Viva la storia di Molfetta!
La storia di San Corrado, Patrono di Molfetta
Dalla storia "ufficiale" ai tanti dibattiti sul suo reale passaggio a Molfetta e in Puglia
venerdì 9 febbraio 2018
Si narra che Corrado il Guelfo nacque tra il 1105 e il 1106 a Ravensburg e fu il terzogenito di Enrico IX detto il Nero e di Wulfilde di Sassonia. Non essendo destinato a ereditare i possedimenti del padre, venne avviato giovinetto alla vita ecclesiastica. Obiettivo della famiglia era probabilmente quello di farlo succedere sulla Cattedra Arcivescovile all'Arcivescovo Federico.
A Colonia il giovane divenne chierico e si preparava ad accedere al sacerdozio ma fu colpito dalla predicazione di Arnoldo, abate del monastero cistercense di Morimond (in Francia). Attratto dallo stile di vita dei monaci, senza il consenso della famiglia, il giovane abbandonò Colonia, le ricchezze e gli agi connessi al proprio rango, e divenne monaco presso Morimond abbracciando il severo stile di vita dei cistercensi. Arnoldo aveva progettato un viaggio in Terra Santa con lo scopo di fondare un nuovo monastero, ma l'iniziativa svanì in breve tempo (1124-1125).
Il gruppo dei monaci seguaci di Arnoldo si dissolse, mentre l'abate si ritirò nelle Fiandre, dove morì di lì a poco.
Corrado, dopo un lungo pellegrinare, lungo tutti i luoghi sacri della cristianità, sentendosi venir meno le forze decise di tornare in patria. Lungo la via del ritorno soggiornò a lungo a Molfetta nell'ospedaletto dei Crociati, dove ebbe modo di ristabilirsi dalla malattia. Successivamente si ritirò presso il Monastero di Santa Maria ad Criptam di Modugno. Qui morì santamente nel 1154, all'età di 50 anni.
Questa è dunque la storia "ufficiale" di Corrado il Guelfo, patrono della città di Molfetta.
Tuttavia nel corso degli anni la sua figura è stata oggetto di dibattito e le notizie storiografiche sulla sua vita a riguardo sono alquanto scarne e comunque modificate nel corso dei secoli.
Fra le fonti attendibili senza dubbio è d'obbligo citare Bernardo di Chiaravalle, il quale nelle sue lettere parla del nobile Corrado, un personaggio minore, menzionato per il suo lignaggio e famoso a Colonia per aver abbandonato tutto e per essersi messo al seguito del monaco Arnoldo. Un comportamento che destò grave scandalo in terra tedesca. Un'altra fonte degna di menzione è "Historia Welforum" (1170 ca.) una storia anonima redatta ad uso e consumo dei famigliari di Corrado, che invece tesse le lodi di questo figlio di Enrico il Nero e di Wulfilde di Sassonia, ammirato dai contemporanei per gli alti ideali coltivati, che lo spinsero a rinunciare ad una brillante carriera ecclesiastica per abbracciare la vocazione monastica a Clairvaux e per il successivo pellegrinaggio e la vita eremitica condotta in Terra Santa alla scuola di un maestro di vita ascetica. Al suo ritorno, racconta la Historia, la morte lo colse in Bari all'eta di venticinque anni, dove fu sepolto con onore da quanti lo conobbero. Le due fonti parrebbero dunque alquanto discordanti tra loro. Inoltre, considerato il breve lasso di tempo intercorso fra le vicende di Arnoldo (1124-1125) e la morte del Santo (1126), è difficile pensare che Corrado sia riuscito a raggiungere la Terra Santa come invece la Historia sostiene. Più realistica sembra essere l'ipotesi che egli sia morto in Puglia, durante il tragitto verso Gerusalemme, senza raggiungere la meta.
La venerazione di Corrado nella città di Molfetta era già attestata dalla prima metà del XIV secolo, e il gesuita Damiani fu il primo che si occupò di studiare la biografia del santo. Antonio Damiani, rettore del collegio della Compagnia di Gesù a Molfetta, recepì nella sua biografia del Santo (1670) la "tradizione che corre in quelle contrade costantissima", secondo cui Corrado, ritornato dalla Terra Santa, morì "in questa grotta posta nel territorio di Modugno della Diocesi di Bari a cui è vicina". La notizia dunque correggeva e specificava l'informazione dell' Historia Welforum, secondo cui Corrado era invece morto a Bari.
