malatesta o lama Tavò. Dopo aver attraversato la ferrovia con un percorso ad S, si incrocia con il ponte della strada rurale Venere-Piscina d'Amato. Qui la lama prende il nome di Fondo di don Carluccio e Lama Pastore. Il fondo della lama a questo punto si fa sempre più ampio e raggiunge il ponte sul quale passa la S.S. n.16 in direzione Giovinazzo. La lama prende il nome di Lama Vizzoga, dal cognome di un antico casato molfettese, Vizzoga de Bove. Siamo giunti infine alla Prima Cala, dove la lama ha la sua foce naturale. In un periodo compreso tra il XVI e il XIX secolo, essa era denominata Cala di Cesia, Calusia e Calcesia.
Avendo come punto di riferimento la Prima Cala, i fondi verso Molfetta ricadevano nell'ambito della contrada denominata La Spina; quelli verso Giovinazzo, sotto la denominazione l'Isola.
L'insenatura della Prima Cala era molto più piccola come ampiezza, e fu ampliata nella metà del 1800 per ricavare dei grossi macigni utilizzati per la costruzione del porto. In una relazione del 1892, sullo stato della costa molfettese si fa cenno ad una grotta situata nel lato di levante della cala, testimoniata dalla presenza di un'antica cartolina risalente agli inizi del 1900 che fu ritrovata da Corrado Pappagallo nel corso delle sue ricerche sulle lame molfettesi, e che mostrava una veduta parziale dell'interno della grotta che aveva due aperture, attraverso le quali si scorgeva un tratto di spiaggia.
La fase iniziale della mutazione del paesaggio rurale ebbe inizio nel 1792, con la costruzione della strada regia Napoli-Lecce, poi nella seconda metà del 1800 alcuni pionieri fautori dell'industrializzazione a Molfetta, fecero sorgere, su entrambi i lati della lama, alcuni stabilimenti industriali, come Fontana-Minutillo, Boccardi-Carabellese, Balacco-Spagnoletti, etc.
Numerose fonti storiche raccontano inoltre dei danni causati dalle piogge torrenziali nelle lame.
Ad esempio, nell'ottobre del 1755 un'abbondante pioggia provocò crolli di pareti nelle contrade di Lama Capitanea e Lama Pericoli. Tra le contabilità del Capitolo Cattedrale sono stati rinvenuti numerosi mandati di pagamento relativi al rifacimento di pareti di fondi rustici, situati in contrada di Lama Capitanea, Samarelli e Lama Pericoli, crollati al seguito delle "mene". Anche nel secondo decennio del XIX secolo, per le abbondanti piogge, si verificarono spesso delle alluvioni con scorrimento delle "mene". Verso la fine dello stesso secolo, alcuni contadini affermarono che la maggior altezza dell'acqua torrenziale a memoria d'uomo era stata di 3,5 m. Di particolare violenza fu la mena che corse il 23 agosto del 1914 e che provocò il crollo del ponte stradale sulla strada rurale Samarelli-Piscina Ser Nicola.
Ci sono state altre piogge torrenziali che hanno provocato ingenti danni anche durante il 1900, uno dei più gravi nel 1997 che provocò a monte del ponte della strada rurale Samarelli, un serio pericolo per le case costruite sul ciglio della lama.
Fonte: "La lama della Prima Cala nel paesaggio rurale di Molfetta" di Corrado Pappagallo in "Studi Molfettesi" vol. 5.
In Puglia si definiscono lame i solchi erosivi poco profondi, tipici del paesaggio pugliese, opera di copiose acque piovane che in forma torrentizia scorrevano in superficie da tempi assai remoti. In certo senso sono conseguenze indirette di fenomeni carsici. Lì dove, infatti, l'acqua delle rare ma torrenziali piogge, non scompariva nel sottosuolo attraverso le fessure calcaree, scorreva lungo le pieghe tra le colline murgiane arrivando, in alcuni casi, fino al mare.
Un tempo erano gli unici terreni utilizzati dagli agricoltori, anche perché, il passaggio dell'acqua li rendeva fertili e coltivabili solo dopo la spietratura (la rimozione delle pietre affioranti con le quali sono stati realizzati tutti i manufatti a secco presenti sul territorio). Per tali ragioni, e per la presenza di acqua, sin dal neolitico le lame sono state sede di insediamenti umani.
