Vita di città
Sergio Azzollini, una vita a servizio di Molfetta come agente di polizia
L'intervista all'agente: «Per oltre 30 anni motociclista, ero sempre tra i primi ad arrivare sul posto»
Molfetta - giovedì 9 marzo 2023
Quarantun'anni di carriera a Molfetta nel corpo della Polizia locale. È la storia di Sergio Azzollini, in pensione da quest'anno, che si è raccontato alla redazione di "MolfettaViva" dopo esser stato a servizio della città, attraversandone trasformazioni, migliorie e criticità.
Come ha scelto di entrare nel corpo di Polizia locale?
«All'inizio ero alle prime armi, ho fatto vari concorsi e nel lontano 1981 sono stato assunto. Era il 1 dicembre, lo ricordo ancora. Ambientarsi non è stato facile, ma questo lavoro mi è sempre piaciuto. Sono stato sempre per strada, con qualsiasi temperatura, e di questo vado fiero. Non mi sono mai lasciato fermare da niente, sono rimasto in servizio fino all'ultimo giorno».
Qual è il ricordo più bello degli anni di operato a Molfetta?
«I ricordi sono tantissimi. In particolar modo, porto nel cuore l'esperienza con don Tonino, che ci veniva sempre a trovare al comando per la festa di San Sebastiano. Era molto vicino a noi, ogni anno la sua presenza non è mai mancata. Ci portava sempre i suoi auguri ed era molto umano. Ricordo anche molto bene la visita del papa a Molfetta». Quali sono le problematiche più diffuse a Molfetta in termini di sicurezza?
«Prima, ai tempi dell'operazione primavera, c'era uno spaccio non indifferente di droga. Molti ragazzi rimanevano vittime di overdose, molti altri siamo riusciti a salvarli. Ora le problematiche sono differenti, riguardano le baby gang, che però ci sono ovunque, anche nei paesi limitrofi. Rispetto agli altri paesi, Molfetta è quasi un'oasi felice. Naturalmente come in ogni comune c'è il problema del traffico, ma quello dipende dal fatto che dovrebbe essere promossa una maggiore educazione stradale».
Qual è l'esperienza più difficile in cui si è trovato in questi anni?
«La mia fortuna è stata la varietà degli interventi svolti. Del resto, il nostro lavoro è bello per questo. Si passa da aiutare un povero anziano in difficoltà a gestire situazioni ben più problematiche. Siamo intervenuti nei suicidi, specie sulla ferrovia. Ricordo il suicidio di una 18enne che si era impiccata in casa. Io e un collega siamo intervenuti nell'abitazione. Quando vedemmo questa ragazza in quelle condizioni, capimmo che era troppo tardi e fu un dolore enorme. Un altro ricordo negativo è la disgrazia della Truck Center, dove sono intervenuto personalmente. Ancora oggi pensarci è straziante».
Qual è la percezione che la città ha delle forze dell'ordine?
«Rispetto alle altre forze dell'ordine, come ad esempio i carabinieri, noi agenti siamo malvisti per un motivo: andiamo a toccare i portafogli dei cittadini con un lavoro quotidiano di pattugliamento della città. Però gli agenti sono sempre i primi a esser chiamati per risolvere qualsiasi tipo di problema. Lo posso affermare con certezza perché sono stato motociclista per oltre 30 anni ed ero sempre tra i primi ad arrivare sul posto».
Qual è la zona in cui ha svolto più interventi?
«Prima era di sicuro corso Umberto, quando era ancora transitabile in auto. Da quando è diventata zona pedonale, c'è stato un allargamento spropositato della città in tutte le direzioni. Non ci sono altre zone particolari di intervento, ma il numero dei colleghi in servizio è sempre molto limitato. Le pattuglie sono contate. A seconda delle necessità noi ci siamo sempre. Adesso, con la zona industriale e l'apertura dei vari ipermercati e centri commerciali, ci sono una serie di interventi che non esistevano negli anni '90».
