Territorio e Ambiente
Tornano in piazza i «No Triv» con una nuova assemblea pubblica
Il coordinamento attende ancora le risposte dal Ministero
Molfetta - venerdì 29 agosto 2014
08.04
Riprendono le assemblee pubbliche del coordinamento delle associazione e di cittadini che si stanno opponendo alle prospezioni marine nel basso Adriatico chieste al Ministero per l'Ambiente dalla «Global petroleum», società multinazionale australiana con sede a Londra. Il prossimo incontro programmato dai «No Triv» è per il 5 settembre alle 18,30 nel centro storico di Molfetta. Nel giardino Mammoni, in via Preti, o in caso di cattivo tempo nella sala Turtur.
Gli incontri riprendono all'indomani della pubblicazione sul sito istituzionale del Ministro delle osservazioni e delle controindicazioni al perseguimento di un progetto, quello delle indagini marine, che, occorre dirlo, è ancora in attesa della valutazione di impatto ambientale. La «Via» che proprio il Ministero dovrebbe rilasciare. Osservazioni che sono state redatte da associazioni ambientaliste, privati cittadini e istituzioni locali, come i Comuni di Brindisi, Monopoli e Molfetta. Tutte vertono sul punto che le paventate trivellazioni, ancor prima che individuare eventuali giacimenti di idrocarburi, rappresenterebbero un pericolo per la salute pubblica sin dalle prime delle indagini marine proposte dalla multinazionale del petrolio. Un mare, l'Adriatico, pressoché chiuso e poco profondo. Le ricerche, secondo il progetto, si spingeranno ad una profondità superiore ai 1000 metri.
Ad una quota e a una posizione che vede la presenza di ordigni bellici risalenti alla II Guerra mondiale, molti dei quali caricati con aggressivi chimici, tra cui le bombe all'iprite. Un milione di ordigni, secondo alcune stime, che si vanno sempre più deteriorando e a cui si sono aggiunti quelli rilasciati dai cacciabombardieri «Nato» nel corso del più recente conflitto nel Kosovo. Questi ultimi posizionati in precisi luoghi, indicati da alcune mappe in possesso delle Capitanerie di Porto.
Non solo. Il progetto presentato dalla «Global» prevede anche prospezioni lungo alcune fasce sismiche che corrono lungo la costa adriatica. Una preoccupazione in più vista anche la tecnologia che la multinazionale australiana intenderebbe utilizzare: quella dell'air gun. Una sorta di cannone che spara aria fortemente compressa che farebbe emergere dai fondali quanto depositato o nascosto. Una tecnologia che potrebbe innescare reazioni a catena sia sugli ordigni bellici che sulle linee sismiche. A tutte queste considerazioni il titolare del dicastero per l'Ambiente, Luca Galletti, non ha ancora risposto. Per contro la mobilitazione dei «No Triv» continua.
Gli incontri riprendono all'indomani della pubblicazione sul sito istituzionale del Ministro delle osservazioni e delle controindicazioni al perseguimento di un progetto, quello delle indagini marine, che, occorre dirlo, è ancora in attesa della valutazione di impatto ambientale. La «Via» che proprio il Ministero dovrebbe rilasciare. Osservazioni che sono state redatte da associazioni ambientaliste, privati cittadini e istituzioni locali, come i Comuni di Brindisi, Monopoli e Molfetta. Tutte vertono sul punto che le paventate trivellazioni, ancor prima che individuare eventuali giacimenti di idrocarburi, rappresenterebbero un pericolo per la salute pubblica sin dalle prime delle indagini marine proposte dalla multinazionale del petrolio. Un mare, l'Adriatico, pressoché chiuso e poco profondo. Le ricerche, secondo il progetto, si spingeranno ad una profondità superiore ai 1000 metri.
Ad una quota e a una posizione che vede la presenza di ordigni bellici risalenti alla II Guerra mondiale, molti dei quali caricati con aggressivi chimici, tra cui le bombe all'iprite. Un milione di ordigni, secondo alcune stime, che si vanno sempre più deteriorando e a cui si sono aggiunti quelli rilasciati dai cacciabombardieri «Nato» nel corso del più recente conflitto nel Kosovo. Questi ultimi posizionati in precisi luoghi, indicati da alcune mappe in possesso delle Capitanerie di Porto.
Non solo. Il progetto presentato dalla «Global» prevede anche prospezioni lungo alcune fasce sismiche che corrono lungo la costa adriatica. Una preoccupazione in più vista anche la tecnologia che la multinazionale australiana intenderebbe utilizzare: quella dell'air gun. Una sorta di cannone che spara aria fortemente compressa che farebbe emergere dai fondali quanto depositato o nascosto. Una tecnologia che potrebbe innescare reazioni a catena sia sugli ordigni bellici che sulle linee sismiche. A tutte queste considerazioni il titolare del dicastero per l'Ambiente, Luca Galletti, non ha ancora risposto. Per contro la mobilitazione dei «No Triv» continua.