Viva la storia di Molfetta!
E' il giorno di San Corrado: ma quali sono le origini delle sue reliquie a Molfetta?
La storia dei resti del Santo Patrono venerati in città
domenica 7 luglio 2019
Il ritratto di santità di Corrado, comprende caratteri e sfumature corrispondenti ad alcuni dei criteri e dei modelli che consentivano agli uomini del medioevo di individuare i santi. Corrado era un giovane, nobile, monaco, pellegrino ed eremita, morto prematuramente, diretto in Terra Santa, alla sequela di Cristo. Tutto ciò era sufficiente per riconoscere in lui la santità ed eleggerlo patrono di un popolo, di una Chiesa e di una città. Tanto più che il possesso delle sue reliquie conferiva maggiore prestigio e notorietà alla comunità cittadina.
Corrado diventò il nume tutelare dei Molfettesi. Nei momenti di pericolo si ricorreva alla sua intercessione e non si mancava di lodarlo e di rendergli onore. Dal Cinquecento fino al XX secolo si intensificarono le testimonianze di gratitudine da parte dei devoti nei riguardi del Santo, come pure la diffusione della sua immagine. Tuttavia, un'attenzione speciale venne riservata principalmente alle sue reliquie. Esse, infatti, rappresentavano il perdurare della presenza del Santo in seno alla comunità. Tanto i singoli fedeli quanto le autorità civili e religiose gareggiavano nell'attribuire il dovuto onore ai resti mortali del Santo, e si prodigarono per assicurarne la custodia più dignitosa. Nel 1580 venne commissionata una cassa di cristallo che contenesse le reliquie, ma nel 1668 esse risultavano riposte in una cassa di piombo, rivestita in legno, foderata di stoffa dall'esterno, chiusa e sigillata. Ciò nonostante, l'idea di incrementare la visibilità delle reliquie continuò ad essere coltivata. Tuttavia le reliquie restavano occultate dal paliotto mobile dell'altare e soltanto negli anni 1980-1981 mons. Aldo Garzia dispose il trasferimento dell'urna nella cappella dei santi Pietro e Paolo, collocata in modo da rendere permanente la loro pubblica ostensione.
Sorte diversa ebbe la reliquia più insigne del Santo. Il cranio, infatti, veniva custodito in un reliquiario argenteo cefalomorfo, noto in tre versioni, di cui una venne descritta nel 1583, mentre le altre due furono realizzate successivamente durante il XVII secolo. Raramente, al di fuori delle ricorrenze liturgiche, il busto reliquiario veniva mostrato ai fedeli e tanto bastò per dare origine all'espressione vernacolare "Tené còme la capë dë Sên Ghërrarë " per indicare la cura, il rispetto e la venerazione, se non la gelosia, nei riguardi di un oggetto o di una persona.
Le reliquie di S. Corrado, dunque non venivano mostrate di frequente, ciò nonostante non sono noti dubbi espressi sulla loro autenticità prima del XX secolo.
Una pubblica ricognizione delle ossa e sul teschio del Santo fu compiuta nell'antico duomo il 10 luglio 1785, immediatamente prima di dare inizio alla processione con cui le reliquie furono traslate nella nuova cattedrale. Alla ricognizione assistettero numerosi ecclesiastici, i maggiori esponenti delle magistrature locali, nonché "molti cittadini e forestieri".
Nel dicembre del 1831 ci fu una nuova ricognizione, compiuta nel contesto del processo per la canonizzazione equipollente, avviata dal vescovo Filippo Giudice Caracciolo. Venne rilasciato il primo inventario noto delle ossa rinvenute all'interno della doppia cassa di legno e di piombo. Dal referto si evince che non si trattava dei resti integrali di uno scheletro. Mancavano alcuni elementi ossei, fra cui le mani e i piedi, altri apparivano fratturati e corrosi ed altri ancora risultavano non appartenere al medesimo scheletro. Fra questi ultimi erano compresi un osso temporale ed un pezzo del parietale, perciò sorse il sospetto che si trattassero di ossa spurie. Per accertarne l'autenticità i medici chiesero al vescovo di esaminare il cranio contenuto nel busto-reliquiario. Aperto il reliquiario si constatò che la reliquia era priva delle due ossa craniche rinvenute nell'urna, le quali aderivano perfettamente alle cavità del teschio. Pertanto si concluse che entrambe appartenevano al cranio del Santo. Insieme alla scatola cranica, il reliquiario custodiva anche la mandibola. Terminata la ricognizione, la reliquie furono ricollocate nei propri contenitori e sigillate, mentre le ossa giudicate appartenenti ad un altro scheletro vennero conservate separatamente nella stessa cassa delle reliquie ritenute autentiche (è noto che le ossa di un dito del santo sono possedute dalla chiesa madre di Modugno; altre reliquie del Santo sono state inserite in altari di recente consacrazione, ad es. della Madonna della pace in Molfetta ed altre ancora si trovano fuori diocesi. Tuttora una reliquia ossea è conservata insieme al busto-reliquiario e i suoi frammenti sono utilizzati per la consacrazione dei nuovi altari).
