Giuseppe Filannino
Giuseppe Filannino

Quando il sindacato licenzia ingiustamente i suoi dipendenti: la storia di Giuseppe Filannino

Una vicenda giudiziaria complicata che si è conclusa pochi giorni fa

Quella che vi stiamo per raccontare è una storia alquanto intricata, ed a tratti paradossale, che vede come protagonisti un lavoratore, Giuseppe Filannino, ed una società di servizi, la "Bari servizi e lavoro srl", controllata al 100% dalla CGIL.

Senza entrare nelle considerazioni personali, ci limiteremo però a raccontarvi questa vicenda seguendo il filone giudiziario che l'ha accompagnata nel tempo, ed andiamo perciò con ordine: è il 2011 quando Giuseppe Filannino inizia a lavorare presso la Camera del Lavoro di Molfetta dove rimane fino ad agosto 2013, per poi essere trasferito a Bari. In questi due anni e mezzo, Filannino ha ricoperto il ruolo di Responsabile dei servizi fiscali e quello di Coordinatore della Camera del lavoro, una sorta di segretario della camera stessa.

Tralasciando le versioni sul perchè di tale trasferimento, nello stesso 2013, proprio poco prima di doversi trasferire presso la sede di Bari, Giuseppe Filannino incappa purtroppo in un brutto incidente stradale che lo costringerà ad assentarsi dal lavoro per circa 5 mesi, rientrandovi nel gennaio 2014.

Pochi mesi dopo, esattamente il 30 maggio dello stesso anno, inizia il calvario di Filannino: attraverso una nota interna, vengono chiesti al Coordinatore dei "necessari chiarimenti" in seguito ad una comunicazione di una signora molfettese che "...ci comunica di averti dato, per lo svolgimento della pratica di successione del marito, la somma di 800,00 €". La prima anomalia si riscontra ora: il fatto contestato a Filannino sarebbe accaduto 3 anni addietro, ovvero nel 2011 e solo nel maggio 2014 gli viene notificato.

Nonostante ciò, Filannino il 10 giugno risponde in primis rigettando ogni accusa, chiede poi ulteriori dettagli sulla questione e si rende infine disponibile a parlare con la diretta interessata, attraverso una missiva indirizzata per conoscenza anche alla CGIL Puglia e CGIL di Bari.

Una settimana dopo circa, cioè il 16 luglio, arriva però la prima doccia fredda: Filannino riceve dal suo datore di lavoro, la "Bari servizi e lavoro srl", che ricordiamo essere controllata al 100% dalla CGIL, una contestazione disciplinare in cui si legge che "...poichè non risulta che Lei abbia rimesso tale somma (gli 800€ di prima n.d.r.) alla scrivente società, né si comprende a quale titolo Lei possa aver richiesto ed ottenuto tale importo, (...) nel contestarLe il comportamento di cui sopra, (...) La invitiamo a fornire Sue giustificazioni scritte".

Arriva una nuova risposta del lavoratore, il 23 giugno, che rigetta ancora una volta tutte le accuse, ma il 04 luglio arriva il licenziamento per giusta causa nei confronti di Filannino, in quanto, secondo la società datrice di lavoro, non "disconosce di aver percepito la somma di € 800,00 e (...) né ha fornito alcuna giustificazione in merito a quanto contestatoLe".

Filannino viene quindi licenziato e rimane per oltre un anno e mezzo senza lavoro, ma grazie agli avvocati Silvio Giannella e Pasquale Nasca, intraprende un'azione legale per far valere le proprie ragioni.
C'è però un altro elemento che deve essere ora considerato: le persone che ad ora e sembra, e più avanti capirete il perchè diciamo solo "ad ora e sembra", abbiano lamentato il versamento non dovuto degli 800 €, sono imparentate con un certo D. S. che è un altro sindacalista della CGIL, proprio come Filannino.

Nel marzo 2015 inizia il procedimento condotto dal giudice del lavoro di Bari Luigi Pazienza che prima di procedere, per risolvere definitivamente la questione, propone a Filannino una compensazione di 25.000 € ma l'ex Coordinatore rifiuta e si va così al processo che si conclude in primo grado l'11 novembre del 2015 con il reintegro nelle mansioni di Filannino ed il versamento di un anno di lavoro non retribuito. Ciò che risalta però, non è tanto il reintegro lavorativo di Filannino, che ha comunque la sua rilevanza, quanto il fatto che leggendo la sentenza si evince come la signora, e la figlia della stessa, abbiano scritto la comunicazione sui famosi 800 € sotto dettatura proprio di D. S. e che si siano fidati di quest'ultimo essendo loro parente, ma senza realmente aver mai versato gli 800€ a Filannino.

Il datore di lavoro di Filannino intanto fa ricorso ma perde ancora, con la sentenza giunta proprio alcuni giorni fa, il 03 marzo scorso che conferma in toto il primo grado, ovvero il reintegro lavorativo e le 12 mensilità pregresse oltre il pagamento delle spese processuali.

Si chiude così questa storia, almeno sul piano della giustizia del lavoro. Una storia che però continuerà a far parlare di se considerato che Filannino ha informato di tutto, attraverso la consegna di un plico con tutti i documenti, la segretaria nazionale della CGIL, Susanna Camusso alla quale chiede di intervenire perchè «ogni giorno della mia vita spesa a combattere da solo questa battaglia lo trovo tristissimo. Non è esaltante vincere queste battaglie senza la CGIL al mio fianco e soprattutto al fianco di chi prima di me ha subito o sta subendo per l'aiuto dato a far si che la verità venisse a galla. Io voglio ancora poter ringraziare il prima possibile la CGIL del mio conterraneo Di Vittorio, la CGIL che voglio continuare ad amare e lottare per lei e con lei a fianco ai lavoratori».
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