Un'aula del Tribunale
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Cronaca

Tentato omicidio Squeo, 50enne condannato a 5 anni e 4 mesi

Emessa la sentenza, nel processo col rito abbreviato, per Vito Magarelli accusato dell'episodio avvenuto nel 2021

È stato condannato in primo grado alla pena di 5 anni e 4 mesi di reclusione Vito Magarelli, il 50enne detto «La Cerasa», volto noto negli ambienti investigativi, da tempo in stato di libertà, accusato del reato di tentato omicidio, per avere impugnato un coltello e ferito Leonardo Squeo, a Molfetta, la sera del 10 agosto 2021.

La sentenza è stata emessa dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Trani, Domenico Zeno, al termine di un processo discusso con la formula del rito abbreviato che ha consentito all'imputato (che rispondeva anche di porto abusivo di oggetti atti a offendere) di beneficiare dello sconto di un terzo della pena. In aula, l'accusa, rappresentata dal pubblico ministero della Procura della Repubblica di Trani, Roberta Moramarco, titolare della procedura, aveva invocato 10 anni.

Stando alle carte dell'inchiesta penale, il 44enne Squeo, conosciuto alle forze dell'ordine per piccoli precedenti fu colpito in piazza Paradiso all'addome da alcune coltellate e, infine, da un colpo d'arma da fuoco al piede destro esploso da una pistola calibro 7.65. Il ferito riuscì a trascinarsi sino in via Bixio, dove, raggiunto da alcuni conoscenti, fu portato all'ospedale don Tonino Bello, operato nella notte e ricoverato in prognosi riservata: riuscì a cavarsela con una prognosi di 33 giorni.

Per quel fatto, due mesi dopo, i militari della locale Compagnia, grazie alle immagini della videosorveglianza pubblica e privata e alle intercettazioni, arrestarono due cugini omonimi, Vito Magarelli, di 50 e di 36 anni - il più piccolo, lo scorso dicembre, ha patteggiato una pena a 3 anni e 6mila euro di multa per lesioni -, poi portati nel carcere di Trani. Un tentato omicidio derivato, secondo le indagini, per una offesa alla compagna del più grande che i due non hanno voluto perdonare.

Per questo «in concorso tra loro, legati da vincolo di parentela (cugini) e mossi da sentimenti di vendetta» avrebbero colpito Squeo. A distanza di quattro mesi il Tribunale di Trani, su istanza presentata dall'avvocato del cugino più grande, Andrea Calò, riconoscendo l'affievolimento delle esigenze cautelari, oramai ritenute, secondo i numerosi elementi prospettati, «ridimensionate e tutelabili con una misura meno afflittiva», lo relegò agli arresti domiciliari col braccialetto elettronico.

«Pur prendendo atto con soddisfazione del verdetto - ha detto Calò -, non condivido l'allineamento all'ipotesi di tentato omicidio». Non appena saranno rese note le motivazioni (90 giorni), l'avvocato valuterà l'appello «affinché il reato sia riqualificato dai giudici di secondo grado in quello meno grave di lesioni volontarie».
  • Andrea Calò
  • Leonardo Squeo
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