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Viva la storia di Molfetta!

I miracoli per Molfetta della Madonna dei Martiri

Il racconto di aneddoti ormai dimenticati

La sacra icona della Madonna dei Martiri, tesoro insigne di arte e storia e di fede, risale al tempio dei crociati. È un artistico dipinto su legno di cipresso (di stile bizantino) raffigurante la Vergine ed il suo Figlio divino in atteggiamento di amore e di affetto. Ha delle affinità con il quadro di Santa Maria Maggiore di Roma che comunemente viene attribuito al pennello di San Luca e per analogia si pensa che anch'esso abbia avuto lo stesso autore o un antichissimo artista, facente parte della scuola dell'evangelista. Difficilmente si può notare in tutta Italia oltre il dipinto di S. Maria Maggiore e della S. Casa di Loreto, un altro dipinto che possa vantare tante antichità e vastità di culto.

Si riportano in seguito le parole di P. Ludovico Vincitorio, che nel 1918 pubblicò un lavoro sul santuario della Madonna dei Martiri in cui racconta, avvalendosi di qualche licenza storica, dei miracoli compiuti dall'icona mariana nel corso dei secoli. Fra storia e leggenda, la sua narrazione non fa altro che confermare l'enorme portata religiosa e devozionale che Molfetta ha sempre avuto nei confronti di questa antica immagine sacra, proveniente da un mondo lontano.
"In tempi remoti oltre doni di preziosi, come vasi d'argento, oggetti d'oro, offerti anche da grandi principi in segno di favore, si raccoglievano ogni sabato dei sacchetti di monete che arrivavano copiose. Se l'argento delle statue, delle lampade votive e dei sacri vasi non fosse stato impiegato per vari usi, particolarmente per il riscatto dei prigionieri nelle mani dei Barbareschi, ora vi sarebbe un grande tesoro. Il quadro si è conservato integro ed intatto dalle ingiurie del tempo e dalle scorribande dei Turchi.
Nel 1485 essi infatti incendiarono la cappella del Santuario della Madonna dei Martiri per distruggere l'immagine, ma non vi riuscirono, perché quest'ultima rimase intatta tra gli oggetti inceneriti e la cera delle torce pendenti, sparse sul pavimento. Incendiato il santuario, i barbari, con il ricco bottino di sacri arredi, cercarono di prendere il largo, ma per quanto si affaticassero a forza di remi, non vi riuscirono se non dopo aver restituito gli oggetti rubati. Un tale Colantonio di Santo avendo sottratto un vaso d'argento che era dinnanzi all'immagine, restò sull'istante con il braccio immobilizzato, né riacquistò il primitivo vigore se non dopo aver reso l'oggetto rubato.

Negli anni 1561, 1621 e 1633 un'abbondante pioggia allagò il territorio di Molfetta e l'altare della sacra immagine, che si trovava nella parte più bassa del tempio, ne rimase immune. Aiuti d'ogni sorta furono offerti dalla Madonna dei Martiri ai suoi devoti: nel 1530 circa, in un assalto dei Francesi, Molfetta si vide manifestamente e validamente difesa da potentissime armate angeliche, capitanate dalla gloriosa regina dei Martiri, apparsa splendente nel cielo, che andava per le vie della città, chiamando ad alta voce i cittadini dormienti.

Altra volta durante un assalto dei Turchi, si elevò dalla parte del Santuario un impetuosissimo vento che li respinse dal lido; nel terremoto dell'11 maggio 1560 Molfetta non ebbe rovine.

Risuscitò alla vita parecchi morti, liberò dalle catene i condannati alla galera, rimarginò immediatamente piaghe e ferite, raddrizzò numerosi storpi e zoppi, guarì tisici e malati incurabili, ridiede la vista ai ciechi, l'udito ai sordi, la favella ai muti, salvò dalla morte partorienti, protesse i marinai dai pericoli, dalle disgrazie inerenti alla loro vita marinaresca, e mille altri casi di malattie e di sventure ebbero da lei miracoloso soccorso. Ad esempio il nobile Antonio Marinelli e Fabrizio de Monte, chiusi nella torre di Bitonto e condannati alla pena di morte, furono un giorno prima della esecuzione della sentenza, trasportati nel territorio di Molfetta dove da alcuni contadini furono loro tolti i ceppi e le catene. Antonio Pascarello, figlio di un notaio molfettese, nel 1546, il sacerdote Tommaso Inchino ed il sacerdote Matteo nell'anno seguente, entrambi di Andria, furono richiamati dalla morte a nova vita.
Testimoniano i miracoli e i prodigi della Vergine di Molfetta, Giambattista Cibo, divenuto papa con il nome di Innocenzo VIII, il vescovo di Molfetta Sarnelli, gli incartamenti conservati nell'archivio vescovile, le documentazioni relative ai fatti ed i quadri votivi con i quali i beneficiati intesero tramandare alla posterità il ricordo delle grazie ricevute.
Oggi in memoria di tanti miracoli, si vedono delle tabelle votive appese ai muri presso la sua edicola antica, oggetti votivi d'oro e d'argento che ornano la sacra immagine nella ricorrenza della sua festa. Le innumerevoli grazie portarono nel 1756 il vescovo di Molfetta Orlando ad ottenere da Roma che il celebre Santuario dedicato alla Madonna dei Martiri, per singolare privilegio di grazia, venisse affidato alla Basilica Maggiore di S. Maria ad Nives di Roma godendo "ipso facto partecipe" non solamente del titolo di Basilica Minore, ma nel tempo stesso di tutti gli onori e privilegi inerenti e derivanti dalla concessione medesima. Anche il Papa Innocenzo VIII, già vescovo di Molfetta nel 1484 concesse in perpetuo il privilegio dell'Indulgenza Plenaria a tutti i fedeli che avessero visitato il Santuario nel giorno festivo dell'ottava di Pasqua ed in quello di Settembre. Infine è da segnalarsi che l'altare maggiore sul quale troneggia il quadro miracoloso della Vergine, da tempo immemorabile appartiene alla eletta schiera degli altari privilegiati.

La città di Molfetta che sin dall'antichità tenne sempre verso la Madonna dei Martiri un vivo e sentito culto di fede e d'amore la elesse a sua celeste compatrona accanto a San Corrado, protettore principale della città, perciò annualmente l'otto di settembre le rende solenni onoranze festive degne di un rilievo descrittivo".


Fonti bibliografiche:

Maria Laghezza Ricagni, La festa della Madonna dei Martiri a Molfetta (8 settembre), in Biblioreca di "Lares" (1961)
P. Ludovico Vincitorio, Santuario di S. Maria dei Martiri, Ospizio dei già crociati, Tipografia Michele Conti (1918).
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