Cronaca
Uccise cliente del suo bar dopo litigio: pena ridotta in Appello
L'omicidio nel 2019 a Molfetta. La condanna nei confronti di Sergio Farinola è stata ridotta da 22 anni a 14 anni e 6 mesi
Molfetta - mercoledì 9 marzo 2022
17.15
La Corte di Assise di Appello di Bari ha ridotto da 22 anni a 14 anni e 6 mesi di reclusione la condanna inflitta in primo grado dalla Corte di Assise di Trani nei confronti del 46enne di Molfetta Sergio Farinola, imputato per l'omicidio premeditato del 47enne Corrado Parisi, ucciso con due colpi di pistola il 7 luglio 2019.
L'imputato, che dopo un periodo di detenzione in carcere si trova ora agli arresti domiciliari per motivi di salute con le accuse di omicidio volontario, detenzione e porto illegale di arma comune da sparo, aggravati dalla premeditazione (all'uomo, interdetto in perpetuo dai pubblici uffici, è stata applicata la libertà vigilata per 3 anni, nda) era il titolare del bar Meeting di via Capotorti, che la vittima, già nota, frequentava per giocare alle slot machine installate all'interno del locale.
Stando alla ricostruzione accusatoria, condivisa anche dai giudici, il gestore del bar si sarebbe fatto giustizia da solo al culmine di una lite. Il giorno dell'omicidio, il 46enne avrebbe aspettato Parisi sulla porta di ingresso del locale, impugnando l'arma che aveva caricato già la sera prima e, al culmine di un litigio, avrebbe sparato almeno tre colpi ferendo mortalmente il 47enne (uno in aria e due all'altezza del torace): Parisi morì dopo l'arrivo in ospedale, al don Tonino Bello.
Successivamente Farinola, supportato dai suoi legali, si costituì presso la Compagnia di Molfetta, dove confessò il delitto, prima di essere portato nel carcere di Trani. Il movente, secondo l'imputato, assistito da legali Daniela Castelluzzo e Andrea Calò, sarebbe legato al presunto comportamento aggressivo e minaccioso di Parisi, che «oltre a non pagare le consumazioni - ha riferito -, pretendeva la restituzione del denaro che perdeva ai videopoker, circa 100 euro ogni volta».
I giudici, oltre a ridurre la pena per il riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti, hanno confermato la condanna di Farinola al risarcimento dei danni nei confronti delle costituite parti civili, la moglie, i figli, la madre e i fratelli della stessa vittima, assistiti dagli avvocati Marco Di Bartolomeo e Michele Salvemini.
L'imputato, che dopo un periodo di detenzione in carcere si trova ora agli arresti domiciliari per motivi di salute con le accuse di omicidio volontario, detenzione e porto illegale di arma comune da sparo, aggravati dalla premeditazione (all'uomo, interdetto in perpetuo dai pubblici uffici, è stata applicata la libertà vigilata per 3 anni, nda) era il titolare del bar Meeting di via Capotorti, che la vittima, già nota, frequentava per giocare alle slot machine installate all'interno del locale.
Stando alla ricostruzione accusatoria, condivisa anche dai giudici, il gestore del bar si sarebbe fatto giustizia da solo al culmine di una lite. Il giorno dell'omicidio, il 46enne avrebbe aspettato Parisi sulla porta di ingresso del locale, impugnando l'arma che aveva caricato già la sera prima e, al culmine di un litigio, avrebbe sparato almeno tre colpi ferendo mortalmente il 47enne (uno in aria e due all'altezza del torace): Parisi morì dopo l'arrivo in ospedale, al don Tonino Bello.
Successivamente Farinola, supportato dai suoi legali, si costituì presso la Compagnia di Molfetta, dove confessò il delitto, prima di essere portato nel carcere di Trani. Il movente, secondo l'imputato, assistito da legali Daniela Castelluzzo e Andrea Calò, sarebbe legato al presunto comportamento aggressivo e minaccioso di Parisi, che «oltre a non pagare le consumazioni - ha riferito -, pretendeva la restituzione del denaro che perdeva ai videopoker, circa 100 euro ogni volta».
I giudici, oltre a ridurre la pena per il riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti, hanno confermato la condanna di Farinola al risarcimento dei danni nei confronti delle costituite parti civili, la moglie, i figli, la madre e i fratelli della stessa vittima, assistiti dagli avvocati Marco Di Bartolomeo e Michele Salvemini.