Vita di città
Un altro orizzonte, installazione o marketing politico
Matteo D’Ingeo (Liberatorio) scrive al Maestro Nagasawa
Molfetta - martedì 22 aprile 2014
12.27
Dubbi e curiosità sull'installazione che domina cala sant'Andrea. La soluzione agli interrogativi: una lettera all'autore dell'opera. «Nel momento in cui le scrivo la sua mostra – dice D'Ingeo nella lettera inviata al Maestro che a Molfetta, nei mesi scorsi ha tenuto una mostra a Torrione Passari - è stata chiusa e la sua opera, "Un altro orizzonte" (una delle opere in mostra ndr.), è stata smantellata creando un vuoto incolmabile in quella stanza del Torrione Passari. Un nostro dirigente comunale, ha deciso di far continuare a vivere la sua opera in una piazza cittadina inaugurata al pubblico il 12 aprile scorso. Ho osservato da vicino e da lontano la sua vecchia-nuova opera che ha lo stesso titolo e mi sono chiesto se fosse la stessa da lei creata tra le mura del Torrione Passari. Troppi gli elementi stridenti. La sua prima installazione aveva senso perché rapportata al luogo in cui era nata e lei ha spiegato il perché; la sua unicità e irripetibilità, nel tempo e nello spazio, rappresentava la grandezza stessa dell'opera. Pertanto rivederla in un altro spazio, perde la sua forza e la sua unicità. Sono cambiate le forme, le contrapposizioni di forze e gli equilibri meccanici. Non più i cunei a vigilare sugli equilibri instabili, ma piastre di ferro saldate e bullonate; il grande anello in ferro intorno alla trave verticale, che sosteneva mediante un gioco di spinte la trave orizzontale è stato trafitto da due bulloni passanti; e poi la trave verticale, più lunga che nel torrione, che si reggeva sotto la spinta del pavimento e del soffitto, è stata impalata nel terreno (speriamo non cementata); gli equilibri, non più gli stessi, sono creati e controllati dal vento di tramontana».
E D'Ingeo va oltre. «Caro Maestro, la sua opera prima non esiste più e se è vero, come è vero, che lei lavora rapportandosi ai luoghi e in un luogo diverso sarebbe venuto fuori un'opera diversa, questa nuova installazione non può più chiamarsi "Un altro orizzonte", perché è un'opera diversa dalla prima, anche la data della targa andrebbe cambiata. Pertanto le chiedo umilmente di farci sapere se lei ha condiviso questa operazione di trasformazione della sua opera d'arte-installazione, oppure altri l'hanno dissacrata usandola come mero oggetto di marketing politico-turistico. Spero di non averla offesa, Maestro, rivolgendomi a lei in modo diretto e se ho sbagliato nell'interpretare la sua arte, mi perdoni; in tal caso la prego di contribuire, nelle sue possibilità, all'educazione del popolo (ed io umilmente ne faccio parte) alla lettura, alla comprensione e al rispetto dell'opera d'arte»
E D'Ingeo va oltre. «Caro Maestro, la sua opera prima non esiste più e se è vero, come è vero, che lei lavora rapportandosi ai luoghi e in un luogo diverso sarebbe venuto fuori un'opera diversa, questa nuova installazione non può più chiamarsi "Un altro orizzonte", perché è un'opera diversa dalla prima, anche la data della targa andrebbe cambiata. Pertanto le chiedo umilmente di farci sapere se lei ha condiviso questa operazione di trasformazione della sua opera d'arte-installazione, oppure altri l'hanno dissacrata usandola come mero oggetto di marketing politico-turistico. Spero di non averla offesa, Maestro, rivolgendomi a lei in modo diretto e se ho sbagliato nell'interpretare la sua arte, mi perdoni; in tal caso la prego di contribuire, nelle sue possibilità, all'educazione del popolo (ed io umilmente ne faccio parte) alla lettura, alla comprensione e al rispetto dell'opera d'arte»