Viva la storia di Molfetta!
I segreti del Duomo, il gioiello che cade a pezzi
La storia della Chiesa Vecchia, esemplare unico del romanico in Puglia
martedì 28 novembre 2017
La nostra storia ha inizio moltissimi secoli fa, in una piccola grotta che stando alle fonti, si sarebbe un tempo trovata nei pressi della spiaggia dove ora sorge il Duomo.
In essa infatti lo studioso don Graziano Bellifemmine avrebbe individuato tramite le sue ricerche, una casa preghiera, e cioè un luogo in cui si radunavano le prime comunità cristiane per pregare e celebrare la liturgia. Le prime case di preghiera di solito si costituivano nelle grotte, nei pressi della tomba di un santo, o in luoghi che in precedenza erano stati pagani "per fare entrare la luce dove precedentemente regnavano le tenebre". Una prova del fatto che anticamente il Duomo sarebbe stato luogo di una casa preghiera, sarebbe rivenibile in alcune lapidi dedicative, due lastre di marmo presenti nella zona alla destra dell'altare del Duomo (note come l'epigrafe di Risando, primo vescovo del Duomo) che per forma e per grandezza ricordano le lapidi che si mettevano in questi luoghi di culto e che risultano troppo povere e prive di valore per poter costituire l'epigrafe del primo vescovo. Se così fosse, l'origine della nostra chiesa, risalirebbe addirittura al IV-V sec d.C.
Ma come si arrivò alla costruzione di una chiesa vera e propria?
Per capirlo, dobbiamo fare riferimento agli armeni, antico popolo indoeuropeo che si era stabilito in una regione dell'Asia sud-occidentale e che sarebbe strettamente legato alla nascita del nostro Duomo. Cosa accadde dunque?
In Armenia a seguito della caduta del regno bagratide avvenuta nel 1045, si ebbero massicce invasioni di popolazioni nomadi tra cui i selgiuchidi e i mongoli, e gli armeni, onde evitare la pulizia etnica che si stava perpetuando nei loro confronti, furono costretti ad emigrare verso l'Occidente cristiano. Arrivarono anche in Puglia e contribuirono molto allo sviluppo e alla crescita delle città in cui vissero. Tuttavia alcuni di loro erano già presenti nella zona di Bari sin dal IX secolo d.C.
Una traccia armena la si può trovare ancora oggi in alcuni diffusi cognomi pugliesi come ad esempio Armenio, Armenise, Amoruso, Caccuri, Susca, Marzapane, Zaccaria, Trevisani, Pascali e Oliviero.
Famose furono le opere architettoniche armene in tutta la Puglia, le loro maestranze erano difatti erano particolarmente esperte nell'ingegneria edilizia. Si stabilirono anche a Molfetta e poiché in quel periodo la popolazione stava aumentando, si ebbe l'esigenza di costuire una chiesa più grande e che fosse rappresentativa della città.
La chiesa di Sant'Andrea, sita ancora oggi nel centro storico, era diventata troppo piccola, e pertanto si decise di edificarne una nuova sulla grotta-chiesa.
Stando ai recenti studi così sarebbe nato il Duomo: una chiesa dall'architettura tipicamente orientale, costruita da immigrati benestanti per servire le colonie armene stanziate lungo le coste. Infatti, osservando attentamente il Duomo, possiamo notare che sono molti i richiami all'Oriente.
