Casa e dintorni
Nulla la locazione abitativa se concordata verbalmente
Nulla anche se vi è stata la registrazione ed il pagamento dell’imposta di registro eventualmente evasa
mercoledì 3 dicembre 2014
7.46
Il Tribunale di Roma, sentenza n. 21287 del 24 ottobre 2013, ha definito che i contratti di locazione non stipulati in forma scritta sono nulli per difetto di forma ab substantiam. La registrazione del rapporto di locazione verbale presso l'Agenzia delle Entrate, effettuata ex art. 3 del d.lgs. n.3/2011 (la c.d. cedolare secca), non basta a soddisfare il requisito di forma imposto dalla legge n. 431/98.
È quanto affermato dalla sentenza in commento, che conferma la nullità dei rapporti di locazione abitativa concordati verbalmente, nonostante l'intervenuta registrazione ed il relativo pagamento dell'imposta di registro eventualmente evasa.
Il caso - Il proprietario concede in locazione una stanza del proprio appartamento ad una studentessa universitaria. In un primo momento l'inquilina occupa l'immobile senza formalizzare il rapporto locatizio; poi provvede alla registrazione del contratto, con conseguente riduzione del canone pattuito ex art. 3 d.lgs. n. 23/2011 (che prevede la quantificazione del canone annuo pari al triplo della rendita catastale dell'immobile).
La proprietaria dell'immobile, non accettando la registrazione del contratto a condizioni palesemente sconvenienti, propone ricorso per l'accertamento della nullità del contratto e conseguente rilascio dell'appartamento e risarcimento dei danni. La conduttrice si oppone alla domanda, chiedendo la restituzione delle maggiori somme pagate rispetto al canone di affitto dovuto.
Forma scritta a pena di nullità - Il Tribunale rileva anzitutto che il contratto di locazione in questione è nullo per difetto di forma ad substantiam.
L'eventuale registrazione postuma del contratto verbale ex art. 3 del d.lgs. n. 23/2011 non vale a sanare la nullità del contratto per difetto di forma ad substantiam. Detta registrazione, infatti, per sortire effetti validi ex lege, presuppone l'esistenza di un contratto di locazione valido. Di conseguenza il convenuto va condannato al rilascio immediato dell'immobile.
Risarcimento del danno per occupazione sine titulo - Quanto al conseguente risarcimento del danno per occupazione sine titulo, il Giudice romano, richiamandosi al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. n. 10498/2006 e n. 24100/2011), ha condannato la convenuta al risarcimento del danno, calcolato in via equitativa sulla base di altri due contratti che la ricorrente aveva stipulato con altri soggetti e aventi ad oggetto due ulteriori stanze site nello stesso immobile oggetto di causa.
La soluzione adottata dal Tribunale capitolino ha marcato ulteriormente la linea di divergenza esistente tra campo giuridico e campo fiscale in materia di contratti di locazione.
La norma sulla cedolare secca (art. 3, commi 8 e 9 del d.lgs. n. 23 del 2011), persegue l'obiettivo di far emergere tutti i rapporti di locazione "in nero", invitando entro un termine massimo i conduttori alla denuncia del rapporto di locazione concluso verbalmente, attirati dalla conveniente prospettiva di pagare un canone annuo inferiore a quello pattuito verbalmente, calcolato in base al triplo della rendita catastale dell'immobile.
La sentenza in esame ribadisce tuttavia che sono da considerarsi comunque privi di validità, in quanto carenti della forma scritta prevista dalla legge n. 431/98, i rapporti di locazione abitativa concordati verbalmente, nonostante l'intervenuta registrazione e il relativo pagamento dell'imposta di registro eventualmente evasa. Pertanto l'assenza di un valido vincolo contrattuale comporta l'obbligo di rilasciare l'immobile detenuto sine titulo e di risarcire eventuali danni al proprietario.
In definitiva, la "regolarizzazione" del contratto verbale da parte del conduttore non è sufficiente ad integrare il requisito della forma scritta, con la conseguenza che il conduttore non si garantisce un contratto di quattro anni rinnovabile per altri quattro ad un canone irrisorio, ma anzi, deve rilasciare l'immobile e risarcire i danni al proprietario.
È quanto affermato dalla sentenza in commento, che conferma la nullità dei rapporti di locazione abitativa concordati verbalmente, nonostante l'intervenuta registrazione ed il relativo pagamento dell'imposta di registro eventualmente evasa.
Il caso - Il proprietario concede in locazione una stanza del proprio appartamento ad una studentessa universitaria. In un primo momento l'inquilina occupa l'immobile senza formalizzare il rapporto locatizio; poi provvede alla registrazione del contratto, con conseguente riduzione del canone pattuito ex art. 3 d.lgs. n. 23/2011 (che prevede la quantificazione del canone annuo pari al triplo della rendita catastale dell'immobile).
La proprietaria dell'immobile, non accettando la registrazione del contratto a condizioni palesemente sconvenienti, propone ricorso per l'accertamento della nullità del contratto e conseguente rilascio dell'appartamento e risarcimento dei danni. La conduttrice si oppone alla domanda, chiedendo la restituzione delle maggiori somme pagate rispetto al canone di affitto dovuto.
Forma scritta a pena di nullità - Il Tribunale rileva anzitutto che il contratto di locazione in questione è nullo per difetto di forma ad substantiam.
L'eventuale registrazione postuma del contratto verbale ex art. 3 del d.lgs. n. 23/2011 non vale a sanare la nullità del contratto per difetto di forma ad substantiam. Detta registrazione, infatti, per sortire effetti validi ex lege, presuppone l'esistenza di un contratto di locazione valido. Di conseguenza il convenuto va condannato al rilascio immediato dell'immobile.
Risarcimento del danno per occupazione sine titulo - Quanto al conseguente risarcimento del danno per occupazione sine titulo, il Giudice romano, richiamandosi al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. n. 10498/2006 e n. 24100/2011), ha condannato la convenuta al risarcimento del danno, calcolato in via equitativa sulla base di altri due contratti che la ricorrente aveva stipulato con altri soggetti e aventi ad oggetto due ulteriori stanze site nello stesso immobile oggetto di causa.
La soluzione adottata dal Tribunale capitolino ha marcato ulteriormente la linea di divergenza esistente tra campo giuridico e campo fiscale in materia di contratti di locazione.
La norma sulla cedolare secca (art. 3, commi 8 e 9 del d.lgs. n. 23 del 2011), persegue l'obiettivo di far emergere tutti i rapporti di locazione "in nero", invitando entro un termine massimo i conduttori alla denuncia del rapporto di locazione concluso verbalmente, attirati dalla conveniente prospettiva di pagare un canone annuo inferiore a quello pattuito verbalmente, calcolato in base al triplo della rendita catastale dell'immobile.
La sentenza in esame ribadisce tuttavia che sono da considerarsi comunque privi di validità, in quanto carenti della forma scritta prevista dalla legge n. 431/98, i rapporti di locazione abitativa concordati verbalmente, nonostante l'intervenuta registrazione e il relativo pagamento dell'imposta di registro eventualmente evasa. Pertanto l'assenza di un valido vincolo contrattuale comporta l'obbligo di rilasciare l'immobile detenuto sine titulo e di risarcire eventuali danni al proprietario.
In definitiva, la "regolarizzazione" del contratto verbale da parte del conduttore non è sufficiente ad integrare il requisito della forma scritta, con la conseguenza che il conduttore non si garantisce un contratto di quattro anni rinnovabile per altri quattro ad un canone irrisorio, ma anzi, deve rilasciare l'immobile e risarcire i danni al proprietario.