Sisma in Albania, il racconto dei volontari di Molfetta impegnati a Durazzo
Riccardo Sallustio del Ser illustra l'operato nel territorio colpito
Molfetta - mercoledì 4 dicembre 2019
05.00
Dopo il terremoto verificatosi nelle prime ore della mattina del 26 novembre nei pressi della città di Durazzo, la Protezione Civile Nazionale ha messo a disposizione del popolo albanese mezzi e uomini per fronteggiare l'emergenza. Il Sermolfetta, allertato dal Dipartimento di Protezione Civile della Regione Puglia, ha da subito dato la disponibilità per quattro volontari ed un mezzo 4x4. Riccardo Sallustio è uno dei volontari del Sermolfetta che hanno partecipato alla missione in Albania dal 26 al 29 novembre 2019. Riccardo, Michele, Giuseppe ed Adriano sono partiti alle 20:00 del giorno 26 per imbarcarsi dal Porto di Bari, con destinazione Durazzo. La missione era quella di costruire un campo logistico per 250 persone in un'area individuata all'interno del Porto di Durazzo. «La nostra funzione era principalmente logistica - racconta Riccardo - difatti eravamo deputati all'allestimento di un campo. Appena arrivati su suolo albanese ci siamo dedicati al montaggio ed all'allestimento delle strutture come tende, cucine, refettori, servizi. L'attività è stata frenetica ed in 48 ore abbiamo completato il tutto».
Che situazione avete trovato al vostro arrivo a Durazzo?
«Abbiamo potuto toccare con mano, soprattutto durante le poche pause a disposizione, la disperazione dei cittadini, spesso in stato di panico o disorientamento per aver perso la propria casa, frutto di tanti sacrifici. Abbiamo cercato di prestare sostegno, anche solo morale, a chi abbiamo incrociato; in situazioni di emergenza anche un sorriso, una parola di conforto o una bottiglietta d'acqua possono sanare il morale di chi vive una disgrazia. I pochi passanti e commercianti rimasti attivi in città non facevano altro che essere felici della nostra presenza e non facevano altro che ringraziarci, mascherando, con un senso di resilienza, la paura che ci raccontavano crescere in loro ogni istante, ogni minuto, ad ogni scossa».
Ci sono stati momenti di particolare paura durante la vostra permanenza in Albania?
«Quando parti per un territorio che ha appena subito una scossa, metti in conto che scosse successive possono verificarsi. Abbiamo sentito parecchie scosse durante la nostra permanenza, in particolare ricordo chiaramente il pomeriggio di mercoledì attorno alle 16:00. Io e Giuseppe eravamo all'interno di un veicolo, quando l'abitacolo ha iniziato scuotersi, al punto che abbiamo pensato ad uno scherzo degli altri due nostri compagni, che però erano da tutt'altra parte del campo impegnati nel montaggio. Siamo usciti dal veicolo volgendo lo sguardo vesto i quartieri densamente abitati dai quali abbiamo visto venir su una nuvola di polvere; ci hanno poi comunicato che quella nube era relativa ad altre tre palazzine crollate. Questi momenti, paradossalmente, ci erano solo da stimolo a fare prima».
Era la prima volta per voi in un contesto di post sisma?
«Buona parte della mia squadra aveva già prestato servizio all'interno del campo di Bolognola durante il Sisma Centro Italia di Novembre 2016. Per quel che mi riguarda è stata la prima volta, tuttavia la preparazione che il Sermolfetta mi ha dato in questi pochi anni da volontario è stata scudo prezioso che mi ha permesso di gettarmi in questo viaggio senza alcun ripensamento o timore alcuno. Il Sermolfetta è una macchina in continua evoluzione che forma i propri volontari sia teoricamente che sul campo a qualsiasi scenario ed è capace di organizzarsi per rispondere in maniera rapida ed efficace alle emergenze che purtroppo avvengono».
Che sensazioni vi ha lasciato questa esperienza così forte?
