Viva la storia di Molfetta!
Cala San Giacomo, la Secca dei Pali, "la scogliera delle monacelle": storia del porto di Molfetta
Tante le vicissitudini e gli aneddoti
lunedì 28 maggio 2018
Le origini del nostro porto si perdono, per così dire, nella notte dei tempi.
La naturale insenatura della cala o baia di S. Giacomo a ponente, fornì ad esempio comodo ancoraggio ai legni molfettesi e forestieri ed agevole scalo anche nelle navi dei Crociati durante l'epoca medioevale. Oltre ad altri approdi provvisori, come ad esempio la secca dei pali, il primo porto artificiale di Molfetta, fu tuttavia, successivamente, un piccolo specchio d'acqua vicino all'antico Duomo.
Era in origine una scogliera che iniziava dalle sporgenze del Duomo, si allungava per centinaio di metri, con leggero profilo arcuato verso ponente, e forniva un buon riparo. Si ignora quando detto porticciolo fu costruito: sembra comunque, che già dal X secolo i naviganti preferirono questo approdo. Aveva una piccola torre di vedetta, ed accolse velieri delle città dell'Adriatico, del Tirreno e d'altri mari, che con Molfetta ebbero rapporti di commercio, oltre alle barche locali dedite alla pesca.
Verso il 1550 Carlo V ordinò l'esecuzione di alcuni lavori di riparazione necessari al piccolo porto per l'ancoraggio del naviglio dei dipartimenti di Molfetta, di Trieste e Fiume, nonché dell'opposta riva dell'Adriatico; sembra accertato che, successivamente, la nostra città aveva un molo capace di poter caricare 4 vascelli insieme e «contava ben 30 grandi bastimenti coi quali commerciava in olio, mandorle e vino con Trieste, Venezia, Genova, Ferrara e Dalmazia, oltre 100 barche da pesca».
Nel 1824, a seguito delle continue richieste della marineria locale, il Comune di Molfetta commissionò a Francesco Sponsilli, ex tenente del Genio, il progetto di un porto. Dopo accurato sopralluogo alla rada antistante l'antico Seminario,con la consulenza dello scienziato Giuseppe Maria Giovene, lo Sponsilli preparò un progetto corredato dai relativi disegni. La spesa fu preventivata in 31.000 ducati. Il progetto di Sponsilli prevedeva la costruzione di due bracci a protezione dai venti di Tramontana e Greco-Levante. Su quello esterno era prevista la costruzione del faro e di alcuni ambienti ad uso di Lazzaretto, per la quarantena dei marinai.
Nel 1825 l'ing. Gabriele de Tomasi, per migliorare la fattibilità del progetto dello Sponsilli, apportò alcune modifiche che comportarono l'aumento di spesa a 55.000 ducati. Il Governo Municipale e le classi imprenditoriali molfettesi, per reperire l'ingente somma, stabilirono di comune accordo l'introduzione di nuove tasse. Ci fu anche il libero concorso di Enti religiosi locali.
Nel 1841 il progetto definitivo del de Tomasi fu approvato e finalmente nel gennaio 1844 si diede inizio ai lavori di preparazione. Sotto l'amministrazione di Angelo Fraggiacomo (Sindaco di Molfetta dal 1839 al 1849), furono costruiti i primi due molti staccati chiamati "San Corrado" e "San Michele". Per la posa della prima pietra si scelse il 30 maggio 1844, giorno dell'onomastico di re Ferdinando. I lavori previsti terminarono nel 1846. Nel mese di maggio del 1848 re Ferdinando II, passando per Molfetta, compiaciuto dell'opera eseguita, approvò un progetto suppletivo per la continuazione e il completamento delle opere eseguite fino ad allora. Il 12 maggio 1857 fu acceso l'attuale faro, il più antico della Puglia, e che andava ad olio prima che fosse elettrificato. Nel 1853 era stato innalzato all'estremità orientale del molo di S. Michele, ma la posizione non fu ritenuta sicura a causa del forte vento, quindi venne scomposto e ricostruito nella sua attuale posizione.
