In punta di penna
I «peccati» del petrolio
Dal sogno milionario all’amara realtà
martedì 17 giugno 2014
7.25
Tutto è nelle mani del Ministero per lo sviluppo. L'avvallo per le ricerche di petrolio nel nostro mare sarebbe il suo. Peccato però che non si sia mai dotato di un piano per lo sviluppo energetico. Peccato anche che il Ministero dell'ambiente stia chiudendo un occhio, ma forse tutti e due, sui danni che le prospezioni marine richieste dalla «Global Petrolium», società australiana con sede a Londra, potrebbero provocare ad un mare chiuso come l'Adriatico. Peccato ancora che il Ministero della Difesa faccia finta di non sapere che al largo delle nostre coste giacciano migliaia di ordigni bellici, anche all'iprite, che potrebbero essere causa di seri problemi se innescate dalle trivellazioni o solo dagli scanner che dovrebbero rilevare i fondali per rappresentarli su carta in tre dimensioni. Peccato per l'ecosistema marino già sufficientemente precario, già saccheggiato a sufficienza e che chiede solo di «respirare». E peccato pure per quella moratoria internazionale chiesta proprio dall'Italia a difesa dell'Adriatico, a quanto pare dimenticata. E in tutta questa confusione, forse anche omissioni, con le responsabilità che coinvolgono diverse istituzioni, le multinazionali del petrolio vanno a nozze.
È stato facile per loro chiedere le autorizzazioni per «sondare» il mare. Sapevano di poter ottenere i permessi, nonostante il Ministro per l'ambiente abbia dichiarato di voler tenere conto delle osservazioni che i cittadini e le associazioni possano sollevare. Un gioco vecchio come il mondo che fa credere ai cittadini di poter essere partecipi ma, come sempre succede, e i casi in Italia sarebbero tanti e anche recenti, i loro sarebbero pareri non vincolanti. Non sarebbe vincolante neanche il parere della Puglia che già nel recente passato si è espressa per il «no» alle trivellazioni. E poi sullo sfondo ci sarebbe il sogno di grandi ricadute economiche sull'intera Regione. Ma l'esperienza della Basilicata dovrebbe insegnare a tutti qualcosa.
La Val d'Agri fu considerata il Kuwait italiano. I suoi giacimenti fu stimano erano sufficienti a soddisfare le esigenze dell'intera nazione in maniera significativa. Avrebbero potuto incidere favorevolmente sulla bolletta energetica. Tutto ciò, è sotto gli occhi di tutti, non è successo. Il petrolio estratto prende altre vie. Alla Basilicata rimangono le royalties. Ma non bastano a risarcire i danni ambientali prodotti. A quella regione rimangono però le strade realizzate ad uso quasi esclusivo dei camion che fanno la spola dai campi estrattivi, rimane la disoccupazione giovanile, rimangono le piccole industrie che hanno chiuso e l'agricoltura regionale sempre più in sofferenza. E tutto questo a ridosso di un parco nazionale come il Pollino. Lo sanno gli ambientalisti, lo sanno i comitati spontanei che si sono formati e che dicono «no al petrolio» in Puglia. Lo sanno tutti tranne i Ministri, i nostri rappresentanti. Peccato.
È stato facile per loro chiedere le autorizzazioni per «sondare» il mare. Sapevano di poter ottenere i permessi, nonostante il Ministro per l'ambiente abbia dichiarato di voler tenere conto delle osservazioni che i cittadini e le associazioni possano sollevare. Un gioco vecchio come il mondo che fa credere ai cittadini di poter essere partecipi ma, come sempre succede, e i casi in Italia sarebbero tanti e anche recenti, i loro sarebbero pareri non vincolanti. Non sarebbe vincolante neanche il parere della Puglia che già nel recente passato si è espressa per il «no» alle trivellazioni. E poi sullo sfondo ci sarebbe il sogno di grandi ricadute economiche sull'intera Regione. Ma l'esperienza della Basilicata dovrebbe insegnare a tutti qualcosa.
La Val d'Agri fu considerata il Kuwait italiano. I suoi giacimenti fu stimano erano sufficienti a soddisfare le esigenze dell'intera nazione in maniera significativa. Avrebbero potuto incidere favorevolmente sulla bolletta energetica. Tutto ciò, è sotto gli occhi di tutti, non è successo. Il petrolio estratto prende altre vie. Alla Basilicata rimangono le royalties. Ma non bastano a risarcire i danni ambientali prodotti. A quella regione rimangono però le strade realizzate ad uso quasi esclusivo dei camion che fanno la spola dai campi estrattivi, rimane la disoccupazione giovanile, rimangono le piccole industrie che hanno chiuso e l'agricoltura regionale sempre più in sofferenza. E tutto questo a ridosso di un parco nazionale come il Pollino. Lo sanno gli ambientalisti, lo sanno i comitati spontanei che si sono formati e che dicono «no al petrolio» in Puglia. Lo sanno tutti tranne i Ministri, i nostri rappresentanti. Peccato.