Viva la storia di Molfetta!
La controra e la vagliatura dei legumi: i vecchi riti dell'estate a Molfetta
Ma anche la produzione della salsa di pomodoro e il 10 agosto, il giorno del trasloco
mercoledì 1 agosto 2018
La condròere era la siesta, subito dopo il pasto di mezzogiorno, a cui abitualmente molti ricorrevano, specialmente d'estate, quando il caldo faceva maggiormente avvertire il desiderio di schiacciare un breve sonnellino nel fresco interno della propria casa.
Ad interrompere questa serenità domestica e solenne era la voce di qualche terlizzese il quale si aggirava per le strade pressoché deserte gridando: o cìelze russe, o cìelze! (il gelso rosso, il gelso!).
Poi il brusio e l'allegro vociare dei bimbi per strada, verso il vespro, caratterizzava il pomeriggio e la ripresa delle varie attività nell'ambito cittadino.
Durante la condròere estiva, ai crocicchi di alcune strade, era consuetudine per i contadini, coadiuvati dalle mogli, sorreggere con le braccia una cesta di o un canestro di legumi secchi (ceci, fave, piselli, fagioli) e, con lievi tocchi e movimenti, far traboccare pian piano dai citati recipienti il contenuto: la parte pesante cadeva direttamente in un ampio panno disteso a terra, mentre il guscio più leggero, sfarfallava in disparte portato via dalla brezzolina del vento. Con siffatto metodo arcaico, semplice e pratico, dettato dall'esperienza, si riusciva a selezionare i legumi dalle bucce.
Era quindi necessaria la bavetta del vento per facilitare l'operazione selettiva.
Il rito della salsa di pomodoro
Luglio e agosto: tempo di pomodori e di salsa per l'invernata, scompiglio in famiglia con l'appartamento a soqquadro per questa necessaria operazione, con l'affaccendarsi dei parenti o vicini di casa, pronti a dare una mano.
E sì che l'evento richiedeva fatica e molta esperienza, bisognava preparare le bottiglie e cercare di indovinare anche il periodo di maturazione dei pomodori per acquistarli al prezzo più conveniente. Era comunque una specie di festa tradizionale che si compiva nelle famiglie, che contagiava grandi e piccoli e li faceva sentire partecipi di uno sforzo comune.
Ci si aiutava a vicenda per la preparazione del delizioso e saporito ingrediente: lavaggio delle bottiglie e dei pomodori, prosciugamento e taglio delle tondeggianti e rosse bacche, cottura in capaci caldaie di rame, spremitura attraverso le macchinette, travaso nei recipienti di vetro; poi dulcis in fundo, la fase più difficile consistente nel tappare le bottiglie e legare i turaccioli di sughero, ad evitare scoppi, e quindi il fatidico bagnomaria. Per quest'ultima operazione si sceglievano le ore della notte rimanendo desti, come in una veglia, per lavorare con maggiore tranquillità senza la presenza dei bambini.
Parte della salsa veniva raccolta in capaci piatti di creta e successivamente trasformata in profumata e deliziosa conserva, mediante esposizione al cocente solleone per il prosciugamento naturale.
Dopo queste laboriose e su giornate, si richiudeva il tutto nella dispensa con un pizzico di orgoglio e soddisfazione perché agli spaghetti dell'inverno non sarebbe mancato il colorito condimento naturale, conservato e accompagnato da una fogliolina di alloro o di basilico.
Perché si sloggiava il 10 agosto?
Il 10 agosto, rappresentava per i molfettesi la giornata destinata all'eventuale sloggio: nelle strade non ancora asfaltate si notavano continui via vai di traini e carretti carichi di masserizie, di bambini affaccendati appresso ai genitori nel trasportare piccole cose, di persone frettolosamente in giro.
Il tutto conferiva una nota di trambusto, vivacità ed insolita animazione.
Perché lo sloggio avveniva il 10 agosto? Fu Ferdinando II di Borbone a stabilire detta data con apposito decreto. Nelle nostre terre, dunque, per volontà sovrana il 10 agosto fu riservato esclusivamente ai trasferimenti da un alloggio ad un altro, soprattutto di coloro i quali erano stati colpiti dallo sfratto.