Con la costruzione del nuovo porto, il flusso commerciale crebbe enormemente, tanto che il 18 giugno del 1882, alla presenza di Alfredo Baccarini, Ministro dei Lavori Pubblici, fu avviato l'ampliamento del porto, consistente nel congiungimento dei due moli, di San Corrado e San Michele, alla città, e nella costruzione del molo foraneo, dal Faro in fuori.
A causa del progressivo, naturale interramento della cala dei Pali, si avvertì la necessità di costruire a ponente una diga congiunta alla terra, denominata "Pennello di Ponente", per l'ormeggio del naviglio peschereccio. Per effetto di alcune eccezionali mareggiate verificatesi negli anni 1919, 1925 e 1949, si manifestò l'insicurezza del porto particolarmente esposto ai venti di tramontana: molte barche ruppero gli ormeggi, entrarono in collisione ed affondarono. Da ciò prese l'avvio di realizzazione di un progetto per costruire una diga di protezione e per procedere allo smantellamento della scogliera delle monacelle, una specie di secca, antistante quasi tutta la zona della spiaggia "Maddalena", adibita a cantieri navali.
A detta scogliera è legata una antichissima leggenda, appresa dai nostri avi, secondo la quale sulla "scogliera delle monacelle" esisteva un convento di suore di clausura. Una notte un veliero turco, che si aggirava nei pressi, venne avvistato da navi veneziane per cui l'equipaggio, per sfuggire alla cattura, pensò di nascondersi nello specchio d'acqua dietro tale convento. Ma, per evitare la resa completa, dopo aver affondato il legno, i turchi vi si rifugiarono, abusando delle suore indifese. Quando i cittadini vennero a conoscenza della vicenda, distrussero il convento massacrando turchi e suore.
Notizie e fonti storiche tratte da: "Molfetta tra passato e presente" di Gerardo de Marco e "Il Porto di Molfetta" articolo a cura dell'Archeoclub di Molfetta.
La naturale insenatura della cala o baia di S. Giacomo a ponente, fornì ad esempio comodo ancoraggio ai legni molfettesi e forestieri ed agevole scalo anche nelle navi dei Crociati durante l'epoca medioevale. Oltre ad altri approdi provvisori, come ad esempio la secca dei pali, il primo porto artificiale di Molfetta, fu tuttavia, successivamente, un piccolo specchio d'acqua vicino all'antico Duomo.
Era in origine una scogliera che iniziava dalle sporgenze del Duomo, si allungava per centinaio di metri, con leggero profilo arcuato verso ponente, e forniva un buon riparo. Si ignora quando detto porticciolo fu costruito: sembra comunque, che già dal X secolo i naviganti preferirono questo approdo. Aveva una piccola torre di vedetta, ed accolse velieri delle città dell'Adriatico, del Tirreno e d'altri mari, che con Molfetta ebbero rapporti di commercio, oltre alle barche locali dedite alla pesca.
Verso il 1550 Carlo V ordinò l'esecuzione di alcuni lavori di riparazione necessari al piccolo porto per l'ancoraggio del naviglio dei dipartimenti di Molfetta, di Trieste e Fiume, nonché dell'opposta riva dell'Adriatico; sembra accertato che, successivamente, la nostra città aveva un molo capace di poter caricare 4 vascelli insieme e «contava ben 30 grandi bastimenti coi quali commerciava in olio, mandorle e vino con Trieste, Venezia, Genova, Ferrara e Dalmazia, oltre 100 barche da pesca».