«Questa, come molte disgrazie nelle quali diamo il nostro sostegno, non fa altro che ricordarci quanto poco scontati e fragili possano essere la serenità e l'equilibrio quotidiano della vita di ognuno di noi. Incontrare lo sguardo di chi ha perso tutto ci ricorda che cose come la propria famiglia ed il senso di collettività fra individui siano di una grandezza incommensurabile rispetto alla pochezza dei trend e dei bisogni finti ai quali la società consumista spesso ci porta. Tragedie come un sisma affermano con chiarezza che la vera salvezza sta nel non dimenticare mai che prima di essere il nostro lavoro, la nostra nazione, il nostro nome e cognome, noi tutti siamo in primis esseri umani».
Che situazione avete trovato al vostro arrivo a Durazzo?
«Abbiamo potuto toccare con mano, soprattutto durante le poche pause a disposizione, la disperazione dei cittadini, spesso in stato di panico o disorientamento per aver perso la propria casa, frutto di tanti sacrifici. Abbiamo cercato di prestare sostegno, anche solo morale, a chi abbiamo incrociato; in situazioni di emergenza anche un sorriso, una parola di conforto o una bottiglietta d'acqua possono sanare il morale di chi vive una disgrazia. I pochi passanti e commercianti rimasti attivi in città non facevano altro che essere felici della nostra presenza e non facevano altro che ringraziarci, mascherando, con un senso di resilienza, la paura che ci raccontavano crescere in loro ogni istante, ogni minuto, ad ogni scossa».
Ci sono stati momenti di particolare paura durante la vostra permanenza in Albania?
«Quando parti per un territorio che ha appena subito una scossa, metti in conto che scosse successive possono verificarsi. Abbiamo sentito parecchie scosse durante la nostra permanenza, in particolare ricordo chiaramente il pomeriggio di mercoledì attorno alle 16:00. Io e Giuseppe eravamo all'interno di un veicolo, quando l'abitacolo ha iniziato scuotersi, al punto che abbiamo pensato ad uno scherzo degli altri due nostri compagni, che però erano da tutt'altra parte del campo impegnati nel montaggio. Siamo usciti dal veicolo volgendo lo sguardo vesto i quartieri densamente abitati dai quali abbiamo visto venir su una nuvola di polvere; ci hanno poi comunicato che quella nube era relativa ad altre tre palazzine crollate. Questi momenti, paradossalmente, ci erano solo da stimolo a fare prima».
Era la prima volta per voi in un contesto di post sisma?
«Buona parte della mia squadra aveva già prestato servizio all'interno del campo di Bolognola durante il Sisma Centro Italia di Novembre 2016. Per quel che mi riguarda è stata la prima volta, tuttavia la preparazione che il Sermolfetta mi ha dato in questi pochi anni da volontario è stata scudo prezioso che mi ha permesso di gettarmi in questo viaggio senza alcun ripensamento o timore alcuno. Il Sermolfetta è una macchina in continua evoluzione che forma i propri volontari sia teoricamente che sul campo a qualsiasi scenario ed è capace di organizzarsi per rispondere in maniera rapida ed efficace alle emergenze che purtroppo avvengono».
Che sensazioni vi ha lasciato questa esperienza così forte?
«Questa, come molte disgrazie nelle quali diamo il nostro sostegno, non fa altro che ricordarci quanto poco scontati e fragili possano essere la serenità e l'equilibrio quotidiano della vita di ognuno di noi. Incontrare lo sguardo di chi ha perso tutto ci ricorda che cose come la propria famiglia ed il senso di collettività fra individui siano di una grandezza incommensurabile rispetto alla pochezza dei trend e dei bisogni finti ai quali la società consumista spesso ci porta. Tragedie come un sisma affermano con chiarezza che la vera salvezza sta nel non dimenticare mai che prima di essere il nostro lavoro, la nostra nazione, il nostro nome e cognome, noi tutti siamo in primis esseri umani».