don ignazio de gioia
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Chiesa locale

Un Giubileo con il cuore aperto al perdono. Parla Mons. Ignazio de Gioia

L'Amministratore diocesano ci aiuta a capire il significato spirituale della misericordia

Capelli bianchi e occhi penetranti, Mons. Ignazio de Gioia è come ti immagini dovessero essere gli antichi padri della Chiesa. Il suo volto è ormai noto anche al grande pubblico: l'Amministratore diocesano è pronto al grande evento del Giubileo Straordinario della Misericordia. Prima di ogni cosa, però, Ignazio è un don (vicario presso il Sacro di Gesù di Molfetta) che, da cinquantacinque anni, vive la sua scelta radicale di vita cristiana insieme ai fratelli e sorelle. A MolfettaViva ha spiegato il senso spirituale dell' anno giubilare ormai alle porte.

Misericordia è un termine che sembrava dimenticato e che ora è tornato familiare. Qual è il suo significato profondo?

«Credo che Papa Francesco, venendo in Europa in questo particolare momento storico, se pensiamo anche agli attacchi terroristici, ultimi quello dell'Isis, è preoccupato che Dio scompaia dalla storia dell'umanità. Il suo messaggio con questo Giubileo è volto ad annunciare che Dio è presente sempre. L'uomo è venuto da Dio e deve tornare a Dio anche se molto spesso diventa egoista e si allontana da Lui. Per cui Papa Francesco ha voluto portare questo messaggio affinché l'uomo si riconosca fratello e riconosca Dio come papà. Questo è per me il messaggio universale di Gesù e che il Papa ha voluto annunciare con questo Anno Santo della Misericordia».

Il semplice cristiano Ignazio de Gioia quando ha fatto esperienza di misericordia nella sua vita? C'è un momento che ricorda perché l' ha particolarmente segnata?

«Beh, io posso dire che la misericordia di Dio l'ho sperimentata quando ho fatto il corso per andare in America Latina. Ero partito con la semplicità di un missionario che voleva evangelizzare ma ho riscontrato che in quelle terre il materialismo era più forte della voglia di conoscere Cristo. Questo per me è stato quasi traumatico e mi colpì molto. Il mio sogno era quello di andare in Brasile ma la situazione politico-sociale non me lo consentì in quanto noi missionari eravamo visti quasi come nemici del governo. Un giorno, infatti, mentre ero in chiesa sentì una voce forte dentro di me che mi disse: "tu in Brasile non andrai !". Rimasi scosso e dopo un momento di incertezza quando mi resi conto che le porte del Brasile per me erano chiuse, in quanto mi rifiutarono il passaporto per ben due volte, la mia missione fu quella di andare in Argentina in Patagonia. Successivamente, però, visitai comunque il Brasile e incontrai il Vescovo Candido Rosa. Quando arrivai in terra brasiliana, ricordo che era pieno inverno ma mi resi subito conto che nonostante la stagione il caldo era il mio più grande nemico. Allora capì che la misericordia di Dio fu quella di svolgere il mio servizio e la mia missione in Argentina e non in Brasile. Era questo che il Signore voleva per me».

Nell'Anno della misericordia anche la Chiesa è chiamata a convertirsi e riformarsi? E in cosa?

«Molte volte il termine Chiesa si mette sempre in evidenza facendo riferimento al Papa, ai vescovi, ai cardinali. Insomma la Chiesa viene vista come "cupola". Ma la Chiesa non è una piramide ma un cerchio dove tutti si mettono intorno e al centro di questo cerchio c'è sempre e solo Gesù Cristo che con i suoi raggi ci illumina. Anche la Chiesa "cupola" può avere i suoi errori perché dove c'è l uomo ci sono gli errori. Purtroppo la figura di Cristo molto spesso viene vista come comodismo e non come umanità, amore, perdono e quindi misericordia. Però il nostro ruolo è, e deve essere sempre quello di essere testimoni di Cristo. Se il Giubileo della Misericordia riuscisse ad imprimere i valori dell'amore e del perdono in contrapposizione all'odio e all'egoismo allora sì che la Chiesa è lo stesso evento del Giubileo avranno raggiunto un grande traguardo».

Tante persone si rivolgono a lei per consigli spirituali. Oggi da che cosa è ferita la gente e per cosa cerca misericordia?

«La gente va in cerca di Dio. Ogni famiglia porta un bagaglio storico quasi ereditario. Ma la famiglia è l'espressione del mondo, fondata sull amore. È una realtà della nostra quotidianità. L'amore dei genitori verso i figli e viceversa. Su questo si fonda il concetto di famiglia. Se non c'è amore nella famiglia, ahimè è tutto più difficile. Bisogna sempre vivere come fratelli e figli. Se mettiamo al centro l'amore anche la famiglia tornerà ad essere riferimento perché certo si può sbagliare ma bisogna saper perdonare ed essere misericordiosi come ci insegna la parabola del figliol prodigo. Tutti possiamo uscire fuori strada, ma bisogna saper essere in grado di aiutare il prossimo a rialzarsi proprio come fanno i genitori con i figli nei momenti in cui perdono la strada».

Ha un consiglio per vivere questo Giubileo della misericordia come occasione spirituale?

«Si, io dico che il consiglio più bello è saper intendere cosa è la misericordia. La misericordia si scinde in due parti: da una parte c'è Dio che usa sempre misericordia per noi e verso di noi, dall'altra i fratelli che invece devono essere misericordiosi verso gli altri fratelli. Se noi riuscissimo a capire il valore della misericordia che riceviamo da Dio con una buona confessione e con le nostre opere quotidiane verso l'altro senza egoismo alcuno allora avremmo capito il senso della stessa. La misericordia è un piccolo fuoco che può riscaldare il cuore di tutti».
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