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Cronaca

Via i sigilli dal cantiere del nuovo porto

La "parola" ora passa al Comune

Il cantiere del nuovo porto di Molfetta torna nella disponibilità del Comune.
La Procura della Repubblica di Trani ha, infatti, revocato il sequestro preventivo del 7 ottobre 2013.
Il dissequestro è avvenuto senza necessità della pronuncia del Tribunale del Riesame della Misure Reali di Trani, innanzi a cui il senatore ed ex sindaco Antonio Azzollini ha impugnato il provvedimento di rigetto del gip Francesco Zecchillo, che, così come inizialmente richiesto dall'ufficio inquirente, aveva mantenuto i sigilli.

Il Tribunale dovrà, invece, pronunciarsi (la decisione è attesa a breve) sull'ulteriore richiesta di dissequestro delle somme "congelate" (oltre 30 milioni di euro) per il completamento dei lavori dell'area portuale. La questione si è dovuta discutere davanti ai giudici del Riesame per l'opposizione della Procura che ha detto di opporsi al dissequestro delle somme promosso dalla difesa di Azzollini fino a che non sarà predisposto un preciso piano d'impiego dell'importo peraltro corredato dalle autorizzazioni dell'Ispettorato ai Lavori Pubblici.
Ora, dunque, il Comune potrà e dovrà completare a proprie spese (sinora gli ingenti costi sono stati anticipati dall'Erario) le opere di bonifica e di messa in sicurezza già ampiamente avviate sotto l'egida dell'amministratore giudiziario su indicazioni della magistratura.

Poi potrà esaminare il da farsi sul destino e dunque sui lavori di completamento del porto, in gran parte eseguiti Cooperativa Muratori Cementisti di Ravenna ma bloccati nell'autunno 2013.
Intanto l'inchiesta sembra alle battute finali. In Procura si starebbe redigendo l'avviso di chiusura delle indagini che potrebbe esser notificato già nei prossimi giorni.

I pubblici ministeri Francesco Giannella, Antonio Savasta e Michele Ruggiero (l'indagine per diverso tempo è stata coordinata anche dal pm Giuseppe Maralfa, ora alla Procura Antimafia di Bari) ipotizzarono a vario titolo i reati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato, abuso d'ufficio, falso, frode in pubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei trasporti marittimi, violazioni in materia ambientale, di disciplina speciale per la bonifica da ordigni pubblici, del testo unico sull'edilizia e del codice del paesaggio. Per l'accusa fiumi di quattrini pubblici sarebbero stati utilizzato dal Comune di Molfetta per finalità diverse dalle opere portuali. Ipotesi che Azzollini respinse, definendo Molfetta comune virtuoso.

Nell'ambito dell'inchiesta D'Artagnan (dal nome di una "dragatrice" impegnata nei lavori, previsti per il costo di 72 milioni poi però raddoppiatosi) oltre ad Azzollini furono coinvolti diversi assessori della sua giunta nonché vari imprenditori, maestranze addette ai lavori portuali ed il presidente della terza sezione del consiglio superiore dei lavori pubblici.
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