Politica
Piergiovanni, la Grasta, Capurso: che primarie Pd saranno?
Tre candidati, tante incognite. Tutti i nodi ancora da scogliere
Molfetta - lunedì 27 febbraio 2017
Con tre candidati alla poltrona di sindaco, ciascuno dei quali con un profilo politico e caratteriale molto differente, l'esito delle eventuali "primarie interne" del Partito democratico appare oggi un po' meno scontato di quello che poteva sembrare soltanto qualche giorno fa. Nemmeno gli accorati e autorevoli appelli all'unità giunti da più parti sembrano infatti in grado di far rientrare la crisi. Sia il membro del direttivo Pd Pietro Capurso sia l'ex consigliere comunale Roberto la Grasta non si limiteranno, come pensano in molti, a fare da sparring partner dell'ex presidente del consiglio comunale, Nicola Piergiovanni.
Il rischio per Piergiovanni, se pensa di avere già la vittoria in tasca, è quello di vedersi consegnato un partito rissoso e spaccato come lo è stato (rissoso e spaccato) dal 2013 a oggi. Con conseguenze difficilmente prevedibili durante la prossima campagna elettorale, quando il Pd - per ragioni numeriche (di voti per intenderci) - sarà probabilmente costretto a virare su una "coalizione di necessità" con Tommaso Minervini. Ma Capurso e la Grasta non rappresentano semplicemente oppositori di comodo utili soltanto a tenere in piedi la finzione democratica. Ad esempio Roberto la Grasta - nell'ipotesi in cui si opti per le liste facenti capo a Tommaso Minervini - potrebbe riuscire a pescare consensi tra i centristi e i liberali. Soprattutto tra quelli che faticherebbero, all'interno dello stesso Pd, a sentirsi rappresentati da una colazione di cui facessero parte anche forze di sinistra come Sinistra Italiana, DèP e Rifondazione Comunista.
La soglia psicologica, secondo i rumors del Pd, è quella di una guerra di nervi. Nessuno dei tre competitor dem è disposto a rinunciare alla candidatura. Pietro Capurso, sarebbe disposto a fare un passo indietro solo nel caso in cui si converga sul nome del segretario Di Gioia. Mentre l'idea del duo Piergiovanni e la Grasta sarebbe quella di portare il proprio nome sul tavolo della coalizione minerviniana e non su quella del 2013 costituita proprio da Sinistra Italiana, DèP, Linea Diritta e Rifondazione Comunista. La strettoia, per i dem, è questa.
Ma quali sono i punti di forza di Piergiovanni e la Grasta? Saranno in grado di allargare la base elettorale fuori dal perimetro degli attivisti di partito? Quale seguito possono vantare in quel pezzo di "elettorato largo" che, in gran parte, non ha in tasca la tessera del Pd? Riusciranno a mobilitare cittadini ed elettori che non frequentano né circoli dem né palazzi politici? Riusciranno a smarcarsi dalla posizione del segretario Di Gioia di trattare unicamente con la coalizione del 2013?
La vera scommessa delle primarie interne al Pd è però un'altra: quanto sarà grande in caso di Assemblea la valenza delle tessere? Secondo la Grasta e Piergiovanni più si allarga la base elettorale a pezzi di cittadinanza non organici al Pd più l'esito delle urne appare imprevedibile. Tutto il contrario di quanto accadde nel 2013, quando fu la Natalicchio che - per sbaragliare la vecchia guardia del centrodestra - optò per una coalizione senza allargamenti.
Il rischio per Piergiovanni, se pensa di avere già la vittoria in tasca, è quello di vedersi consegnato un partito rissoso e spaccato come lo è stato (rissoso e spaccato) dal 2013 a oggi. Con conseguenze difficilmente prevedibili durante la prossima campagna elettorale, quando il Pd - per ragioni numeriche (di voti per intenderci) - sarà probabilmente costretto a virare su una "coalizione di necessità" con Tommaso Minervini. Ma Capurso e la Grasta non rappresentano semplicemente oppositori di comodo utili soltanto a tenere in piedi la finzione democratica. Ad esempio Roberto la Grasta - nell'ipotesi in cui si opti per le liste facenti capo a Tommaso Minervini - potrebbe riuscire a pescare consensi tra i centristi e i liberali. Soprattutto tra quelli che faticherebbero, all'interno dello stesso Pd, a sentirsi rappresentati da una colazione di cui facessero parte anche forze di sinistra come Sinistra Italiana, DèP e Rifondazione Comunista.
La soglia psicologica, secondo i rumors del Pd, è quella di una guerra di nervi. Nessuno dei tre competitor dem è disposto a rinunciare alla candidatura. Pietro Capurso, sarebbe disposto a fare un passo indietro solo nel caso in cui si converga sul nome del segretario Di Gioia. Mentre l'idea del duo Piergiovanni e la Grasta sarebbe quella di portare il proprio nome sul tavolo della coalizione minerviniana e non su quella del 2013 costituita proprio da Sinistra Italiana, DèP, Linea Diritta e Rifondazione Comunista. La strettoia, per i dem, è questa.
Ma quali sono i punti di forza di Piergiovanni e la Grasta? Saranno in grado di allargare la base elettorale fuori dal perimetro degli attivisti di partito? Quale seguito possono vantare in quel pezzo di "elettorato largo" che, in gran parte, non ha in tasca la tessera del Pd? Riusciranno a mobilitare cittadini ed elettori che non frequentano né circoli dem né palazzi politici? Riusciranno a smarcarsi dalla posizione del segretario Di Gioia di trattare unicamente con la coalizione del 2013?
La vera scommessa delle primarie interne al Pd è però un'altra: quanto sarà grande in caso di Assemblea la valenza delle tessere? Secondo la Grasta e Piergiovanni più si allarga la base elettorale a pezzi di cittadinanza non organici al Pd più l'esito delle urne appare imprevedibile. Tutto il contrario di quanto accadde nel 2013, quando fu la Natalicchio che - per sbaragliare la vecchia guardia del centrodestra - optò per una coalizione senza allargamenti.