Parola al Fisioterapista
La sindrome del tunnel carpale
Diagnosi e rimedi per una patologia piuttosto diffusa
domenica 11 ottobre 2015
La sindrome del tunnel carpale è la più conosciuta fra le neuropatie periferiche. Dal punto di vista anatomico il tunnel carpale è un piccolo passaggio a livello del polso, costituito dal legamento carpale e le ossa che sono alla base della mano (ossa carpali o del carpo), passaggio attraverso il quale decorre il nervo mediano deputato ad innervare il palmo della mano e le prime quattro dita (mignolo escluso).
I sintomi più comuni sono: iniziale formicolio al polso irradiato soprattutto alle prime tre dita. Quando i sintomi si aggravano ed il dolore aumenta, l'irradiazione degli stessi si estende anche all'avambraccio con perdita della forza e intorpidimento. Le cause sono spesso la combinazione di più fattori, come avviene nel caso di certe professioni con attività manuali (scalpellini, muratori, carpentieri, falegnami, operai in genere, ecc.), i microtraumi ed i traumi diretti (ferite, distorsioni e/o fratture) possono compromettere una regolare funzionalità del polso. Esistono anche dei fattori congeniti in cui il tunnel carpale risulta più stretto della norma. Quest'area anatomica del polso, se sottoposta a stress meccanici, si predispone ad usura e/o deterioramento precoce. Le disfunzioni ormonali (tiroide), il diabete, l'artrite reumatoide, ritenzione idrica durante la gravidanza, la menopausa sono altre concause che predispongono l'instaurarsi della patologia.
Diagnosi - La sindrome di solito si manifesta negli adulti che abbiano superato i 45-50 anni d'età ed in maggior percentuale nelle donne, con interessamento della mano dominante. La diagnosi e cura precoce sono importanti onde evitare danni permanenti al nervo mediano. Un esame fisico di mani, braccia, spalle e collo può contribuire ad escludere che possa trattarsi di altri disturbi come la cervico-brachialgia, la stiloidite del radio, la tendinopatia dei flessori del polso, ecc. Nell'esame diagnostico viene valutata la dolorabilità del polso, il gonfiore, la mobilità, la forza e la sensibilità più o meno ridotta delle dita. Viene eseguita una leggera pressione sulla parte palmare del polso in corrispondenza del nervo mediano per constatare se il paziente avverte una sensazione di formicolio o scossa (test di Tinel). Invece con il test di Phanel si chiede al paziente di congiungere le mani dorsalmente con le dita rivolte verso il basso, premendo il dorso delle mani una contro l'altro. Il test risulterà positivo quando, entro un minuto, il paziente avvertirà formicolio ed intorpidimento crescente. Per avvallare i test diagnostici, insieme alla radiografia, ecografia e risonanza magnetica, ci si avvale anche di un esame specifico strumentale come l'elettromiografia. Attraverso questo esame si può valutare la gravità del danno biologico del nervo mediano. L'ecografia e/o la RM consentiranno allo specialista una valutazione più dettagliata del danno anatomo-funzionale e per il Fisioterapista la possibilità di predisporre un protocollo fisioterapico e riabilitativo il più consono possibile alle condizioni e necessità del caso.
Cura e terapia - Le cure dovrebbero iniziare il prima possibile per scongiurare una lesione irreversibile del nervo mediale. Inizialmente ci si adopera tenendo a riposo mano e polso per almeno 2 settimane evitando tutte quelle attività che potrebbero peggiorare il quadro clinico. Sarebbe utile immobilizzare la parte con un tutore (polsiera), in modo da proteggerla da ulteriori e inopportuni traumi accidentali. Se la parte è particolarmente infiammata si possono praticare applicazioni di ghiaccio per lenire dolore e gonfiore. I farmaci antinfiammatori non steroidei, come ad esempio l'aspirina, l'ibuprofene (Moment, Nurofen, Antalgil, Buscofen, ecc.) e altri analgesici senza l'obbligo di ricetta, possono alleviare i sintomi presenti da poco tempo o causati da un'attività molto intensa. I diuretici possono ridurre il gonfiore, mentre i farmaci corticosteroidei come la lidocaina, iniettata direttamente nel polso oppure assunta per via orale, possono alleviare la compressione sul nervo mediano e dare sollievo immediato anche se temporaneo. È importante sapere che i diabetici non dovrebbero assumere farmaci cortisonici o comunque a discrezione e sotto stretto controllo medico. Alcune ricerche hanno evidenziato che un maggior apporto di vitamina B6 (la piridossina, come per esempio Benadon compresse) può alleviare i sintomi.