Nel dicembre del 1832 si procedette ad una nuova ricognizione delle reliquie, ed il referto degli esperti s'arricchì di alcuni particolari. Mentre venne confermata l'appartenenza delle ossa ad un unico scheletro, gli elementi ossei estranei furono espunti, sigillati e custoditi separatamente. Per il cranio, i medici aggiunsero un indizio significativo:"la dimensione della testa è mediocre" ma non dichiararono la sua incompatibilità con le restanti reliquie.
L'esito della perizia indusse il vescovo Caracciolo a confermale il culto pubblico ininterrottamente prestato alle reliquie di S. Corrado e per dare incremento alla loro venerazione, decise di rendere maggiormente visibile la loro custodia "Si siano date le disposizioni affinché nel Cappellone ove sta riposto si formi quanto prima un decente Altare di marmo, il quale formato e situato, si registri l'intero Deposito, eccetto il Teschio, in un'Urna di legno, o di cipresso, ben ornata, munita di cristalli e situarsi visibile sotto detto Altare".
Il nuovo altare fu realizzato nel 1833 e probabilmente, prima di collocare sotto la mensa delle reliquie, l'11 aprile di quell'anno fu effettuata la terza ricognizione delle ossa. Ventun anni dopo si rese necessario aprire il reliquario per riparare uno dei due cristalli, nel frattempo infrantosi.
La traslazione delle reliquie venne rinnovata nel 1893, quando le ossa del Santo furono collocate nella nuova urna d'argento e di cristallo, fatta realizzare a Napoli dal vescovo Pasquale Corrado. Durante il Novecento, più volte l'urna fu aperta per ripulirla interna,ente e detergete dalla polvere le reliquie. È noto che, nell'aprile del 1960, il cranio del Santo fu asportato per inviare il reliquiario alla mostra dedicata alla "Devozione Bavarese" allestita a Monaco durante il congresso eucaristico internazionale. Dell'avvenimento non si sono trovate testimonianze scritte, sebbene esista documentazione fotografica. Tuttavia, grazie alle testimonianze orali dei sacerdoti presenti, viene tuttora ricordata l'osservazione del medico-radiologo Nicola Maggialetti. A prima vista egli attribuì il cranio ad una persona di giovane età, senza fornire ulteriori spiegazioni, anche perché era stato invitato a presenziare in qualità di sindaco di Molfetta.
A conclusione dell'Anno Corradiano nel 2006, il Capitolo Cattedrale deliberò di procedere al restauro del busto argenteo settecentesco insieme al prezioso collare che lo adorna e ai quattro angioletti d'argento posti a decoro della macchina da processione. Gli interventi prevedevano lo smontaggio dei pezzi che compongono il busto argenteo, e, pertanto, si rese necessario asportare la reliquia del cranio dall'antico reliquiario. Per la circostanza, il Capitolo Cattedrale affidò a due specialisti, il prof. Luigi de Palma, ordinario di Ortopedia nell'Università di Ancona, e il dr. Elio Massarelli, medico legale, il compito di esaminare la reliquia e di redigere una formale relazione.
La ricognizione e la temporanea asportazione del cranio del Patrono si svolsero il 4 agosto 2007, nell'aula capitolare della cattedrale, alla presenza del vescovo mons. Luigi Martella, dei canonici e di alcuni invitati, nonché dei due specialisti, i quali procedettero all'esame della reliquia.
Il primo dato emerso ha confermato le osservazioni a proposito del teschio: infatti il cranio attribuito a S. Corrado, dalla forma ovoide "appare piuttosto minuto per un soggetto maschile" e sebbene si tratti di un reperto ben conservato, trapela la sua estrema fragilità. La scatola cranica, inoltre appariva parzialmente integra, mentre la lacuna dell'osso temporale destro e la parte posteriore del parietale destro venivano perfettamente colmate dalle rispettive ossa conservate nell'urna insieme alle reliquie dello scheletro. Anche queste ultime sono state prese in esame unitamente all'osso della mandibola, la quale, è però risultata appartenente ad un soggetto di età avanzata, e quindi non compatibile con il cranio e le ossa somatiche, attribuibili ad un soggetto giovane. Pertanto, de Palma e Massarelli hanno concluso che le ossa custodite nell'urna ed il cranio riposto nel busto-reliquiario (eccetto la mandibola) sono appartenuti ad un giovane adulto di circa 20-25 anni, "età compatibile con quella in cui secondo le cronache sarebbe deceduto San Corrado".
