Il Commento
Non si può morire a 23 anni
E ciò che dovrebbe far riflettere sull'omicidio De Gennaro è proprio l'età: un ragazzo di 23 anni, la terra di mezzo
venerdì 23 febbraio 2024
18.11
Esattamente una settimana fa Molfetta, con le sue mille contraddizioni, è tornata a fare notizia, richiamando l'attenzione dei media regionali e nazionali. Cronaca nera, purtroppo, di nuovo, in una città in cui le voci della gente lasciano il posto allo squallore di un variopinto brulichio di fatti illeciti e ad un assordante silenzio.
E questo silenzio, il 15 febbraio scorso, è stato lacerato dall'odio, dal sangue. Il sangue di un ragazzo, Dario De Gennaro, di 23 anni, sfinito a coltellate al culmine di un alterco dai contorni tetri. Una giovane icona dei tanti volti di questa città, un figlio di Molfetta, in un territorio, fra le due province, problematico e omertoso. Sì, quella reticenza di cui abbiamo dovuto ascoltare in tivù di chi forse ha visto, ma non dice nulla. Quella che fa male a chi Molfetta la vive, ma che è evidente.
Evidente come la paura che è tornata a farsi sentire nelle strade e l'indifferenza in cui è piombata l'intera città. Ma ciò che dovrebbe far riflettere maggiormente è l'età: un ragazzo di 23 anni, la terra di mezzo. E quella terra è fatta per essere attraversata, percorsa dall'inizio alla fine, partendo dai bambini che eravamo fino a divenire gli uomini che saremo. La vita di Dario De Gennaro è finita quando la sua direzione non era stata presa e l'orizzonte era solo un'idea, mai una certezza.
In mezzo un disagio giovanile e non solo, che in questo particolare periodo storico sembra toccare senza distinzioni ogni angolo d'Italia. Ciò che è accaduto il 15 febbraio scorso non deve essere usato da nessuno come uno spot. I giovani di quella Molfetta difficile non sono persone di cui ci si possa ricordare solo dopo un episodio di cotanta gravità, ma ragazzi che possono trasformarsi da un problema a risorse. Ma questo mutamento, però, richiede, impegno e determinazione.
Sì, perché se davvero la verità sarà quella che sembra delinearsi, il delitto di via Immacolata è stato un delitto avvenuto al culmine di una lite. E l'odio genera solo altro odio. Ed è per spezzare questa catena che noi chiediamo a chiunque abbia visto di parlare. Ma soprattutto chiediamo che, quando il circo mediatico avrà di nuovo lasciato le strade cittadine e quando si spegneranno i riflettori per toccare con mano la realtà, non si torni all'indifferenza ma ci si interroghi e si agisca.
Lo facciano le istituzioni, le scuole e i movimenti, portando nella coscienza il peso di una vita inghiottita per sempre dal buco nero di un viaggio di sola andata. Si agisca anche e soprattutto per fare in modo che mai più per le nostre strade si possa morire a 23 anni, quando la vita dovrebbe essere tutta un libro da scrivere.
E questo silenzio, il 15 febbraio scorso, è stato lacerato dall'odio, dal sangue. Il sangue di un ragazzo, Dario De Gennaro, di 23 anni, sfinito a coltellate al culmine di un alterco dai contorni tetri. Una giovane icona dei tanti volti di questa città, un figlio di Molfetta, in un territorio, fra le due province, problematico e omertoso. Sì, quella reticenza di cui abbiamo dovuto ascoltare in tivù di chi forse ha visto, ma non dice nulla. Quella che fa male a chi Molfetta la vive, ma che è evidente.
Evidente come la paura che è tornata a farsi sentire nelle strade e l'indifferenza in cui è piombata l'intera città. Ma ciò che dovrebbe far riflettere maggiormente è l'età: un ragazzo di 23 anni, la terra di mezzo. E quella terra è fatta per essere attraversata, percorsa dall'inizio alla fine, partendo dai bambini che eravamo fino a divenire gli uomini che saremo. La vita di Dario De Gennaro è finita quando la sua direzione non era stata presa e l'orizzonte era solo un'idea, mai una certezza.
In mezzo un disagio giovanile e non solo, che in questo particolare periodo storico sembra toccare senza distinzioni ogni angolo d'Italia. Ciò che è accaduto il 15 febbraio scorso non deve essere usato da nessuno come uno spot. I giovani di quella Molfetta difficile non sono persone di cui ci si possa ricordare solo dopo un episodio di cotanta gravità, ma ragazzi che possono trasformarsi da un problema a risorse. Ma questo mutamento, però, richiede, impegno e determinazione.
Sì, perché se davvero la verità sarà quella che sembra delinearsi, il delitto di via Immacolata è stato un delitto avvenuto al culmine di una lite. E l'odio genera solo altro odio. Ed è per spezzare questa catena che noi chiediamo a chiunque abbia visto di parlare. Ma soprattutto chiediamo che, quando il circo mediatico avrà di nuovo lasciato le strade cittadine e quando si spegneranno i riflettori per toccare con mano la realtà, non si torni all'indifferenza ma ci si interroghi e si agisca.
Lo facciano le istituzioni, le scuole e i movimenti, portando nella coscienza il peso di una vita inghiottita per sempre dal buco nero di un viaggio di sola andata. Si agisca anche e soprattutto per fare in modo che mai più per le nostre strade si possa morire a 23 anni, quando la vita dovrebbe essere tutta un libro da scrivere.