Fatta questa piccola e doverosa premessa, ora andremo a descrivere la lama della Prima Cala di Molfetta, che è la più lunga e la più variegata di quelle che attraversano il nostro agro rurale.
La nostra lama ha origine dalle Murge bitontine e poi attraversa il territorio di Terlizzi.
In contrada Villafranca, a quota 145-140 m circa, vi si forma un vasto bacino di raccolta che si può individuare tra la masseria Villafranca e quella dell'Alfiere. Qui il fondo valle è attraversato dal viottolo per la masseria Villafranca; la sede stradale è sostenuta da un massiccio muro di contenimento.
A poca distanza da questo muro, al centro della lama vi è un inghiottitoio naturale a forma di imbuto, largo 3 m con varie diramazioni.
Sempre in territorio di Terlizzi, la lama sprofonda per circa 10 metri con un'ampiezza di circa 160-210 m, con versanti terrazzati tutti coltivati.
Questo tratto di lama, nel secolo XVI, veniva chiamato con il toponimo di Lama Puttana e fundo delle Viscelgie (Le Visceglie è una varietà di quercia molto radicata nel nostro agro, presente anche in contrada Navarrino. Nell'area a sud di Torre dell'Alfiere, erano segnalate fino al 1742 le ultime tracce di un residuo bosco di querce che era di proprietà del Convento di San Domenico).
Quando la lama si immette nel territorio molfettese conserva ancora la denominazione di Lama Puttana e qui il suo corso si fa più ampio e meno ripido.
La strada vicinale Cimaldo, interseca la lama a quota 120 m, ed in contrada Cimaldo il corso della lama si restringe e sprofonda nuovamente in corrispondenza della linea d'aria tra torre Sgamirra e torre di don Marcello.
Da qui la lama viene indicata con il toponimo di Lama Cupa. A ponente della torre detta di don Marcello, il suolo sprofonda dando origine ad una lama di modeste dimensioni; l'entica vicinale detta Torre di don Marcello. Che corre a mezza costa, segue l'andamento tortuoso di questa lama che va ad unirsi con quella di Lama Cupa. L'entica predetta termina nel fondo valle di Lama Cupa, che qui diviene molto ripida. Il percorso poi si sposta leggermente a sinistra quasi a lambire la strada rurale di Lama Cupa. Nei pressi di Piscina Lama Cupa, la lama riceve il corso di un'altra breve lama discendente dalla contrada piscina Coletta, poi la lama torna ad allargarsi in contrada Santa Lucia ed interseca l'autostrada A14.
Qui prende il nome di Lama Martina, raggiungendo poi 50 m nell'attraversare la strada rurale denominata Lama Martina. Subito dopo, la lama incomincia a restringersi e sprofonda sempre più rapidamente, scendendo a quota 30 m in contrada Le Pentime , dove assume un aspetto murgiano che conserva fino alla foce. Questo tratto, situato dietro l'Ospedale Civile, veniva denominato anche Fondo delle Pentime o Lama Capitanea.
Il corso della lama, dalla sua origine ha un andamento parallelo alla strada rurale Mino, spostando il suo asse sempre più in direzione nord-ovest. A quota 28 m, svolta ad est e attraversa la strada per Bitonto sotto il ponte detto del Fondo di Schifazappa, dal nome di un certo Berardino Schifazappa che abitava a Molfetta nel 1471. Dopo circa 200 metri svolta a nord e poi di nuovo ad est raggiungendo il ponte della strada rurale Samarelli-Piscina Ser Nicola, dove viene indicata come Lama S. Angelo e anticamente veniva detta Lama San Giovanni. La via Giuseppe Ungaretti sbarra il corso naturale della lama, e dal ponte il percorso diventa sempre più profondo. La lama costeggia la linea ferroviaria Bari-Foggia, sprofondando a quota 16 m. Questo tratto, nel 1600 veniva indicato col toponimo di Lama Pericoli. Il Capitolo di Molfetta dal 1679, era proprietario di un fondo a "Lama Pericoli seu Lama di Leo Romanesco alle Sammarelle", che è stato individuato nella cartografia catastale oggi in uso, e nel medesimo Foglio catastale, si è localizzato il fondo della Cappellanea del S. Crocifisso dei Gesuiti. In questo fondo alle spalle della lama, vi è una grotta segnalata sia dall'Apprezzo del 1751, sia da un atto di locazione del 1755. Era infatti ricorrente nella toponomastica rurale, l'indicazione in loco la grotta del Crocifisso seu le Samarelle, o le varianti toponimiche Lama S.mo Crocifisso oppure Lama Crocifisso seu Lama Pericoli.