Nelle chiese orientali infatti, l'altare solitamente era sormontato da una cupola alla forma sferica perfetta che rappresentava la perfezione della volta stellata: la Gerusalemme del cielo rivolta verso la Gerusalemme della terra. Nell'abside centrale c'era il bema (una piattaforma rialzata) e un piccolo altare, poi lateralmente all'abside c'erano dei piccoli ambienti denominati "sagrestie". Essi comparivano anche nella prima liturgia bizantina e si chiamavano pastophoria (che in greco vuol dire "appartamento del sacerdote" o "camera per il tesoro"): in quello sinistra si conservavano le offerte le i fedeli, in quello di destra, si custodivano i vasi e i paramenti sacri. Con l'avvento della liturgia bizantina tarda, I pastophoria caddero in disuso e vennero sostituti da altre due absidi aggiunte alla preesistente centrale: le absidi diventarono così tre a simboleggiare la Santissima Trinità. Nel nostro Duomo queste diverse stratificazioni storiche e costruittive ci sono tutte. Per capire ancora meglio l'origine orientale della nostra chiesa, bisogna dirigersi verso l'ingresso laterale del Duomo. Noterete sicuramente l'atrio che si trova subito prima del portone secondario della chiesa. In realtà quello spazio un tempo veniva chiuso e infatti all'entrata dell'atrio c'era una imponente porta di legno massiccio; se ci fate caso vedrete che ci sono ancora dei cardini in pietra in cui giravano i perni del portone. Quell'atrio rappresentava la soglia che dalla città profana immetteva nella città sacra, era il luogo in cui si offriva ospitalità ai pellegrini, la sosta che si concedevano prima di entrare in chiesa. Lungo le pareti della facciata sud sono infatti ancora visibili i segni di pellegrini che sono passati da qui, e se siete attenti, potrete notare incisioni di croci nella roccia.
Ma c'é qualcosa in più.
Rivogete il vostro sguardo verso l'alto, al di sopra dell'arco che sormonta l'ingresso dell'atrio: noterete che c'é una piccola nicchia vuota. Sui portoni degli atri e delle chiese di Oriente è comune infatti che si veda una nicchia al cui interno si trova o un affresco o una scultura raffigurante il Cristo Pantokrator (colui che tutto è, figura di Cristo benedicente). Ebbene la stessa cosa venne fatta a Molfetta: quello spazio vuoto un tempo era riempito da un affresco di un Cristo Pantokrator che è ora scomparso in quanto dipinto con colori naturali via via sbiaditi. Un altro esempio di riferimento all'Oriente é visibile sempre stando con lo sguardo rivolto all'ingresso laterale del Duomo e osservando in alto sulla parete: si scorge una scultura raffigurante il Cristosbadgher del Pantocrator, rappresentazione iconografica armena diffusa dal VI d.C. Rappresenta Cristo in trono, colui che tutto può e che tutto sa, che sembra quasi fissare il vuoto. Nel medioevo fino a quasi al 1100 le rappresentazioni scultoree e pittoriche non rappresentavano stati d'animo ma tutto si esprimeva tramite la gestualità, e ciò era volutamente in netto contrasto con le raffigurazioni pagane che invece sottolineavano tramite smorfie quasi grottesche, i sentimenti umani volubili, quindi caduchi. Il nostro Pantocrator, con la sua apparente inepressività era invece il simbolo immutabilità e di eternità e la fissità dell'immagine deriva da una immagine sacra tipica dell'Oriente: l'icona, chiamata badgher in armeno.
Dopo l'arrivo dei bizantini, anche il Duomo di Molfetta divenne per un breve periodo bizantino. Essi modificarono le porte esterne ed interne inserendo due "squadri a mensola" negli angoli dell'architrave come loro elemento di decoro tipico e poi iniziano a costruire un mosaico che si sarebbe dovuto trovare lungo la navata centrale. Ma non fecero in tempo.
Arrivarono i crociati che chiamarono il Duomo "Santa Maria Assunta" e vi crearono un vero tempio romanico gerosolimitano su modello di una chiesa presente a Gerusalemme, la chiesa di Sant'Anna. Dei simboli e dei significati nascosti presenti nel nostro Duomo, parlerò prossimamente.
Potete approfondire l'argomento leggendo un interessantissimo e accurato lavoro di ricerca che è stato fatto sul Duomo, e dal quale ho attinto gran parte delle informazioni per poter realizzare il mio articolo.