Come è cambiato il vostro lavoro nel tempo?
«Prima eravamo prettamente dediti alla viabilità, con il passare degli anni le funzioni dell'agente di polizia locale sono aumentate. Siamo diventati poliziotti a tutti gli effetti. Interveniamo negli incidenti, negli illeciti amministrativi ed edilizi, nelle questioni di polizia giudiziaria. Un agente ora deve saper fare tutto e adattarsi alle varie situazioni. Posso garantire che i ragazzi che ci sono adesso, come noi all'epoca quando abbiamo iniziato, sono pronti a destreggiarsi».
Il trasferimento della sede della Polizia locale da piazza Vittorio Emanuele a via Molfettesi d'America ha portato a cambiamenti significativi?
«A livello operativo ci sono stati diversi cambiamenti. I mezzi ora sono a portata di mano, prima era necessario prenderli dal garage all'occorrenza. Essendo in una zona più periferica, siamo pronti, siamo veloci. Ci troviamo in un punto strategico perché siamo vicini alla 16bis da cui raggiungiamo facilmente la zona industriale. È una sede molto efficiente, che ha una centrale operativa e tanti vantaggi che prima non c'erano. La sede storica di piazza Vittorio Emanuele era raggiungibile più facilmente dagli anziani, che ci facevano segnalazioni, ci comunicavano i problemi dell'illuminazione pubblica e ci chiedevano gli orari delle farmacie di turno. Ora viene rimproverato all'amministrazione che non ci sia un presidio dei vigili in centro o nella città vecchia. All'epoca, quando la zona industriale stava nascendo, si vociferava che la polizia dovesse avere un presidio anche lì, ma non ci sono i numeri adeguati di risorse».
Come sono stati i rapporti con le amministrazioni che si sono susseguite?
«Sempre positivi, con tutti coloro che si sono avvicendati nel tempo abbiamo avuto una buona comunicazione. Negli anni la gente ha iniziato ad apprezzare sempre di più il nostro lavoro. Durante il mio servizio ho conosciuto gente diversa e ha avuto la fortuna di essere ringraziato per tanti interventi fatti. Questo per me significa tantissimo».
Come ha scelto di entrare nel corpo di Polizia locale?
«All'inizio ero alle prime armi, ho fatto vari concorsi e nel lontano 1981 sono stato assunto. Era il 1 dicembre, lo ricordo ancora. Ambientarsi non è stato facile, ma questo lavoro mi è sempre piaciuto. Sono stato sempre per strada, con qualsiasi temperatura, e di questo vado fiero. Non mi sono mai lasciato fermare da niente, sono rimasto in servizio fino all'ultimo giorno».
Qual è il ricordo più bello degli anni di operato a Molfetta?
«I ricordi sono tantissimi. In particolar modo, porto nel cuore l'esperienza con don Tonino, che ci veniva sempre a trovare al comando per la festa di San Sebastiano. Era molto vicino a noi, ogni anno la sua presenza non è mai mancata. Ci portava sempre i suoi auguri ed era molto umano. Ricordo anche molto bene la visita del papa a Molfetta». Quali sono le problematiche più diffuse a Molfetta in termini di sicurezza?
«Prima, ai tempi dell'operazione primavera, c'era uno spaccio non indifferente di droga. Molti ragazzi rimanevano vittime di overdose, molti altri siamo riusciti a salvarli. Ora le problematiche sono differenti, riguardano le baby gang, che però ci sono ovunque, anche nei paesi limitrofi. Rispetto agli altri paesi, Molfetta è quasi un'oasi felice. Naturalmente come in ogni comune c'è il problema del traffico, ma quello dipende dal fatto che dovrebbe essere promossa una maggiore educazione stradale».
Qual è l'esperienza più difficile in cui si è trovato in questi anni?