Nel 1824, a seguito delle continue richieste della marineria locale, il Comune di Molfetta commissionò a Francesco Sponsilli, ex tenente del Genio, il progetto di un porto. Dopo accurato sopralluogo alla rada antistante l'antico Seminario,con la consulenza dello scienziato Giuseppe Maria Giovene, lo Sponsilli preparò un progetto corredato dai relativi disegni. La spesa fu preventivata in 31.000 ducati. Il progetto di Sponsilli prevedeva la costruzione di due bracci a protezione dai venti di Tramontana e Greco-Levante. Su quello esterno era prevista la costruzione del faro e di alcuni ambienti ad uso di Lazzaretto, per la quarantena dei marinai.
Nel 1825 l'ing. Gabriele de Tomasi, per migliorare la fattibilità del progetto dello Sponsilli, apportò alcune modifiche che comportarono l'aumento di spesa a 55.000 ducati. Il Governo Municipale e le classi imprenditoriali molfettesi, per reperire l'ingente somma, stabilirono di comune accordo l'introduzione di nuove tasse. Ci fu anche il libero concorso di Enti religiosi locali.
Nel 1841 il progetto definitivo del de Tomasi fu approvato e finalmente nel gennaio 1844 si diede inizio ai lavori di preparazione. Sotto l'amministrazione di Angelo Fraggiacomo (Sindaco di Molfetta dal 1839 al 1849), furono costruiti i primi due molti staccati chiamati "San Corrado" e "San Michele". Per la posa della prima pietra si scelse il 30 maggio 1844, giorno dell'onomastico di re Ferdinando. I lavori previsti terminarono nel 1846. Nel mese di maggio del 1848 re Ferdinando II, passando per Molfetta, compiaciuto dell'opera eseguita, approvò un progetto suppletivo per la continuazione e il completamento delle opere eseguite fino ad allora. Il 12 maggio 1857 fu acceso l'attuale faro, il più antico della Puglia, e che andava ad olio prima che fosse elettrificato. Nel 1853 era stato innalzato all'estremità orientale del molo di S. Michele, ma la posizione non fu ritenuta sicura a causa del forte vento, quindi venne scomposto e ricostruito nella sua attuale posizione.
Con la costruzione del nuovo porto, il flusso commerciale crebbe enormemente, tanto che il 18 giugno del 1882, alla presenza di Alfredo Baccarini, Ministro dei Lavori Pubblici, fu avviato l'ampliamento del porto, consistente nel congiungimento dei due moli, di San Corrado e San Michele, alla città, e nella costruzione del molo foraneo, dal Faro in fuori.
A causa del progressivo, naturale interramento della cala dei Pali, si avvertì la necessità di costruire a ponente una diga congiunta alla terra, denominata "Pennello di Ponente", per l'ormeggio del naviglio peschereccio. Per effetto di alcune eccezionali mareggiate verificatesi negli anni 1919, 1925 e 1949, si manifestò l'insicurezza del porto particolarmente esposto ai venti di tramontana: molte barche ruppero gli ormeggi, entrarono in collisione ed affondarono. Da ciò prese l'avvio di realizzazione di un progetto per costruire una diga di protezione e per procedere allo smantellamento della scogliera delle monacelle, una specie di secca, antistante quasi tutta la zona della spiaggia "Maddalena", adibita a cantieri navali.
A detta scogliera è legata una antichissima leggenda, appresa dai nostri avi, secondo la quale sulla "scogliera delle monacelle" esisteva un convento di suore di clausura. Una notte un veliero turco, che si aggirava nei pressi, venne avvistato da navi veneziane per cui l'equipaggio, per sfuggire alla cattura, pensò di nascondersi nello specchio d'acqua dietro tale convento. Ma, per evitare la resa completa, dopo aver affondato il legno, i turchi vi si rifugiarono, abusando delle suore indifese. Quando i cittadini vennero a conoscenza della vicenda, distrussero il convento massacrando turchi e suore.
Notizie e fonti storiche tratte da: "Molfetta tra passato e presente" di Gerardo de Marco e "Il Porto di Molfetta" articolo a cura dell'Archeoclub di Molfetta.