Questo lavoro si trova in un libro molto bello e che consiglio fortemente che si chiama "Il Duomo di Molfetta. Una chiesa fra Oriente ed Occidente" di Girolamo A.G. Panunzio.
In essa infatti lo studioso don Graziano Bellifemmine avrebbe individuato tramite le sue ricerche, una casa preghiera, e cioè un luogo in cui si radunavano le prime comunità cristiane per pregare e celebrare la liturgia. Le prime case di preghiera di solito si costituivano nelle grotte, nei pressi della tomba di un santo, o in luoghi che in precedenza erano stati pagani "per fare entrare la luce dove precedentemente regnavano le tenebre". Una prova del fatto che anticamente il Duomo sarebbe stato luogo di una casa preghiera, sarebbe rivenibile in alcune lapidi dedicative, due lastre di marmo presenti nella zona alla destra dell'altare del Duomo (note come l'epigrafe di Risando, primo vescovo del Duomo) che per forma e per grandezza ricordano le lapidi che si mettevano in questi luoghi di culto e che risultano troppo povere e prive di valore per poter costituire l'epigrafe del primo vescovo. Se così fosse, l'origine della nostra chiesa, risalirebbe addirittura al IV-V sec d.C.
Ma come si arrivò alla costruzione di una chiesa vera e propria?
Per capirlo, dobbiamo fare riferimento agli armeni, antico popolo indoeuropeo che si era stabilito in una regione dell'Asia sud-occidentale e che sarebbe strettamente legato alla nascita del nostro Duomo. Cosa accadde dunque?
In Armenia a seguito della caduta del regno bagratide avvenuta nel 1045, si ebbero massicce invasioni di popolazioni nomadi tra cui i selgiuchidi e i mongoli, e gli armeni, onde evitare la pulizia etnica che si stava perpetuando nei loro confronti, furono costretti ad emigrare verso l'Occidente cristiano. Arrivarono anche in Puglia e contribuirono molto allo sviluppo e alla crescita delle città in cui vissero. Tuttavia alcuni di loro erano già presenti nella zona di Bari sin dal IX secolo d.C.
Una traccia armena la si può trovare ancora oggi in alcuni diffusi cognomi pugliesi come ad esempio Armenio, Armenise, Amoruso, Caccuri, Susca, Marzapane, Zaccaria, Trevisani, Pascali e Oliviero.
Famose furono le opere architettoniche armene in tutta la Puglia, le loro maestranze erano difatti erano particolarmente esperte nell'ingegneria edilizia. Si stabilirono anche a Molfetta e poiché in quel periodo la popolazione stava aumentando, si ebbe l'esigenza di costuire una chiesa più grande e che fosse rappresentativa della città.
La chiesa di Sant'Andrea, sita ancora oggi nel centro storico, era diventata troppo piccola, e pertanto si decise di edificarne una nuova sulla grotta-chiesa.
Stando ai recenti studi così sarebbe nato il Duomo: una chiesa dall'architettura tipicamente orientale, costruita da immigrati benestanti per servire le colonie armene stanziate lungo le coste. Infatti, osservando attentamente il Duomo, possiamo notare che sono molti i richiami all'Oriente.
