Cultura, Eventi e Spettacolo
"Uno, nessuno e centomila": ovazione per Enrico Lo Verso a Molfetta
Ieri lo spettacolo dell'attore. "Cittadella degli artisti" gremita
Molfetta - giovedì 24 gennaio 2019
16.26
"Abbiamo voluto mettere in scena quest'opera molto interessante, di un giovane scrittore siciliano, poco noto, ma che sembra cavarsela".
Enrico Lo Verso ha presentato con queste parole piuttosto ironiche la sua performance tenutasi ieri a Molfetta presso La Cittadella degli Artisti.
Perché naturalmente quel "giovane scrittore italiano" non è altro che Luigi Pirandello, uno dei pilastri della letteratura italiana e mondiale e vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 1934. Lo spettacolo fa parte di una lunga rassegna che Lo Verso sta tenendo in tanti teatri di tutta Italia con ottimi risultati.
In un teatro gremito, l'attore palermitano ha rappresentato il romanzo "Uno, nessuno e centomila", una delle più celebri opere pirandelliane che prendeva corpo proprio un secolo fa: scritta a partire dal 1909, venne pubblicata in prima edizione solo nel 1925. Il testo riassume al meglio l'idea che Pirandello aveva della realtà e della vita, diventando ben presto emblema del relativismo, una delle teorie più innovative ma al tempo stesso apprezzate del XX secolo.
La vicenda ruota attorno alla crisi d'identità del protagonista, Vitangelo Moscarda, dopo che la moglie gli fa notare per caso che il suo naso fosse leggermente storto. Da quel momento, l'uomo prende coscienza del fatto che l'immagine che egli aveva avuto di sé per tutta una vita era diversa da quella che ogni persona poteva avere di lui dall'esterno.
Prendere atto dell'esistenza di infinite dimensioni del proprio essere implica la caduta di ogni certezza: Moscarda, così come Pirandello e l'uomo di inizio Novecento, scopre di non essere Uno, perché non esiste una forma univoca della realtà. Ogni individuo è un'infinità di soggetti (appunto, Centomila) in ogni frangente della propria esistenza. Allora, se ciascuno può avere forme illimitate, vuol dire che essenzialmente non ha una forma propria: ecco dunque la consapevolezza di essere Nessuno. Questa svolta ideologica, dopo una lunga serie di peripezie e riflessioni personali, porterà il personaggio alla follia. Non si può che diventare folli laddove non si sappia più a cosa credere, vista la frantumazione di ogni propria sicurezza e di ogni speranza di oggettività. Insomma, forse sappiamo chi siamo noi ma non sapremo mai come ogni persona fuori di noi possa vederci.
L'interpretazione di Enrico Lo Verso è stata strepitosa sotto ogni punto di vista: dagli sguardi, alla gestualità, all'espressività del proprio monologo sempre capace di creare quell'interazione con il pubblico che era caratteristica proprio di molte opere di Pirandello. Perché se si riesce a fare teatro nel migliore dei modi non servono scenografie o tanti attori: ne basta uno. La scenografia è stata rappresentata da lui stesso, grazie a una recitazione in grado di coinvolgere lo spettatore e di agevolarlo nell'immaginazione della scena.
I personaggi? Sempre racchiusi in una sola figura, con la sua capacità di oscillare come nulla fosse dall'essere Moscarda all'essere la moglie Dida o la fanciulla Anna Rosa o ancora gli amministratori Quantorzo e Firbo. Perché, come ricordato dallo stesso Pirandello, ciascuno di noi può essere al tempo stesso Uno, Nessuno ma anche Centomila. E ogni "Uno" a cui Lo Verso ha dato vita è stato delineato magnificamente, con quasi sorprendente naturalezza.
Allora, data questa premessa, non ha stupito l'ovazione finale con tanto di spettatori in piedi per rendere omaggio, in un lungo applauso, alla sua performance. Lo Verso ha apprezzato il calore del pubblico molfettese e ha chiuso lo spettacolo con la seguente massima: "Per fare teatro bastano una persona che parla, una linea e delle persone che ascoltano. Le persone che ascoltano, però, sono più importanti di quella che parla perché se loro non vi fossero l'attore teatrale sarebbe solo uno sciocco che parla da solo. Allora vi dico grazie, di cuore".