Terapia chirurgica - L'intervento chirurgico e consigliato a quei soggetti che sono affetti da più di 6 mesi dal disturbo e che consiste nel recidere la fascia di quei tessuti intorno al nervo per ridurre la compressione. Viene eseguito in anestesia locale e si viene dimessi in giornata. Oppure attraverso la tecnica endoscopica (meno invasiva della tradizionale tecnica chirurgica) si recide il legamento carpale che consente quindi una più rapida ripresa alla normalità con minori disagi post operatori. Non si avranno grosse e antiestetiche cicatrici, senza trascurare il fatto che queste possano creare aderenze nella fase delle guarigione. Anche se non sempre, dopo l'intervento, il paziente dovrà sottoporsi ad un ciclo di fisioterapia per recuperare forza ed elasticità a mano e polso, per ridurre l'edema post chirurgico, per scongiurare aderenze cicatriziali che potrebbero compromettere il buon esito della terapia chirurgica. Mobilitandosi precocemente e preventivamente può essere scongiurato anche l'intervento chirurgico, sottoponendosi a cicli di fisioterapia nei quali saranno fatti eseguire esercizi di stretching, rinforzo dei muscoli della mano. Fisioterapia strumentale con: Tens, Jonoforesi, Laser, Ultrasuoni, correnti galvaniche. Le recidive sono rare e dopo circa 6 mesi la maggior parte dei pazienti si riprende completamente.
Prevenzione - Soprattutto per coloro i quali esercitano mansioni lavorative in cui si richiede un continuo e incessante stress articolare di mani e polsi, sarebbe opportuno eseguire esercizi di stretching prima, durante e dopo le ore lavorative con frequenti e brevi pause; nel limite del possibile usare polsiere rigide pur ché si evitino movimenti estremi e/o inconsulti consentendo oltre modo una postura più corretta. Le postazioni di lavoro, gli strumenti, le mansioni, potrebbero essere riprogettate per consentire un più corretto e meno stressante utilizzo di mani e polsi. Adoperarsi in questi termini consentirebbe al lavoratore di non assentarsi spesso e/o per tempi lunghi, riducendo i costi sanitari e aziendali. Le varie mansioni possono essere distribuite a turno tra i dipendenti. I datori di lavoro possono sviluppare programmi di ergonomia che consisterebbero nell'adattare al meglio le condizioni del luogo di lavoro. Ma ciò non basta perché ognuno deve essere capace di sapersi gestire nella vita quotidiana con una sana alimentazione e stile di vita.
I sintomi più comuni sono: iniziale formicolio al polso irradiato soprattutto alle prime tre dita. Quando i sintomi si aggravano ed il dolore aumenta, l'irradiazione degli stessi si estende anche all'avambraccio con perdita della forza e intorpidimento. Le cause sono spesso la combinazione di più fattori, come avviene nel caso di certe professioni con attività manuali (scalpellini, muratori, carpentieri, falegnami, operai in genere, ecc.), i microtraumi ed i traumi diretti (ferite, distorsioni e/o fratture) possono compromettere una regolare funzionalità del polso. Esistono anche dei fattori congeniti in cui il tunnel carpale risulta più stretto della norma. Quest'area anatomica del polso, se sottoposta a stress meccanici, si predispone ad usura e/o deterioramento precoce. Le disfunzioni ormonali (tiroide), il diabete, l'artrite reumatoide, ritenzione idrica durante la gravidanza, la menopausa sono altre concause che predispongono l'instaurarsi della patologia.
Diagnosi - La sindrome di solito si manifesta negli adulti che abbiano superato i 45-50 anni d'età ed in maggior percentuale nelle donne, con interessamento della mano dominante. La diagnosi e cura precoce sono importanti onde evitare danni permanenti al nervo mediano. Un esame fisico di mani, braccia, spalle e collo può contribuire ad escludere che possa trattarsi di altri disturbi come la cervico-brachialgia, la stiloidite del radio, la tendinopatia dei flessori del polso, ecc. Nell'esame diagnostico viene valutata la dolorabilità del polso, il gonfiore, la mobilità, la forza e la sensibilità più o meno ridotta delle dita. Viene eseguita una leggera pressione sulla parte palmare del polso in corrispondenza del nervo mediano per constatare se il paziente avverte una sensazione di formicolio o scossa (test di Tinel). Invece con il test di Phanel si chiede al paziente di congiungere le mani dorsalmente con le dita rivolte verso il basso, premendo il dorso delle mani una contro l'altro. Il test risulterà positivo quando, entro un minuto, il paziente avvertirà formicolio ed intorpidimento crescente. Per avvallare i test diagnostici, insieme alla radiografia, ecografia e risonanza magnetica, ci si avvale anche di un esame specifico strumentale come l'elettromiografia. Attraverso questo esame si può valutare la gravità del danno biologico del nervo mediano. L'ecografia e/o la RM consentiranno allo specialista una valutazione più dettagliata del danno anatomo-funzionale e per il Fisioterapista la possibilità di predisporre un protocollo fisioterapico e riabilitativo il più consono possibile alle condizioni e necessità del caso.