Tratto da:
"La capë dë Sên Ghërrarë. Ricognizione e ostensione del cranio di San Corrado Patrono di Molfetta" di Luigi Michele de Palma
Corrado diventò il nume tutelare dei Molfettesi. Nei momenti di pericolo si ricorreva alla sua intercessione e non si mancava di lodarlo e di rendergli onore. Dal Cinquecento fino al XX secolo si intensificarono le testimonianze di gratitudine da parte dei devoti nei riguardi del Santo, come pure la diffusione della sua immagine. Tuttavia, un'attenzione speciale venne riservata principalmente alle sue reliquie. Esse, infatti, rappresentavano il perdurare della presenza del Santo in seno alla comunità. Tanto i singoli fedeli quanto le autorità civili e religiose gareggiavano nell'attribuire il dovuto onore ai resti mortali del Santo, e si prodigarono per assicurarne la custodia più dignitosa. Nel 1580 venne commissionata una cassa di cristallo che contenesse le reliquie, ma nel 1668 esse risultavano riposte in una cassa di piombo, rivestita in legno, foderata di stoffa dall'esterno, chiusa e sigillata. Ciò nonostante, l'idea di incrementare la visibilità delle reliquie continuò ad essere coltivata. Tuttavia le reliquie restavano occultate dal paliotto mobile dell'altare e soltanto negli anni 1980-1981 mons. Aldo Garzia dispose il trasferimento dell'urna nella cappella dei santi Pietro e Paolo, collocata in modo da rendere permanente la loro pubblica ostensione.
Sorte diversa ebbe la reliquia più insigne del Santo. Il cranio, infatti, veniva custodito in un reliquiario argenteo cefalomorfo, noto in tre versioni, di cui una venne descritta nel 1583, mentre le altre due furono realizzate successivamente durante il XVII secolo. Raramente, al di fuori delle ricorrenze liturgiche, il busto reliquiario veniva mostrato ai fedeli e tanto bastò per dare origine all'espressione vernacolare "Tené còme la capë dë Sên Ghërrarë " per indicare la cura, il rispetto e la venerazione, se non la gelosia, nei riguardi di un oggetto o di una persona.
Le reliquie di S. Corrado, dunque non venivano mostrate di frequente, ciò nonostante non sono noti dubbi espressi sulla loro autenticità prima del XX secolo.
Una pubblica ricognizione delle ossa e sul teschio del Santo fu compiuta nell'antico duomo il 10 luglio 1785, immediatamente prima di dare inizio alla processione con cui le reliquie furono traslate nella nuova cattedrale. Alla ricognizione assistettero numerosi ecclesiastici, i maggiori esponenti delle magistrature locali, nonché "molti cittadini e forestieri".
Nel dicembre del 1831 ci fu una nuova ricognizione, compiuta nel contesto del processo per la canonizzazione equipollente, avviata dal vescovo Filippo Giudice Caracciolo. Venne rilasciato il primo inventario noto delle ossa rinvenute all'interno della doppia cassa di legno e di piombo. Dal referto si evince che non si trattava dei resti integrali di uno scheletro. Mancavano alcuni elementi ossei, fra cui le mani e i piedi, altri apparivano fratturati e corrosi ed altri ancora risultavano non appartenere al medesimo scheletro. Fra questi ultimi erano compresi un osso temporale ed un pezzo del parietale, perciò sorse il sospetto che si trattassero di ossa spurie. Per accertarne l'autenticità i medici chiesero al vescovo di esaminare il cranio contenuto nel busto-reliquiario. Aperto il reliquiario si constatò che la reliquia era priva delle due ossa craniche rinvenute nell'urna, le quali aderivano perfettamente alle cavità del teschio. Pertanto si concluse che entrambe appartenevano al cranio del Santo. Insieme alla scatola cranica, il reliquiario custodiva anche la mandibola. Terminata la ricognizione, la reliquie furono ricollocate nei propri contenitori e sigillate, mentre le ossa giudicate appartenenti ad un altro scheletro vennero conservate separatamente nella stessa cassa delle reliquie ritenute autentiche (è noto che le ossa di un dito del santo sono possedute dalla chiesa madre di Modugno; altre reliquie del Santo sono state inserite in altari di recente consacrazione, ad es. della Madonna della pace in Molfetta ed altre ancora si trovano fuori diocesi. Tuttora una reliquia ossea è conservata insieme al busto-reliquiario e i suoi frammenti sono utilizzati per la consacrazione dei nuovi altari).