Successivamente, l'arciprete Giuseppe Maria Giovene, per primo riconobbe in quel Corrado il giovane nobile di cui aveva parlato San Bernardo, analizzò le fonti e gli studi, amplificò quanto Damiani aveva riferito e creò il racconto agiografico della traslazione a Molfetta del corpo del Santo. Giovene, mise mano alla biografia di Corrado, spiegò il senso della venerazione del santo eremita, affermando che Corrado, giunto dalla Terra Santa, venne dapprima ospitato a Molfetta presso l'ospedaletto dei crociati della Madonna dei Martiri. Rimessosi in salute, il nobile pellegrino tedesco, per restare fedele alla sua condizione di monaco, volle trasferirsi a Modugno, prendendo a sua dimora una grotta posta nell'agro circostante. I Molfettesi – continua Giovene – raggiungevano quotidianamente lo speco modugnese per offrire cibo al venerato anacoreta, finché un giorno si accorsero che il pasto non era stato consumato. Scoprirono, dunque, la morte dell'eremita e per impedire che altri si appropriassero dal suo corpo, lo traslarono in città e lo seppellirono nell'antica cattedrale. Ma dal racconto di Giovene affiorano alcune incongruenze: anzitutto posticipa l'anno della morte al 1154 o 1155, invece del 1126, preferito dal Damiani perché indicato nell' Historia Welforum, per giustificare la presunta età matura di Corrado. Corrado, secondo il Giovene, non sarebbe morto a 25 anni ma a 50. Tuttavia l'indagine medica svolta nel 2007, ha accertato che le reliquie ossee custodite nella cattedrale di Molfetta appartengono ad un soggetto maschile e di età compresa fra i 20-25 anni. Inoltre, il santo pellegrino, reduce dalla Terra Santa, non poté essere ospitato nell'ospedaletto della Madonna dei Martiri, perché esso venne costruito dopo la fondazione del santuario, avvenuta nel 1162, quando il santo era già morto.
Francesco Samarelli ampliò ulteriormente la narrazione della vita e del soggiorno pugliese di Corrado. Questi sarebbe sbarcato sulle coste dell'Adriatico per visitare il santuario garganico di San Michele e avrebbe trovato opitalità presso i benedettini di Monte Sacro. Di qui, invece di tornare a Clairvaux, avrebbe intrapreso il viaggio verso "l'umile Badia dei cistercensi, ubicata nelle vicinanze di Modugno". Avrebbe fatto sosta nel monastero di San Giacomo di Molfetta nonché nell'ospedale della Madonna dei Martiri, e in città avrebbe fondato una chiesa dedicata a Santa Maria, la quale, in memoria del nobile fondatore tedesco, si sarebbe chiamata "Sancta Maria de domino Principe". Corrado, infine, sarebbe giunto nella badia di Modugno e qui sarebbe morto il 17 marzo 1155. Nel 1303, dopo la soppressione della comunità monastica, i Molfettesi avrebbero traslato il corpo del Santo nella cattedrale della loro città. L'infondatezza del racconto di Samarelli venne però posta in evidenza dalla critica di Francesco Pasquale Catacchio; a suo dire non esistono testimonianze del passaggio di Corrado né per Molfetta né per altre contrade della Puglia, e neppure della prolungata permanenza del Santo presso il monastero di Modugno,che, fra l'altro, non fu mai cistercense. Secondo il Catacchio, inoltre, non ci sono prove che avvalorino la traslazione delle reliquie dopo il 1303, un'opinione successivamente condivisa anche dal Greenia, il quale ha ritenuto che il trasferimento a Molfetta dei resti del Santo sia avvenuta "nei primi anni del XIII secolo".Egli, comunque, accettava il dato della tradizione agiografica circa la sepoltura di Corrado nella grotta di Modugno.
