Lavori pubblici
Una raccolta di firme per chiedere la ripresa dei lavori del porto
E’ nato il Comitato “Opera da condurre in porto”
Molfetta - martedì 8 luglio 2014
08.51
Al tavolo die relatori sono in tre: Enzo Tatulli, Vito Totorizzo e Enzo Poli. Eccoli i tre imprenditori promotori della raccolta di firme e delle azioni finalizzate a chiedere la ripresa dei lavori del nuovo porto, opera da 72 milioni di euro avviata nel 2006 (lavori che figurano in uno stato di avanzamento al 60%).
Ecco i fondatori del comitato spontaneo denominato "Opera da condurre in Porto" che secondo quanto sostenuto da Enzo Tatulli (uno dei coordinator): «non ha interessi politici ma ha come obiettivo quello di sensibilizzare la città ad una situazione veramente paradossale. Il porto è un patrimonio che appartiene non solo a Molfetta ma a tutti i territori interessati».
I lavori iniziati proprio nell'anno 2006 comprendevano la costruzione di un secondo molo in continuità alla diga Salvucci (già esistente nei pressi della basilica della Madonna dei Martiri), la costruzione di uno "sperone" radicato all'attuale molo peschereccio S. Vincenzo, il banchinamento della diga Salvucci per il traffico commerciale e le navi Ro-Ro, i dragaggi necessari per l'ingresso delle imbarcazioni in porto e per la navigabilità interna. Inoltre, nel Piano regolatore del porto erano previsti la costruzione di capannoni per lo stoccaggio delle merci, un ponte di collegamento fra il porto e la zona industriale e un sistema di viabilità interna con parcheggi e arredi.
Subito dopo Tatulli a prendere la parola è stato Enzo Poli (amministratore e fondatore del Gruppo Imola Legno): «a Molfetta abbiamo visto che c'erano possibilità e prospettive per poter crescere. Una di queste prospettive è legata al porto. Molfetta può e deve creare occupazione, e per creare occupazione servono le infrastrutture. Il porto è un infrastruttura strategica per Molfetta, per il Paese e per il Sud Italia».
Poi è stata la volta di Vito Totorizzo (amministratore del gruppo Spamat S.r.l. e in passato già segretario generale dell'Autorità Portuale di Bari): «questo porto non è l'invenzione di Antonio Azzollini ma è nato nel 1978, frutto del pensiero di un politico locale degli anni passati. Porto che doveva utilizzare la diga Salvucci. Questo è un porto intelligente perché consentirebbe all'economia del Nord-Barese di svilupparsi. Ma evidentemente le cose intelligenti in Italia danno fastidio. Fermare oggi i lavori del porto di Molfetta è una scelta politica. Qualcuno cominci a pensare agli interessi della città. Non è un'opera che va fermata».
Nessun progetto strategico legato al Porto di Molfetta può prescindere da una rete istituzionale, associativa e imprenditoriale. Nessuna scelta deve essere collegata al colore politico di questa o quella fazione. Il tema del Porto commerciale deve essere al centro delle politiche di sviluppo sia per il territorio locale che per l'Italia. Questo è quello che rivendicano gli imprenditori. La carenza infrastrutturale può divenire un limite non solo per Molfetta, ma per l'intera regione Puglia. Disporre di aree portuali turistiche e commerciali regolamentate e qualificate significa poter attrarre ancor più risorse e creare maggior sviluppo economico. A bloccare i lavori ci sarebbero all'incirca cinquantamila bombe o residuati bellici della Seconda Guerra Mondiale ancora presenti sui fondali del porto di Molfetta che impediscono al cantiere del nuovo porto di proseguire i lavori. Si tratterebbe di ordigni chimici all'iprite colate a picco con le navi statunitensi che le trasportavano per impiegarle sul fronte italiano. L'attività di sminamento che va avanti dal 2008 e che dovrebbe terminare nel 2016 vede 48.000 ordigni bonificati e 50.000 da bonificare con 1.2milioni di euro necessari per completare lo sminamento.
Inoltre a far discutere è il nuovo contratto per la direzione dei lavori di messa in sicurezza del nuovo porto commerciale di Molfetta, previsto dalla delibera di giunta n. 170 del 2 luglio 2014 che demanda al dirigente del settore Lavori Pubblici l'adozione degli atti successivi, propedeutici alla sottoscrizione del nuovo contratto, che sarà firmato unitamente all'amministratore giudiziario autorizzato dal Gip.