Cura e terapia - Le cure dovrebbero iniziare il prima possibile per scongiurare una lesione irreversibile del nervo mediale. Inizialmente ci si adopera tenendo a riposo mano e polso per almeno 2 settimane evitando tutte quelle attività che potrebbero peggiorare il quadro clinico. Sarebbe utile immobilizzare la parte con un tutore (polsiera), in modo da proteggerla da ulteriori e inopportuni traumi accidentali. Se la parte è particolarmente infiammata si possono praticare applicazioni di ghiaccio per lenire dolore e gonfiore. I farmaci antinfiammatori non steroidei, come ad esempio l'aspirina, l'ibuprofene (Moment, Nurofen, Antalgil, Buscofen, ecc.) e altri analgesici senza l'obbligo di ricetta, possono alleviare i sintomi presenti da poco tempo o causati da un'attività molto intensa. I diuretici possono ridurre il gonfiore, mentre i farmaci corticosteroidei come la lidocaina, iniettata direttamente nel polso oppure assunta per via orale, possono alleviare la compressione sul nervo mediano e dare sollievo immediato anche se temporaneo. È importante sapere che i diabetici non dovrebbero assumere farmaci cortisonici o comunque a discrezione e sotto stretto controllo medico. Alcune ricerche hanno evidenziato che un maggior apporto di vitamina B6 (la piridossina, come per esempio Benadon compresse) può alleviare i sintomi.
Terapia chirurgica - L'intervento chirurgico e consigliato a quei soggetti che sono affetti da più di 6 mesi dal disturbo e che consiste nel recidere la fascia di quei tessuti intorno al nervo per ridurre la compressione. Viene eseguito in anestesia locale e si viene dimessi in giornata. Oppure attraverso la tecnica endoscopica (meno invasiva della tradizionale tecnica chirurgica) si recide il legamento carpale che consente quindi una più rapida ripresa alla normalità con minori disagi post operatori. Non si avranno grosse e antiestetiche cicatrici, senza trascurare il fatto che queste possano creare aderenze nella fase delle guarigione. Anche se non sempre, dopo l'intervento, il paziente dovrà sottoporsi ad un ciclo di fisioterapia per recuperare forza ed elasticità a mano e polso, per ridurre l'edema post chirurgico, per scongiurare aderenze cicatriziali che potrebbero compromettere il buon esito della terapia chirurgica. Mobilitandosi precocemente e preventivamente può essere scongiurato anche l'intervento chirurgico, sottoponendosi a cicli di fisioterapia nei quali saranno fatti eseguire esercizi di stretching, rinforzo dei muscoli della mano. Fisioterapia strumentale con: Tens, Jonoforesi, Laser, Ultrasuoni, correnti galvaniche. Le recidive sono rare e dopo circa 6 mesi la maggior parte dei pazienti si riprende completamente.
Prevenzione - Soprattutto per coloro i quali esercitano mansioni lavorative in cui si richiede un continuo e incessante stress articolare di mani e polsi, sarebbe opportuno eseguire esercizi di stretching prima, durante e dopo le ore lavorative con frequenti e brevi pause; nel limite del possibile usare polsiere rigide pur ché si evitino movimenti estremi e/o inconsulti consentendo oltre modo una postura più corretta. Le postazioni di lavoro, gli strumenti, le mansioni, potrebbero essere riprogettate per consentire un più corretto e meno stressante utilizzo di mani e polsi. Adoperarsi in questi termini consentirebbe al lavoratore di non assentarsi spesso e/o per tempi lunghi, riducendo i costi sanitari e aziendali. Le varie mansioni possono essere distribuite a turno tra i dipendenti. I datori di lavoro possono sviluppare programmi di ergonomia che consisterebbero nell'adattare al meglio le condizioni del luogo di lavoro. Ma ciò non basta perché ognuno deve essere capace di sapersi gestire nella vita quotidiana con una sana alimentazione e stile di vita.