Viva la storia di Molfetta!
La Quaresima a Molfetta
Dalle "quarantane" alle macellerie chiuse: tutte le tradizioni che furono
giovedì 9 marzo 2017
Durante i primissimi tempi del Cristianesimo, cominciò a praticarsi dai fedeli un periodo di preparazione per disporsi sempre meglio a quello che è il mistero centrale della Redenzione del Cristo.
Dapprima si iniziò con un periodo di un solo giorno; poi questo periodo si andò sempre più allungando, comprendendo 6 settimane, e così si ebbe la Quaresima (dal latino "Quadragesimae") cioè 40 giorni di preparazione al Mistero Pasquale. La Quaresima comporta per i fedeli due distinte pratiche religiose: il digiuno e la penitenza. In passato, durante il periodo quaresimale, non era consentito che un solo pasto al giorno. La pratica del digiuno era in passato obbligatoria e chi vi contravveniva andava incontro a seri guai.
La Quaresima a Molfetta é sempre stata molto sentita ed iniziava con l'esposizione nella città vecchia della Quarantana (rito da qualche anno ripristinato nella nostra città grazie alla "Associazione Passione e Tradizione Molfetta"). Si trattava di una fantoccia ingobbita, vestita di nero, che veniva appesa ad una corda il mercoledi delle Ceneri di ogni anno e rimaneva in mostra per tutto il periodo della Quaresima. La Quarantana e tutti i riti legati ad essa sono di chiara derivazione pagana. Molto probabilmente essa è assimilata agli "oscilla" che erano appesi agli alberi nelle feste dedicate a Dioniso, il cui culto fu importato dai coloni greci che si insediarono nel Sud Italia. Gli oscilla erano esposti al vento, elemento naturale divinatorio, che li faceva muovere allontanando così gli spiriti malefici. Funzione apotropaica svolta anche dalla Quarantana che oscilla allo spirare del vento.
Con il passare del tempo è avvenuto un curioso sincretismo tra culto pagano, culto cattolico e tradizioni locali. Il melograno, simbolo di rinascita legato al culto di Dioniso, è stato sostituito da un'arancia, il frutto dell'inverno che va via, nella quale sono conficcate sette penne di gallina, tante quante sono le settimane della Quaresima: ogni settimana che passa, una penna veniva estratta sino al giorno di Pasqua.
Allo scadere di ogni settimana si toglieva una penna per cui, con il sopraggiungere della settimana santa, l'arancia restava completamente spennata e la fantoccia veniva incendiata alla presenza della folla esultante. Per la mancanza di mezzi informativi quali calendari, radio e televisione, le madri mandavano i bambini per strada ad osservare la Quarantana per contare le penne rimaste le quali avrebbero dovuto indicare le settimane che mancavano alla Pasqua.
Un tempo l'apparizione della Quarantana per le strade, rappresentava l'inizio dei digiuni e delle astinenze rituali.
Da tutte le mense venivano banditi la carne e i salumi. Al loro posto era ammesso il consumo di verdure, pesce e baccalà, quest'ultimo, cotto sui carboni e condito con olio crudo, limone e pepe. A Molfetta le macellerie anticamente rimanevano chiuse, tranne un giorno a settimana in cui il macellaio era autorizzato dal clero a distribuire la carne ai malati ed i tegami venivano lavati più volte così da poter togliere qualsiasi odore della carne.
Anche le case venivano accuratamente pulite e rassettate, e le donne della famiglia si adoperavano affinché nelle abitazioni non ci fosse nemmeno un granello di polvere. Utilizzavano la cenere per pulire gli ambienti e non tralasciavano alcunché, tutto doveva essere in ordine. Erano considerati dei riti di purificazione che venivano svolti in vista delle celebrazioni in onore del Cristo Risorto.
Dapprima si iniziò con un periodo di un solo giorno; poi questo periodo si andò sempre più allungando, comprendendo 6 settimane, e così si ebbe la Quaresima (dal latino "Quadragesimae") cioè 40 giorni di preparazione al Mistero Pasquale. La Quaresima comporta per i fedeli due distinte pratiche religiose: il digiuno e la penitenza. In passato, durante il periodo quaresimale, non era consentito che un solo pasto al giorno. La pratica del digiuno era in passato obbligatoria e chi vi contravveniva andava incontro a seri guai.
La Quaresima a Molfetta é sempre stata molto sentita ed iniziava con l'esposizione nella città vecchia della Quarantana (rito da qualche anno ripristinato nella nostra città grazie alla "Associazione Passione e Tradizione Molfetta"). Si trattava di una fantoccia ingobbita, vestita di nero, che veniva appesa ad una corda il mercoledi delle Ceneri di ogni anno e rimaneva in mostra per tutto il periodo della Quaresima. La Quarantana e tutti i riti legati ad essa sono di chiara derivazione pagana. Molto probabilmente essa è assimilata agli "oscilla" che erano appesi agli alberi nelle feste dedicate a Dioniso, il cui culto fu importato dai coloni greci che si insediarono nel Sud Italia. Gli oscilla erano esposti al vento, elemento naturale divinatorio, che li faceva muovere allontanando così gli spiriti malefici. Funzione apotropaica svolta anche dalla Quarantana che oscilla allo spirare del vento.
Con il passare del tempo è avvenuto un curioso sincretismo tra culto pagano, culto cattolico e tradizioni locali. Il melograno, simbolo di rinascita legato al culto di Dioniso, è stato sostituito da un'arancia, il frutto dell'inverno che va via, nella quale sono conficcate sette penne di gallina, tante quante sono le settimane della Quaresima: ogni settimana che passa, una penna veniva estratta sino al giorno di Pasqua.
Allo scadere di ogni settimana si toglieva una penna per cui, con il sopraggiungere della settimana santa, l'arancia restava completamente spennata e la fantoccia veniva incendiata alla presenza della folla esultante. Per la mancanza di mezzi informativi quali calendari, radio e televisione, le madri mandavano i bambini per strada ad osservare la Quarantana per contare le penne rimaste le quali avrebbero dovuto indicare le settimane che mancavano alla Pasqua.
Un tempo l'apparizione della Quarantana per le strade, rappresentava l'inizio dei digiuni e delle astinenze rituali.
Da tutte le mense venivano banditi la carne e i salumi. Al loro posto era ammesso il consumo di verdure, pesce e baccalà, quest'ultimo, cotto sui carboni e condito con olio crudo, limone e pepe. A Molfetta le macellerie anticamente rimanevano chiuse, tranne un giorno a settimana in cui il macellaio era autorizzato dal clero a distribuire la carne ai malati ed i tegami venivano lavati più volte così da poter togliere qualsiasi odore della carne.
Anche le case venivano accuratamente pulite e rassettate, e le donne della famiglia si adoperavano affinché nelle abitazioni non ci fosse nemmeno un granello di polvere. Utilizzavano la cenere per pulire gli ambienti e non tralasciavano alcunché, tutto doveva essere in ordine. Erano considerati dei riti di purificazione che venivano svolti in vista delle celebrazioni in onore del Cristo Risorto.