In punta di penna
Posto di lavoro o figlio in arrivo: l'assurda alternativa
Menzogne e ipocrisie durante i colloqui di lavoro
venerdì 28 agosto 2015
7.50
Forse sì o forse no. Echeggia la stessa risposta laconica sentita in bocca ad una guida turistica al di là dell'oceano. Chiosava così di fronte ad alcune domande banali o senza senso. "Pioverà oggi? Ci saranno le alghe?" Quella risposta sarcastica, pronunciata con un tono di voce alto e quasi insopportabile, sarebbe il caso che riuscissero a pronunciarla molte donne anche, qui, a casa. Specialmente durante i colloqui di lavoro, quando, ormai alla fine della conversazione, l'imprenditore o il responsabile di turno, pone la fatidica domanda: "hai intenzione di avere un figlio?"
Perché mai una donna dovrebbe rivelarlo al primo sconosciuto? Forse non ha nessuna intenzione di avere un bambino oppure ne vorrebbe avere tantissimi, tutti con uomini diversi; ma questo dovrebbe interessare al datore di lavoro?
E la situazione si ripete quando a candidarsi è una donna coniugata: "Da quanto sei sposata? Allora presto vorrai un bambino!" "E se non ne potessi avere? Se avessi scelto di posticipare questa esperienza straordinaria?" La gravidanza non è un appuntamento a cui ci si vede obbligatoriamente presentare. È una scelta, più o meno consapevole. Si può desiderare un figlio oppure no, ma non si può costringere una donna a mentire. Non ci vuole poi tanto. Basta negare.
Eppure alle donne riesce così difficile. Perché c'è il timore che quel bambino, non ancora concepito e forse vivo solo nelle intenzioni, possa ascoltare e soffrirne. Sopravvivono i retaggi di una superstizione antica, quella secondo la quale basta nominare una cosa perché avvenga. E allora un "no" significherebbe soffocare il desiderio di maternità che già ci anima.
"Ah, vi prego, non mi parlate più di quella persona! Ha messo in mezzo il sindacato per avere diritto alla maternità!" Che poi, bisognerebbe spiegare ad alcuni datori di lavoro molfettesi, avvezzi a questa pratica, il congedo di maternità è un diritto per tutte le donne; la legge non dichiara che fanno eccezione solo le loro dipendenti! In una società come la nostra in cui la maggior parte del sesso femminile lavora o è in cerca di occupazione, è fondamentale che ci sia posto anche per le mamme. Perché colmano la casa di amore, moltiplicano i sorrisi della famiglia e di chi le guarda giocare con il loro bimbo, rendendo, inoltre, un po' meno cinica la vita di tutti.
Forse, bisognerebbe solo provare a cambiare punto di vista. Quei mesi di assenza dal proprio impiego, potrebbero essere compensati da un rinnovato desiderio di farcela, di tornare a lavorare al meglio, per garantire un ottimo futuro al figlio. Garantire un'occupazione alle mamme è sicuramente la cosa più responsabile che un imprenditore possa fare. Quindi inutile chiedere alle future commesse se vogliono avere un figlio. Forse lo avranno. O forse no. Di sicuro, il futuro datore di lavoro, non c'entra un fico secco.
Perché mai una donna dovrebbe rivelarlo al primo sconosciuto? Forse non ha nessuna intenzione di avere un bambino oppure ne vorrebbe avere tantissimi, tutti con uomini diversi; ma questo dovrebbe interessare al datore di lavoro?
E la situazione si ripete quando a candidarsi è una donna coniugata: "Da quanto sei sposata? Allora presto vorrai un bambino!" "E se non ne potessi avere? Se avessi scelto di posticipare questa esperienza straordinaria?" La gravidanza non è un appuntamento a cui ci si vede obbligatoriamente presentare. È una scelta, più o meno consapevole. Si può desiderare un figlio oppure no, ma non si può costringere una donna a mentire. Non ci vuole poi tanto. Basta negare.
Eppure alle donne riesce così difficile. Perché c'è il timore che quel bambino, non ancora concepito e forse vivo solo nelle intenzioni, possa ascoltare e soffrirne. Sopravvivono i retaggi di una superstizione antica, quella secondo la quale basta nominare una cosa perché avvenga. E allora un "no" significherebbe soffocare il desiderio di maternità che già ci anima.
"Ah, vi prego, non mi parlate più di quella persona! Ha messo in mezzo il sindacato per avere diritto alla maternità!" Che poi, bisognerebbe spiegare ad alcuni datori di lavoro molfettesi, avvezzi a questa pratica, il congedo di maternità è un diritto per tutte le donne; la legge non dichiara che fanno eccezione solo le loro dipendenti! In una società come la nostra in cui la maggior parte del sesso femminile lavora o è in cerca di occupazione, è fondamentale che ci sia posto anche per le mamme. Perché colmano la casa di amore, moltiplicano i sorrisi della famiglia e di chi le guarda giocare con il loro bimbo, rendendo, inoltre, un po' meno cinica la vita di tutti.
Forse, bisognerebbe solo provare a cambiare punto di vista. Quei mesi di assenza dal proprio impiego, potrebbero essere compensati da un rinnovato desiderio di farcela, di tornare a lavorare al meglio, per garantire un ottimo futuro al figlio. Garantire un'occupazione alle mamme è sicuramente la cosa più responsabile che un imprenditore possa fare. Quindi inutile chiedere alle future commesse se vogliono avere un figlio. Forse lo avranno. O forse no. Di sicuro, il futuro datore di lavoro, non c'entra un fico secco.