In punta di penna
Sale la febbre «Rosa»
Il giro delle buone intenzioni
lunedì 5 maggio 2014
8.23
Siamo alla vigilia del Giro d'Italia. La «carovana rosa» attraverserà le città di Giovinazzo, Molfetta, Bitonto e Bari nella giornata del 13 maggio. Le amministrazioni comunali hanno pensato bene di realizzare tante manifestazioni collaterali per salutare non tanto i «girini» quanto i tanti appassionati di bicicletta, i tifosi, e i semplici curiosi che affolleranno le strade della IV tappa, la Giovinazzo – Bari. «Una occasione di promozione del territorio» si sono affrettati a dire all'unisono i quatto sindaci delle città coinvolte.
E tutti, grazie al «Giro» ad immaginare una mobilità più sostenibile. «Molfetta entra nel giro perché vuole mettere due ruote sulla strada della mobilità sostenibile – ha dichiarato Paola Natalicchio attraverso le pagine di un "free press" dato alle stampe proprio per l'occasione – La bicicletta porta con se un messaggio potente di sostenibilità, è il simbolo di uno stile di vita responsabile che dobbiamo sempre più promuovere». Stili di vita responsabili, sostenibilità. A volte sono parole che fanno solo sognare. Così come fanno sognare i centri delle città sgombri da auto in transito e in sosta. Sogni che, come tutti i sogni, spesso svaniscono con l'alba. Perché i sogni si avverino, deve cambiare la cultura, deve cambiare la sensibilità di ognuno. E le istituzioni devono fare la loro parte. Non bastano gli interventi nelle scuole per tentare di educare alunni e studenti alla mobilità sostenibile, lo stanno facendo a Molfetta come nelle altre città coinvolte dal Giro. Non bastano le piste ciclabili, una è stata approvata e finanziata per collegare la stazione ferroviaria alle scuole superiori. E altre se ne faranno.
Ma quanto è difficile. Le nostre strade sono strette, ridurre ancora le carreggiate richiede uno sforzo progettuale di non poco conto. A cominciare dall'eliminazione dei parcheggi per far posto appunto alle piste ciclabili. Le automobili, purtroppo, non si possono cancellare con un colpo di spugna. Perché poi le nuove zone di espansione, i vari «Pug»,i piani regolatori e di lottizzazione, nascono tutti senza mai prevedere le piste ciclabili? Perché i politici e i tecnici comunali si affrettano a mettere il proprio timbro su progetti che rubano spazio alla mobilità sostenibile, che non prevedono in partenza le piste ciclabili, le aree verdi, i parcheggi di interscambio?
Ecco, la cultura dovrebbe cominciare a cambiare proprio da questo. Dall'immaginare piani urbanistici con meno cemento e con più qualità della vita. Fin da bambini, tutti, abbiamo avuto una bicicletta in regalo. Ci siamo sforzati di imparare a pedalare, siamo caduti, ci siamo graffiati. Per accorgerci, poi, che spazi per le biciclette nelle città non esistono. Le due ruote non si possono usare neanche nei giardini pubblici, dove spesso campeggia un segnale di divieto. Il Giro d'Italia in fondo è come il vento che passa. Una folata, pochi muniti e tutto finisce. Poi rimane il traffico di sempre, rimangono gli ingorghi agli incroci, le code, le difficoltà di parcheggio.
E tutti, grazie al «Giro» ad immaginare una mobilità più sostenibile. «Molfetta entra nel giro perché vuole mettere due ruote sulla strada della mobilità sostenibile – ha dichiarato Paola Natalicchio attraverso le pagine di un "free press" dato alle stampe proprio per l'occasione – La bicicletta porta con se un messaggio potente di sostenibilità, è il simbolo di uno stile di vita responsabile che dobbiamo sempre più promuovere». Stili di vita responsabili, sostenibilità. A volte sono parole che fanno solo sognare. Così come fanno sognare i centri delle città sgombri da auto in transito e in sosta. Sogni che, come tutti i sogni, spesso svaniscono con l'alba. Perché i sogni si avverino, deve cambiare la cultura, deve cambiare la sensibilità di ognuno. E le istituzioni devono fare la loro parte. Non bastano gli interventi nelle scuole per tentare di educare alunni e studenti alla mobilità sostenibile, lo stanno facendo a Molfetta come nelle altre città coinvolte dal Giro. Non bastano le piste ciclabili, una è stata approvata e finanziata per collegare la stazione ferroviaria alle scuole superiori. E altre se ne faranno.
Ma quanto è difficile. Le nostre strade sono strette, ridurre ancora le carreggiate richiede uno sforzo progettuale di non poco conto. A cominciare dall'eliminazione dei parcheggi per far posto appunto alle piste ciclabili. Le automobili, purtroppo, non si possono cancellare con un colpo di spugna. Perché poi le nuove zone di espansione, i vari «Pug»,i piani regolatori e di lottizzazione, nascono tutti senza mai prevedere le piste ciclabili? Perché i politici e i tecnici comunali si affrettano a mettere il proprio timbro su progetti che rubano spazio alla mobilità sostenibile, che non prevedono in partenza le piste ciclabili, le aree verdi, i parcheggi di interscambio?
Ecco, la cultura dovrebbe cominciare a cambiare proprio da questo. Dall'immaginare piani urbanistici con meno cemento e con più qualità della vita. Fin da bambini, tutti, abbiamo avuto una bicicletta in regalo. Ci siamo sforzati di imparare a pedalare, siamo caduti, ci siamo graffiati. Per accorgerci, poi, che spazi per le biciclette nelle città non esistono. Le due ruote non si possono usare neanche nei giardini pubblici, dove spesso campeggia un segnale di divieto. Il Giro d'Italia in fondo è come il vento che passa. Una folata, pochi muniti e tutto finisce. Poi rimane il traffico di sempre, rimangono gli ingorghi agli incroci, le code, le difficoltà di parcheggio.