Come si è potuto riscontrare, la vita di Corrado il Guelfo, a quasi 900 anni dalla sua morte, suscita ancora numerosi dibattiti. Tuttavia la devozione dei molfettesi verso il loro patrono è rimasta immutabile nel corso dei secoli e si rinnova di anno in anno.
Per ulteriori approfonditamenti consiglio il lavoro di Luigi De Palma "San Corrado il Guelfo. Indagine storico-agiografica".
A Colonia il giovane divenne chierico e si preparava ad accedere al sacerdozio ma fu colpito dalla predicazione di Arnoldo, abate del monastero cistercense di Morimond (in Francia). Attratto dallo stile di vita dei monaci, senza il consenso della famiglia, il giovane abbandonò Colonia, le ricchezze e gli agi connessi al proprio rango, e divenne monaco presso Morimond abbracciando il severo stile di vita dei cistercensi. Arnoldo aveva progettato un viaggio in Terra Santa con lo scopo di fondare un nuovo monastero, ma l'iniziativa svanì in breve tempo (1124-1125).
Il gruppo dei monaci seguaci di Arnoldo si dissolse, mentre l'abate si ritirò nelle Fiandre, dove morì di lì a poco.
Corrado, dopo un lungo pellegrinare, lungo tutti i luoghi sacri della cristianità, sentendosi venir meno le forze decise di tornare in patria. Lungo la via del ritorno soggiornò a lungo a Molfetta nell'ospedaletto dei Crociati, dove ebbe modo di ristabilirsi dalla malattia. Successivamente si ritirò presso il Monastero di Santa Maria ad Criptam di Modugno. Qui morì santamente nel 1154, all'età di 50 anni.
Questa è dunque la storia "ufficiale" di Corrado il Guelfo, patrono della città di Molfetta.
Tuttavia nel corso degli anni la sua figura è stata oggetto di dibattito e le notizie storiografiche sulla sua vita a riguardo sono alquanto scarne e comunque modificate nel corso dei secoli.
Fra le fonti attendibili senza dubbio è d'obbligo citare Bernardo di Chiaravalle, il quale nelle sue lettere parla del nobile Corrado, un personaggio minore, menzionato per il suo lignaggio e famoso a Colonia per aver abbandonato tutto e per essersi messo al seguito del monaco Arnoldo. Un comportamento che destò grave scandalo in terra tedesca. Un'altra fonte degna di menzione è "Historia Welforum" (1170 ca.) una storia anonima redatta ad uso e consumo dei famigliari di Corrado, che invece tesse le lodi di questo figlio di Enrico il Nero e di Wulfilde di Sassonia, ammirato dai contemporanei per gli alti ideali coltivati, che lo spinsero a rinunciare ad una brillante carriera ecclesiastica per abbracciare la vocazione monastica a Clairvaux e per il successivo pellegrinaggio e la vita eremitica condotta in Terra Santa alla scuola di un maestro di vita ascetica. Al suo ritorno, racconta la Historia, la morte lo colse in Bari all'eta di venticinque anni, dove fu sepolto con onore da quanti lo conobbero. Le due fonti parrebbero dunque alquanto discordanti tra loro. Inoltre, considerato il breve lasso di tempo intercorso fra le vicende di Arnoldo (1124-1125) e la morte del Santo (1126), è difficile pensare che Corrado sia riuscito a raggiungere la Terra Santa come invece la Historia sostiene. Più realistica sembra essere l'ipotesi che egli sia morto in Puglia, durante il tragitto verso Gerusalemme, senza raggiungere la meta.
La venerazione di Corrado nella città di Molfetta era già attestata dalla prima metà del XIV secolo, e il gesuita Damiani fu il primo che si occupò di studiare la biografia del santo. Antonio Damiani, rettore del collegio della Compagnia di Gesù a Molfetta, recepì nella sua biografia del Santo (1670) la "tradizione che corre in quelle contrade costantissima", secondo cui Corrado, ritornato dalla Terra Santa, morì "in questa grotta posta nel territorio di Modugno della Diocesi di Bari a cui è vicina". La notizia dunque correggeva e specificava l'informazione dell' Historia Welforum, secondo cui Corrado era invece morto a Bari.