Tornando invece alla nostro percorso, poco prima del ponte ferroviario, da destra, la lama riceve il corso di un'altra lama che raccoglie le acque piovane che scendono dalle contrade Venere e Carrare.
Questo tratto di lama nel 1769 veniva detto Lama Scuorzo dalla natura rocciosa del terreno. Il tratto di lama, attraversato dal ponte in muratura della ferrovia, veniva denominato Lama di Malatesta o lama Tavò. Dopo aver attraversato la ferrovia con un percorso ad S, si incrocia con il ponte della strada rurale Venere-Piscina d'Amato. Qui la lama prende il nome di Fondo di don Carluccio e Lama Pastore. Il fondo della lama a questo punto si fa sempre più ampio e raggiunge il ponte sul quale passa la S.S. n.16 in direzione Giovinazzo. La lama prende il nome di Lama Vizzoga, dal cognome di un antico casato molfettese, Vizzoga de Bove. Siamo giunti infine alla Prima Cala, dove la lama ha la sua foce naturale. In un periodo compreso tra il XVI e il XIX secolo, essa era denominata Cala di Cesia, Calusia e Calcesia.
Avendo come punto di riferimento la Prima Cala, i fondi verso Molfetta ricadevano nell'ambito della contrada denominata La Spina; quelli verso Giovinazzo, sotto la denominazione l'Isola.
L'insenatura della Prima Cala era molto più piccola come ampiezza, e fu ampliata nella metà del 1800 per ricavare dei grossi macigni utilizzati per la costruzione del porto. In una relazione del 1892, sullo stato della costa molfettese si fa cenno ad una grotta situata nel lato di levante della cala, testimoniata dalla presenza di un'antica cartolina risalente agli inizi del 1900 che fu ritrovata da Corrado Pappagallo nel corso delle sue ricerche sulle lame molfettesi, e che mostrava una veduta parziale dell'interno della grotta che aveva due aperture, attraverso le quali si scorgeva un tratto di spiaggia.
La fase iniziale della mutazione del paesaggio rurale ebbe inizio nel 1792, con la costruzione della strada regia Napoli-Lecce, poi nella seconda metà del 1800 alcuni pionieri fautori dell'industrializzazione a Molfetta, fecero sorgere, su entrambi i lati della lama, alcuni stabilimenti industriali, come Fontana-Minutillo, Boccardi-Carabellese, Balacco-Spagnoletti, etc.
Numerose fonti storiche raccontano inoltre dei danni causati dalle piogge torrenziali nelle lame.
Ad esempio, nell'ottobre del 1755 un'abbondante pioggia provocò crolli di pareti nelle contrade di Lama Capitanea e Lama Pericoli. Tra le contabilità del Capitolo Cattedrale sono stati rinvenuti numerosi mandati di pagamento relativi al rifacimento di pareti di fondi rustici, situati in contrada di Lama Capitanea, Samarelli e Lama Pericoli, crollati al seguito delle "mene". Anche nel secondo decennio del XIX secolo, per le abbondanti piogge, si verificarono spesso delle alluvioni con scorrimento delle "mene". Verso la fine dello stesso secolo, alcuni contadini affermarono che la maggior altezza dell'acqua torrenziale a memoria d'uomo era stata di 3,5 m. Di particolare violenza fu la mena che corse il 23 agosto del 1914 e che provocò il crollo del ponte stradale sulla strada rurale Samarelli-Piscina Ser Nicola.
Ci sono state altre piogge torrenziali che hanno provocato ingenti danni anche durante il 1900, uno dei più gravi nel 1997 che provocò a monte del ponte della strada rurale Samarelli, un serio pericolo per le case costruite sul ciglio della lama.
Fonte: "La lama della Prima Cala nel paesaggio rurale di Molfetta" di Corrado Pappagallo in "Studi Molfettesi" vol. 5.