Nelle chiese orientali infatti, l'altare solitamente era sormontato da una cupola alla forma sferica perfetta che rappresentava la perfezione della volta stellata: la Gerusalemme del cielo rivolta verso la Gerusalemme della terra. Nell'abside centrale c'era il bema (una piattaforma rialzata) e un piccolo altare, poi lateralmente all'abside c'erano dei piccoli ambienti denominati "sagrestie". Essi comparivano anche nella prima liturgia bizantina e si chiamavano pastophoria (che in greco vuol dire "appartamento del sacerdote" o "camera per il tesoro"): in quello sinistra si conservavano le offerte le i fedeli, in quello di destra, si custodivano i vasi e i paramenti sacri. Con l'avvento della liturgia bizantina tarda, I pastophoria caddero in disuso e vennero sostituti da altre due absidi aggiunte alla preesistente centrale: le absidi diventarono così tre a simboleggiare la Santissima Trinità. Nel nostro Duomo queste diverse stratificazioni storiche e costruittive ci sono tutte. Per capire ancora meglio l'origine orientale della nostra chiesa, bisogna dirigersi verso l'ingresso laterale del Duomo. Noterete sicuramente l'atrio che si trova subito prima del portone secondario della chiesa. In realtà quello spazio un tempo veniva chiuso e infatti all'entrata dell'atrio c'era una imponente porta di legno massiccio; se ci fate caso vedrete che ci sono ancora dei cardini in pietra in cui giravano i perni del portone. Quell'atrio rappresentava la soglia che dalla città profana immetteva nella città sacra, era il luogo in cui si offriva ospitalità ai pellegrini, la sosta che si concedevano prima di entrare in chiesa. Lungo le pareti della facciata sud sono infatti ancora visibili i segni di pellegrini che sono passati da qui, e se siete attenti, potrete notare incisioni di croci nella roccia.
Ma c'é qualcosa in più.
Rivogete il vostro sguardo verso l'alto, al di sopra dell'arco che sormonta l'ingresso dell'atrio: noterete che c'é una piccola nicchia vuota. Sui portoni degli atri e delle chiese di Oriente è comune infatti che si veda una nicchia al cui interno si trova o un affresco o una scultura raffigurante il Cristo Pantokrator (colui che tutto è, figura di Cristo benedicente). Ebbene la stessa cosa venne fatta a Molfetta: quello spazio vuoto un tempo era riempito da un affresco di un Cristo Pantokrator che è ora scomparso in quanto dipinto con colori naturali via via sbiaditi. Un altro esempio di riferimento all'Oriente é visibile sempre stando con lo sguardo rivolto all'ingresso laterale del Duomo e osservando in alto sulla parete: si scorge una scultura raffigurante il Cristosbadgher del Pantocrator, rappresentazione iconografica armena diffusa dal VI d.C. Rappresenta Cristo in trono, colui che tutto può e che tutto sa, che sembra quasi fissare il vuoto. Nel medioevo fino a quasi al 1100 le rappresentazioni scultoree e pittoriche non rappresentavano stati d'animo ma tutto si esprimeva tramite la gestualità, e ciò era volutamente in netto contrasto con le raffigurazioni pagane che invece sottolineavano tramite smorfie quasi grottesche, i sentimenti umani volubili, quindi caduchi. Il nostro Pantocrator, con la sua apparente inepressività era invece il simbolo immutabilità e di eternità e la fissità dell'immagine deriva da una immagine sacra tipica dell'Oriente: l'icona, chiamata badgher in armeno.
Dopo l'arrivo dei bizantini, anche il Duomo di Molfetta divenne per un breve periodo bizantino. Essi modificarono le porte esterne ed interne inserendo due "squadri a mensola" negli angoli dell'architrave come loro elemento di decoro tipico e poi iniziano a costruire un mosaico che si sarebbe dovuto trovare lungo la navata centrale. Ma non fecero in tempo.
Arrivarono i crociati che chiamarono il Duomo "Santa Maria Assunta" e vi crearono un vero tempio romanico gerosolimitano su modello di una chiesa presente a Gerusalemme, la chiesa di Sant'Anna. Dei simboli e dei significati nascosti presenti nel nostro Duomo, parlerò prossimamente.
Potete approfondire l'argomento leggendo un interessantissimo e accurato lavoro di ricerca che è stato fatto sul Duomo, e dal quale ho attinto gran parte delle informazioni per poter realizzare il mio articolo.
Questo lavoro si trova in un libro molto bello e che consiglio fortemente che si chiama "Il Duomo di Molfetta. Una chiesa fra Oriente ed Occidente" di Girolamo A.G. Panunzio.