Sanità
Riordino ospedaliero: i numeri dicono altro rispetto alle parole
E’ la dottoressa Olimpia del Rosso a guidarci nelle novità che il piano di riordino prevede per il nosocomio molfettese
Molfetta - venerdì 1 aprile 2016
8.17
Il Piano di riordino ospedaliero è un insieme di numeri che dovrebbero delineare il futuro della sanità nella nostra Regione, ma per gli addetti ai lavori, o meglio per chi nella sanità pubblica ha lavorato per molti anni, come la dottoressa Olimpia del Rosso, ci sono molte incongruenze.
La dottoressa del Rosso aveva presentato tre anni fa uno studio sullo stato della salute della nostra città confrontando i dati relativi agli aspetti demografici, ambientali e sanitari.
«Quei dati potevano essere- ci ha detto la dottoressa- un punto di partenza per una programmazione, ma nessuno ne ha tenuto conto anche perchéi risultati sono sotto gli occhi di tutti. A fronte di una domanda sanitaria che diventa sempre più importante e complessa per una città che invecchia velocemente, indice di vecchiaia di 175 (indice fra i più alti della provincia), con un numero di circa 14.000 over 65 anni, il 22% della popolazione di cui circa 4.000 d'età superiore agli 80 anni, il piano ridimensiona ancora una volta l'ospedale di Molfetta sottraendo specialità e riducendo i posti letto. Mi domando come può un'ospedale funzionare senza l'autonomia diagnostica laboratoristica o come possono le branche chirurgiche (Chirurgia ed ortopedia) funzionare senza il servizio di anestesia o peggio senza cardiologia. Circa la Tac non è chiaro se rimarrà in dotazione al presidio considerato che la strumentazione è prevista solo negli ospedali di I e II livello».
Perché secondo lei tutto questo?
«Non so se pensare ad accanimento distruttivo o a sottovalutazione dei problemi da parte di chi deve governare il territorio. So e leggo che altri territori mantengono i loro presidi che vengono persino potenziati. Penso, senza polemiche e solo per vicinanza geografica, al Presidio di Bisceglie (Asl BT) che pur individuato come Ospedale di base quindi la stessa tipologia di Molfetta, avrà un numero di Discipline o Unità Operative (12 + i servizi compreso il Laboratorio analisi) e 174 posti letto incomparabili con quelli del nostro ospedale. Altrettanto vale, per avere una visione regionale e ne cito solo alcuni, per l'ospedale di Manfredonia (Asl Fg) con 135 posti letto o di Casarano (Asl Lecce) con 151».
Anche su quello che accadrà la dottoressa del Rosso ipotizza: «dalle notizie di stampa sembra che gli Organi Regionali siano disponibili ad ascoltare (e forse a rimodulare il Piano di riordino ospedaliero) convocando i rappresentanti dell'Anci. Staremo a vedere che frutti produrrà».
Necessita anche ricordare che deve essere rivalutata anzi ricontrattata l'assistenza territoriale. Il poliambulatorio di Molfetta è quello meno dotato, e piove sul bagnato, di specialità mediche e per numero di ore e per tipologia e prestazioni erogabili dalle stesse (argomenti da me ampiamente affrontati tre anni fa).
«Serve ora che la Regione si faccia carico di valutare l'aspetto demografico ed epidemiologico prima di ogni altra decisione. Mi aspetto, anzi spero, che si faccia carico di rilevare e pubblicare, Comune per Comune, i dati epidemiologici (il sistema Edotto lo consente) così da avere certezza della domanda sanitaria di ciascun territorio e provvedere, oculatamente, a dare risposte adeguate riequilibrando le disparità di trattamento».
La dottoressa del Rosso aveva presentato tre anni fa uno studio sullo stato della salute della nostra città confrontando i dati relativi agli aspetti demografici, ambientali e sanitari.
«Quei dati potevano essere- ci ha detto la dottoressa- un punto di partenza per una programmazione, ma nessuno ne ha tenuto conto anche perchéi risultati sono sotto gli occhi di tutti. A fronte di una domanda sanitaria che diventa sempre più importante e complessa per una città che invecchia velocemente, indice di vecchiaia di 175 (indice fra i più alti della provincia), con un numero di circa 14.000 over 65 anni, il 22% della popolazione di cui circa 4.000 d'età superiore agli 80 anni, il piano ridimensiona ancora una volta l'ospedale di Molfetta sottraendo specialità e riducendo i posti letto. Mi domando come può un'ospedale funzionare senza l'autonomia diagnostica laboratoristica o come possono le branche chirurgiche (Chirurgia ed ortopedia) funzionare senza il servizio di anestesia o peggio senza cardiologia. Circa la Tac non è chiaro se rimarrà in dotazione al presidio considerato che la strumentazione è prevista solo negli ospedali di I e II livello».
Perché secondo lei tutto questo?
«Non so se pensare ad accanimento distruttivo o a sottovalutazione dei problemi da parte di chi deve governare il territorio. So e leggo che altri territori mantengono i loro presidi che vengono persino potenziati. Penso, senza polemiche e solo per vicinanza geografica, al Presidio di Bisceglie (Asl BT) che pur individuato come Ospedale di base quindi la stessa tipologia di Molfetta, avrà un numero di Discipline o Unità Operative (12 + i servizi compreso il Laboratorio analisi) e 174 posti letto incomparabili con quelli del nostro ospedale. Altrettanto vale, per avere una visione regionale e ne cito solo alcuni, per l'ospedale di Manfredonia (Asl Fg) con 135 posti letto o di Casarano (Asl Lecce) con 151».
Anche su quello che accadrà la dottoressa del Rosso ipotizza: «dalle notizie di stampa sembra che gli Organi Regionali siano disponibili ad ascoltare (e forse a rimodulare il Piano di riordino ospedaliero) convocando i rappresentanti dell'Anci. Staremo a vedere che frutti produrrà».
Necessita anche ricordare che deve essere rivalutata anzi ricontrattata l'assistenza territoriale. Il poliambulatorio di Molfetta è quello meno dotato, e piove sul bagnato, di specialità mediche e per numero di ore e per tipologia e prestazioni erogabili dalle stesse (argomenti da me ampiamente affrontati tre anni fa).
«Serve ora che la Regione si faccia carico di valutare l'aspetto demografico ed epidemiologico prima di ogni altra decisione. Mi aspetto, anzi spero, che si faccia carico di rilevare e pubblicare, Comune per Comune, i dati epidemiologici (il sistema Edotto lo consente) così da avere certezza della domanda sanitaria di ciascun territorio e provvedere, oculatamente, a dare risposte adeguate riequilibrando le disparità di trattamento».