Al giudice infatti verrà anche chiesto il dissequestro di circa 5,8 milioni di euro del mutuo del porto, somme strettamente necessarie a tali lavori. Sulla questione l'imprenditore Totorizzo ha tuonato: «questa è un'idiozia, un'altra truffa al Sud. Con quei fondi avremmo potuto proseguire i lavori del porto».
Ecco i fondatori del comitato spontaneo denominato "Opera da condurre in Porto" che secondo quanto sostenuto da Enzo Tatulli (uno dei coordinator): «non ha interessi politici ma ha come obiettivo quello di sensibilizzare la città ad una situazione veramente paradossale. Il porto è un patrimonio che appartiene non solo a Molfetta ma a tutti i territori interessati».
I lavori iniziati proprio nell'anno 2006 comprendevano la costruzione di un secondo molo in continuità alla diga Salvucci (già esistente nei pressi della basilica della Madonna dei Martiri), la costruzione di uno "sperone" radicato all'attuale molo peschereccio S. Vincenzo, il banchinamento della diga Salvucci per il traffico commerciale e le navi Ro-Ro, i dragaggi necessari per l'ingresso delle imbarcazioni in porto e per la navigabilità interna. Inoltre, nel Piano regolatore del porto erano previsti la costruzione di capannoni per lo stoccaggio delle merci, un ponte di collegamento fra il porto e la zona industriale e un sistema di viabilità interna con parcheggi e arredi.
Subito dopo Tatulli a prendere la parola è stato Enzo Poli (amministratore e fondatore del Gruppo Imola Legno): «a Molfetta abbiamo visto che c'erano possibilità e prospettive per poter crescere. Una di queste prospettive è legata al porto. Molfetta può e deve creare occupazione, e per creare occupazione servono le infrastrutture. Il porto è un infrastruttura strategica per Molfetta, per il Paese e per il Sud Italia».
Poi è stata la volta di Vito Totorizzo (amministratore del gruppo Spamat S.r.l. e in passato già segretario generale dell'Autorità Portuale di Bari): «questo porto non è l'invenzione di Antonio Azzollini ma è nato nel 1978, frutto del pensiero di un politico locale degli anni passati. Porto che doveva utilizzare la diga Salvucci. Questo è un porto intelligente perché consentirebbe all'economia del Nord-Barese di svilupparsi. Ma evidentemente le cose intelligenti in Italia danno fastidio. Fermare oggi i lavori del porto di Molfetta è una scelta politica. Qualcuno cominci a pensare agli interessi della città. Non è un'opera che va fermata».
Nessun progetto strategico legato al Porto di Molfetta può prescindere da una rete istituzionale, associativa e imprenditoriale. Nessuna scelta deve essere collegata al colore politico di questa o quella fazione. Il tema del Porto commerciale deve essere al centro delle politiche di sviluppo sia per il territorio locale che per l'Italia. Questo è quello che rivendicano gli imprenditori. La carenza infrastrutturale può divenire un limite non solo per Molfetta, ma per l'intera regione Puglia. Disporre di aree portuali turistiche e commerciali regolamentate e qualificate significa poter attrarre ancor più risorse e creare maggior sviluppo economico. A bloccare i lavori ci sarebbero all'incirca cinquantamila bombe o residuati bellici della Seconda Guerra Mondiale ancora presenti sui fondali del porto di Molfetta che impediscono al cantiere del nuovo porto di proseguire i lavori. Si tratterebbe di ordigni chimici all'iprite colate a picco con le navi statunitensi che le trasportavano per impiegarle sul fronte italiano. L'attività di sminamento che va avanti dal 2008 e che dovrebbe terminare nel 2016 vede 48.000 ordigni bonificati e 50.000 da bonificare con 1.2milioni di euro necessari per completare lo sminamento.
Inoltre a far discutere è il nuovo contratto per la direzione dei lavori di messa in sicurezza del nuovo porto commerciale di Molfetta, previsto dalla delibera di giunta n. 170 del 2 luglio 2014 che demanda al dirigente del settore Lavori Pubblici l'adozione degli atti successivi, propedeutici alla sottoscrizione del nuovo contratto, che sarà firmato unitamente all'amministratore giudiziario autorizzato dal Gip.
Al giudice infatti verrà anche chiesto il dissequestro di circa 5,8 milioni di euro del mutuo del porto, somme strettamente necessarie a tali lavori. Sulla questione l'imprenditore Totorizzo ha tuonato: «questa è un'idiozia, un'altra truffa al Sud. Con quei fondi avremmo potuto proseguire i lavori del porto».