«La mia fortuna è stata la varietà degli interventi svolti. Del resto, il nostro lavoro è bello per questo. Si passa da aiutare un povero anziano in difficoltà a gestire situazioni ben più problematiche. Siamo intervenuti nei suicidi, specie sulla ferrovia. Ricordo il suicidio di una 18enne che si era impiccata in casa. Io e un collega siamo intervenuti nell'abitazione. Quando vedemmo questa ragazza in quelle condizioni, capimmo che era troppo tardi e fu un dolore enorme. Un altro ricordo negativo è la disgrazia della Truck Center, dove sono intervenuto personalmente. Ancora oggi pensarci è straziante».
Qual è la percezione che la città ha delle forze dell'ordine?
«Rispetto alle altre forze dell'ordine, come ad esempio i carabinieri, noi agenti siamo malvisti per un motivo: andiamo a toccare i portafogli dei cittadini con un lavoro quotidiano di pattugliamento della città. Però gli agenti sono sempre i primi a esser chiamati per risolvere qualsiasi tipo di problema. Lo posso affermare con certezza perché sono stato motociclista per oltre 30 anni ed ero sempre tra i primi ad arrivare sul posto».
Qual è la zona in cui ha svolto più interventi?
«Prima era di sicuro corso Umberto, quando era ancora transitabile in auto. Da quando è diventata zona pedonale, c'è stato un allargamento spropositato della città in tutte le direzioni. Non ci sono altre zone particolari di intervento, ma il numero dei colleghi in servizio è sempre molto limitato. Le pattuglie sono contate. A seconda delle necessità noi ci siamo sempre. Adesso, con la zona industriale e l'apertura dei vari ipermercati e centri commerciali, ci sono una serie di interventi che non esistevano negli anni '90».
Come è cambiato il vostro lavoro nel tempo?
«Prima eravamo prettamente dediti alla viabilità, con il passare degli anni le funzioni dell'agente di polizia locale sono aumentate. Siamo diventati poliziotti a tutti gli effetti. Interveniamo negli incidenti, negli illeciti amministrativi ed edilizi, nelle questioni di polizia giudiziaria. Un agente ora deve saper fare tutto e adattarsi alle varie situazioni. Posso garantire che i ragazzi che ci sono adesso, come noi all'epoca quando abbiamo iniziato, sono pronti a destreggiarsi».
Il trasferimento della sede della Polizia locale da piazza Vittorio Emanuele a via Molfettesi d'America ha portato a cambiamenti significativi?
«A livello operativo ci sono stati diversi cambiamenti. I mezzi ora sono a portata di mano, prima era necessario prenderli dal garage all'occorrenza. Essendo in una zona più periferica, siamo pronti, siamo veloci. Ci troviamo in un punto strategico perché siamo vicini alla 16bis da cui raggiungiamo facilmente la zona industriale. È una sede molto efficiente, che ha una centrale operativa e tanti vantaggi che prima non c'erano. La sede storica di piazza Vittorio Emanuele era raggiungibile più facilmente dagli anziani, che ci facevano segnalazioni, ci comunicavano i problemi dell'illuminazione pubblica e ci chiedevano gli orari delle farmacie di turno. Ora viene rimproverato all'amministrazione che non ci sia un presidio dei vigili in centro o nella città vecchia. All'epoca, quando la zona industriale stava nascendo, si vociferava che la polizia dovesse avere un presidio anche lì, ma non ci sono i numeri adeguati di risorse».
Come sono stati i rapporti con le amministrazioni che si sono susseguite?
«Sempre positivi, con tutti coloro che si sono avvicendati nel tempo abbiamo avuto una buona comunicazione. Negli anni la gente ha iniziato ad apprezzare sempre di più il nostro lavoro. Durante il mio servizio ho conosciuto gente diversa e ha avuto la fortuna di essere ringraziato per tanti interventi fatti. Questo per me significa tantissimo».