Successivamente, l'arciprete Giuseppe Maria Giovene, per primo riconobbe in quel Corrado il giovane nobile di cui aveva parlato San Bernardo, analizzò le fonti e gli studi, amplificò quanto Damiani aveva riferito e creò il racconto agiografico della traslazione a Molfetta del corpo del Santo. Giovene, mise mano alla biografia di Corrado, spiegò il senso della venerazione del santo eremita, affermando che Corrado, giunto dalla Terra Santa, venne dapprima ospitato a Molfetta presso l'ospedaletto dei crociati della Madonna dei Martiri. Rimessosi in salute, il nobile pellegrino tedesco, per restare fedele alla sua condizione di monaco, volle trasferirsi a Modugno, prendendo a sua dimora una grotta posta nell'agro circostante. I Molfettesi – continua Giovene – raggiungevano quotidianamente lo speco modugnese per offrire cibo al venerato anacoreta, finché un giorno si accorsero che il pasto non era stato consumato. Scoprirono, dunque, la morte dell'eremita e per impedire che altri si appropriassero dal suo corpo, lo traslarono in città e lo seppellirono nell'antica cattedrale. Ma dal racconto di Giovene affiorano alcune incongruenze: anzitutto posticipa l'anno della morte al 1154 o 1155, invece del 1126, preferito dal Damiani perché indicato nell' Historia Welforum, per giustificare la presunta età matura di Corrado. Corrado, secondo il Giovene, non sarebbe morto a 25 anni ma a 50. Tuttavia l'indagine medica svolta nel 2007, ha accertato che le reliquie ossee custodite nella cattedrale di Molfetta appartengono ad un soggetto maschile e di età compresa fra i 20-25 anni. Inoltre, il santo pellegrino, reduce dalla Terra Santa, non poté essere ospitato nell'ospedaletto della Madonna dei Martiri, perché esso venne costruito dopo la fondazione del santuario, avvenuta nel 1162, quando il santo era già morto.
Francesco Samarelli ampliò ulteriormente la narrazione della vita e del soggiorno pugliese di Corrado. Questi sarebbe sbarcato sulle coste dell'Adriatico per visitare il santuario garganico di San Michele e avrebbe trovato opitalità presso i benedettini di Monte Sacro. Di qui, invece di tornare a Clairvaux, avrebbe intrapreso il viaggio verso "l'umile Badia dei cistercensi, ubicata nelle vicinanze di Modugno". Avrebbe fatto sosta nel monastero di San Giacomo di Molfetta nonché nell'ospedale della Madonna dei Martiri, e in città avrebbe fondato una chiesa dedicata a Santa Maria, la quale, in memoria del nobile fondatore tedesco, si sarebbe chiamata "Sancta Maria de domino Principe". Corrado, infine, sarebbe giunto nella badia di Modugno e qui sarebbe morto il 17 marzo 1155. Nel 1303, dopo la soppressione della comunità monastica, i Molfettesi avrebbero traslato il corpo del Santo nella cattedrale della loro città. L'infondatezza del racconto di Samarelli venne però posta in evidenza dalla critica di Francesco Pasquale Catacchio; a suo dire non esistono testimonianze del passaggio di Corrado né per Molfetta né per altre contrade della Puglia, e neppure della prolungata permanenza del Santo presso il monastero di Modugno,che, fra l'altro, non fu mai cistercense. Secondo il Catacchio, inoltre, non ci sono prove che avvalorino la traslazione delle reliquie dopo il 1303, un'opinione successivamente condivisa anche dal Greenia, il quale ha ritenuto che il trasferimento a Molfetta dei resti del Santo sia avvenuta "nei primi anni del XIII secolo".Egli, comunque, accettava il dato della tradizione agiografica circa la sepoltura di Corrado nella grotta di Modugno.
Come si è potuto riscontrare, la vita di Corrado il Guelfo, a quasi 900 anni dalla sua morte, suscita ancora numerosi dibattiti. Tuttavia la devozione dei molfettesi verso il loro patrono è rimasta immutabile nel corso dei secoli e si rinnova di anno in anno.
Per ulteriori approfonditamenti consiglio il lavoro di Luigi De Palma "San Corrado il Guelfo. Indagine storico-agiografica".