Alle famiglie che cambiavano dimora, si riformulavano da parte dei vecchi e nuovi vicini, e, naturalmente dei parenti ed amici, gli auguri di rito, con la speranza che il nuovo appartamenti o il nuovo quartiere fossero apportatori di miglior fortuna.
Tratto da: Molfetta tra passato e presente di Gerardo de Marco
Ad interrompere questa serenità domestica e solenne era la voce di qualche terlizzese il quale si aggirava per le strade pressoché deserte gridando: o cìelze russe, o cìelze! (il gelso rosso, il gelso!).
Poi il brusio e l'allegro vociare dei bimbi per strada, verso il vespro, caratterizzava il pomeriggio e la ripresa delle varie attività nell'ambito cittadino.
Durante la condròere estiva, ai crocicchi di alcune strade, era consuetudine per i contadini, coadiuvati dalle mogli, sorreggere con le braccia una cesta di o un canestro di legumi secchi (ceci, fave, piselli, fagioli) e, con lievi tocchi e movimenti, far traboccare pian piano dai citati recipienti il contenuto: la parte pesante cadeva direttamente in un ampio panno disteso a terra, mentre il guscio più leggero, sfarfallava in disparte portato via dalla brezzolina del vento. Con siffatto metodo arcaico, semplice e pratico, dettato dall'esperienza, si riusciva a selezionare i legumi dalle bucce.
Era quindi necessaria la bavetta del vento per facilitare l'operazione selettiva.
Il rito della salsa di pomodoro
Luglio e agosto: tempo di pomodori e di salsa per l'invernata, scompiglio in famiglia con l'appartamento a soqquadro per questa necessaria operazione, con l'affaccendarsi dei parenti o vicini di casa, pronti a dare una mano.
E sì che l'evento richiedeva fatica e molta esperienza, bisognava preparare le bottiglie e cercare di indovinare anche il periodo di maturazione dei pomodori per acquistarli al prezzo più conveniente. Era comunque una specie di festa tradizionale che si compiva nelle famiglie, che contagiava grandi e piccoli e li faceva sentire partecipi di uno sforzo comune.
Ci si aiutava a vicenda per la preparazione del delizioso e saporito ingrediente: lavaggio delle bottiglie e dei pomodori, prosciugamento e taglio delle tondeggianti e rosse bacche, cottura in capaci caldaie di rame, spremitura attraverso le macchinette, travaso nei recipienti di vetro; poi dulcis in fundo, la fase più difficile consistente nel tappare le bottiglie e legare i turaccioli di sughero, ad evitare scoppi, e quindi il fatidico bagnomaria. Per quest'ultima operazione si sceglievano le ore della notte rimanendo desti, come in una veglia, per lavorare con maggiore tranquillità senza la presenza dei bambini.
Parte della salsa veniva raccolta in capaci piatti di creta e successivamente trasformata in profumata e deliziosa conserva, mediante esposizione al cocente solleone per il prosciugamento naturale.
Dopo queste laboriose e su giornate, si richiudeva il tutto nella dispensa con un pizzico di orgoglio e soddisfazione perché agli spaghetti dell'inverno non sarebbe mancato il colorito condimento naturale, conservato e accompagnato da una fogliolina di alloro o di basilico.
Perché si sloggiava il 10 agosto?
Il 10 agosto, rappresentava per i molfettesi la giornata destinata all'eventuale sloggio: nelle strade non ancora asfaltate si notavano continui via vai di traini e carretti carichi di masserizie, di bambini affaccendati appresso ai genitori nel trasportare piccole cose, di persone frettolosamente in giro.
Il tutto conferiva una nota di trambusto, vivacità ed insolita animazione.
Perché lo sloggio avveniva il 10 agosto? Fu Ferdinando II di Borbone a stabilire detta data con apposito decreto. Nelle nostre terre, dunque, per volontà sovrana il 10 agosto fu riservato esclusivamente ai trasferimenti da un alloggio ad un altro, soprattutto di coloro i quali erano stati colpiti dallo sfratto.
Alle famiglie che cambiavano dimora, si riformulavano da parte dei vecchi e nuovi vicini, e, naturalmente dei parenti ed amici, gli auguri di rito, con la speranza che il nuovo appartamenti o il nuovo quartiere fossero apportatori di miglior fortuna.
Tratto da: Molfetta tra passato e presente di Gerardo de Marco