E Molfetta, a sua volta, ha ringraziato questo grande attore, siciliano come quel 'giovane e sconosciuto scrittore' di nome Luigi Pirandello.
Enrico Lo Verso ha presentato con queste parole piuttosto ironiche la sua performance tenutasi ieri a Molfetta presso La Cittadella degli Artisti.
Perché naturalmente quel "giovane scrittore italiano" non è altro che Luigi Pirandello, uno dei pilastri della letteratura italiana e mondiale e vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 1934. Lo spettacolo fa parte di una lunga rassegna che Lo Verso sta tenendo in tanti teatri di tutta Italia con ottimi risultati.
In un teatro gremito, l'attore palermitano ha rappresentato il romanzo "Uno, nessuno e centomila", una delle più celebri opere pirandelliane che prendeva corpo proprio un secolo fa: scritta a partire dal 1909, venne pubblicata in prima edizione solo nel 1925. Il testo riassume al meglio l'idea che Pirandello aveva della realtà e della vita, diventando ben presto emblema del relativismo, una delle teorie più innovative ma al tempo stesso apprezzate del XX secolo.
La vicenda ruota attorno alla crisi d'identità del protagonista, Vitangelo Moscarda, dopo che la moglie gli fa notare per caso che il suo naso fosse leggermente storto. Da quel momento, l'uomo prende coscienza del fatto che l'immagine che egli aveva avuto di sé per tutta una vita era diversa da quella che ogni persona poteva avere di lui dall'esterno.
Prendere atto dell'esistenza di infinite dimensioni del proprio essere implica la caduta di ogni certezza: Moscarda, così come Pirandello e l'uomo di inizio Novecento, scopre di non essere Uno, perché non esiste una forma univoca della realtà. Ogni individuo è un'infinità di soggetti (appunto, Centomila) in ogni frangente della propria esistenza. Allora, se ciascuno può avere forme illimitate, vuol dire che essenzialmente non ha una forma propria: ecco dunque la consapevolezza di essere Nessuno. Questa svolta ideologica, dopo una lunga serie di peripezie e riflessioni personali, porterà il personaggio alla follia. Non si può che diventare folli laddove non si sappia più a cosa credere, vista la frantumazione di ogni propria sicurezza e di ogni speranza di oggettività. Insomma, forse sappiamo chi siamo noi ma non sapremo mai come ogni persona fuori di noi possa vederci.
L'interpretazione di Enrico Lo Verso è stata strepitosa sotto ogni punto di vista: dagli sguardi, alla gestualità, all'espressività del proprio monologo sempre capace di creare quell'interazione con il pubblico che era caratteristica proprio di molte opere di Pirandello. Perché se si riesce a fare teatro nel migliore dei modi non servono scenografie o tanti attori: ne basta uno. La scenografia è stata rappresentata da lui stesso, grazie a una recitazione in grado di coinvolgere lo spettatore e di agevolarlo nell'immaginazione della scena.
I personaggi? Sempre racchiusi in una sola figura, con la sua capacità di oscillare come nulla fosse dall'essere Moscarda all'essere la moglie Dida o la fanciulla Anna Rosa o ancora gli amministratori Quantorzo e Firbo. Perché, come ricordato dallo stesso Pirandello, ciascuno di noi può essere al tempo stesso Uno, Nessuno ma anche Centomila. E ogni "Uno" a cui Lo Verso ha dato vita è stato delineato magnificamente, con quasi sorprendente naturalezza.
Allora, data questa premessa, non ha stupito l'ovazione finale con tanto di spettatori in piedi per rendere omaggio, in un lungo applauso, alla sua performance. Lo Verso ha apprezzato il calore del pubblico molfettese e ha chiuso lo spettacolo con la seguente massima: "Per fare teatro bastano una persona che parla, una linea e delle persone che ascoltano. Le persone che ascoltano, però, sono più importanti di quella che parla perché se loro non vi fossero l'attore teatrale sarebbe solo uno sciocco che parla da solo. Allora vi dico grazie, di cuore".
E Molfetta, a sua volta, ha ringraziato questo grande attore, siciliano come quel 'giovane e sconosciuto scrittore' di nome Luigi Pirandello.