Chiesa locale
“Vite in missione” di don Paolo Malerba, Gianni Macina e Giuseppe De Mola
L’evento organizzato dal Centro missionario diocesano per l’Ottobre missionario
Molfetta - lunedì 15 ottobre 2018
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Cosa significa essere missionari, questo è quello che hanno cercato di spiegare ieri sera presso l'auditorium della Chiesa del Cuore Immacolato di Maria don Paolo Malerba, sacerdote diocesano Fidei donum in Kenya, Gianni Macina, membro di IN.CON.TRA., associazione per l'assistenza ai senza fissa dimora e alle famiglie indigenti, e Giuseppe De Mola, operatore umanitario per Medici senza Frontiere, raccontando le loro "Vite in missione".
L'incontro è stato organizzato dal Centro diocesano missionario in occasione dell'Ottobre missionario.
Sicuramente non sono degli eroi, questo i relatori ci tengono a metterlo subito in chiaro, sono semplicemente preti o laici che hanno deciso di mettere al centro della loro vita le persone in difficoltà, gli ultimi.
Partire per una missione sia a casa aiutando i senza tetto che nei paesi dell'Africa, dove ci sono guerre di cui nessuno parla, non è semplice, richiede una grossa preparazione emotiva. Per chi fa le missioni all'estero è importante conoscere il luogo dove si va, e non hanno dubbi i relatori che la prima difficoltà che si incontra è la lingua, il dover imparare una lingua, non solo per parlare ma anche, e soprattutto, per poter ascoltare.
Non sono racconti mediati da uno schermo quello che descrivono don Paolo, Gianni e Giuseppe, sono storie di vita vissuta, storie che fanno capire che i missionari vanno oltre le apparenze e il colore della pelle, oltre il credere comune, ma cercano di diventare parte di una comunità a cui vanno a prestare il proprio contributo, il proprio supporto, il proprio amore.
Le condizioni in cui operano sono di estrema difficoltà, ma nonostante tutto c'è qualcosa che li spinge a continuare, non nascondono i momenti di debolezza che ogni uomo può avere nella propria esperienza di missionario, lontani da casa e dagli affetti, in terre dove la povertà è assoluta, dove non c'è niente e in quel niente ci sono anche delle guerre. Costruire per poi veder distruggere tutto, non è semplice, ma nonostante tutto continuano a credere e ad operare per la loro missione.
Ma la situazione non cambia a chi vive sul territorio, a chi a costruito nella propria città una rete per i senza tetto e per le famiglie disagiate, non solo fornendo pasti caldi e un posto dove dormire, ma anche cercando di ridare dignità alle persone, anche nel semplice gesto di fare la spesa.
Le esperienze raccontate da don Paolo, Gianni e Giuseppe, lasciano un segno molto forte, perché permettono di capire che, oltre il nostro mondo opulento, ce ne un altro che si ignora, ma che l'amore e la forza di questi uomini riesce a riportare all'attenzione del mondo e a ricordaci che siamo tutti uomini al di là del colore della pelle e del credo religioso.
L'incontro è stato organizzato dal Centro diocesano missionario in occasione dell'Ottobre missionario.
Sicuramente non sono degli eroi, questo i relatori ci tengono a metterlo subito in chiaro, sono semplicemente preti o laici che hanno deciso di mettere al centro della loro vita le persone in difficoltà, gli ultimi.
Partire per una missione sia a casa aiutando i senza tetto che nei paesi dell'Africa, dove ci sono guerre di cui nessuno parla, non è semplice, richiede una grossa preparazione emotiva. Per chi fa le missioni all'estero è importante conoscere il luogo dove si va, e non hanno dubbi i relatori che la prima difficoltà che si incontra è la lingua, il dover imparare una lingua, non solo per parlare ma anche, e soprattutto, per poter ascoltare.
Non sono racconti mediati da uno schermo quello che descrivono don Paolo, Gianni e Giuseppe, sono storie di vita vissuta, storie che fanno capire che i missionari vanno oltre le apparenze e il colore della pelle, oltre il credere comune, ma cercano di diventare parte di una comunità a cui vanno a prestare il proprio contributo, il proprio supporto, il proprio amore.
Le condizioni in cui operano sono di estrema difficoltà, ma nonostante tutto c'è qualcosa che li spinge a continuare, non nascondono i momenti di debolezza che ogni uomo può avere nella propria esperienza di missionario, lontani da casa e dagli affetti, in terre dove la povertà è assoluta, dove non c'è niente e in quel niente ci sono anche delle guerre. Costruire per poi veder distruggere tutto, non è semplice, ma nonostante tutto continuano a credere e ad operare per la loro missione.
Ma la situazione non cambia a chi vive sul territorio, a chi a costruito nella propria città una rete per i senza tetto e per le famiglie disagiate, non solo fornendo pasti caldi e un posto dove dormire, ma anche cercando di ridare dignità alle persone, anche nel semplice gesto di fare la spesa.
Le esperienze raccontate da don Paolo, Gianni e Giuseppe, lasciano un segno molto forte, perché permettono di capire che, oltre il nostro mondo opulento, ce ne un altro che si ignora, ma che l'amore e la forza di questi uomini riesce a riportare all'attenzione del mondo e a ricordaci che siamo tutti uomini al di là del colore della pelle e del credo religioso.