Nel dicembre del 1832 si procedette ad una nuova ricognizione delle reliquie, ed il referto degli esperti s'arricchì di alcuni particolari. Mentre venne confermata l'appartenenza delle ossa ad un unico scheletro, gli elementi ossei estranei furono espunti, sigillati e custoditi separatamente. Per il cranio, i medici aggiunsero un indizio significativo:"la dimensione della testa è mediocre" ma non dichiararono la sua incompatibilità con le restanti reliquie.
L'esito della perizia indusse il vescovo Caracciolo a confermale il culto pubblico ininterrottamente prestato alle reliquie di S. Corrado e per dare incremento alla loro venerazione, decise di rendere maggiormente visibile la loro custodia "Si siano date le disposizioni affinché nel Cappellone ove sta riposto si formi quanto prima un decente Altare di marmo, il quale formato e situato, si registri l'intero Deposito, eccetto il Teschio, in un'Urna di legno, o di cipresso, ben ornata, munita di cristalli e situarsi visibile sotto detto Altare".
Il nuovo altare fu realizzato nel 1833 e probabilmente, prima di collocare sotto la mensa delle reliquie, l'11 aprile di quell'anno fu effettuata la terza ricognizione delle ossa. Ventun anni dopo si rese necessario aprire il reliquario per riparare uno dei due cristalli, nel frattempo infrantosi.
La traslazione delle reliquie venne rinnovata nel 1893, quando le ossa del Santo furono collocate nella nuova urna d'argento e di cristallo, fatta realizzare a Napoli dal vescovo Pasquale Corrado. Durante il Novecento, più volte l'urna fu aperta per ripulirla interna,ente e detergete dalla polvere le reliquie. È noto che, nell'aprile del 1960, il cranio del Santo fu asportato per inviare il reliquiario alla mostra dedicata alla "Devozione Bavarese" allestita a Monaco durante il congresso eucaristico internazionale. Dell'avvenimento non si sono trovate testimonianze scritte, sebbene esista documentazione fotografica. Tuttavia, grazie alle testimonianze orali dei sacerdoti presenti, viene tuttora ricordata l'osservazione del medico-radiologo Nicola Maggialetti. A prima vista egli attribuì il cranio ad una persona di giovane età, senza fornire ulteriori spiegazioni, anche perché era stato invitato a presenziare in qualità di sindaco di Molfetta.
A conclusione dell'Anno Corradiano nel 2006, il Capitolo Cattedrale deliberò di procedere al restauro del busto argenteo settecentesco insieme al prezioso collare che lo adorna e ai quattro angioletti d'argento posti a decoro della macchina da processione. Gli interventi prevedevano lo smontaggio dei pezzi che compongono il busto argenteo, e, pertanto, si rese necessario asportare la reliquia del cranio dall'antico reliquiario. Per la circostanza, il Capitolo Cattedrale affidò a due specialisti, il prof. Luigi de Palma, ordinario di Ortopedia nell'Università di Ancona, e il dr. Elio Massarelli, medico legale, il compito di esaminare la reliquia e di redigere una formale relazione.
La ricognizione e la temporanea asportazione del cranio del Patrono si svolsero il 4 agosto 2007, nell'aula capitolare della cattedrale, alla presenza del vescovo mons. Luigi Martella, dei canonici e di alcuni invitati, nonché dei due specialisti, i quali procedettero all'esame della reliquia.
Il primo dato emerso ha confermato le osservazioni a proposito del teschio: infatti il cranio attribuito a S. Corrado, dalla forma ovoide "appare piuttosto minuto per un soggetto maschile" e sebbene si tratti di un reperto ben conservato, trapela la sua estrema fragilità. La scatola cranica, inoltre appariva parzialmente integra, mentre la lacuna dell'osso temporale destro e la parte posteriore del parietale destro venivano perfettamente colmate dalle rispettive ossa conservate nell'urna insieme alle reliquie dello scheletro. Anche queste ultime sono state prese in esame unitamente all'osso della mandibola, la quale, è però risultata appartenente ad un soggetto di età avanzata, e quindi non compatibile con il cranio e le ossa somatiche, attribuibili ad un soggetto giovane. Pertanto, de Palma e Massarelli hanno concluso che le ossa custodite nell'urna ed il cranio riposto nel busto-reliquiario (eccetto la mandibola) sono appartenuti ad un giovane adulto di circa 20-25 anni, "età compatibile con quella in cui secondo le cronache sarebbe deceduto San Corrado".
Tratto da:
"La capë dë Sên Ghërrarë. Ricognizione e ostensione del cranio di San Corrado Patrono di Molfetta" di Luigi Michele de Palma