Cronaca
Pesce in cambio di favori in carcere: indagati marito e moglie di Molfetta
29 le persone iscritte sul registro degli indagati. Fra questi Crescenzo Bartoli, in carcere per l'omicidio Andriani
Molfetta - domenica 28 novembre 2021
10.46
Avrebbero favorito alcuni detenuti nell'ottenere colloqui con i familiari oltre il numero consentito, in cambio di soldi e regali, tra cui alimenti, cellulari e computer. Per questo due agenti della Polizia Penitenziaria, il sovrintendente Vincenzo Cellamare e l'ispettore Antonio Cardinale, in servizio a Trani sono stati arrestati.
Le indagini, partite a marzo del 2020, nel periodo del lockdown, in seguito ad alcuni esposti di personale del corpo di Polizia Penitenziaria in servizio nel carcere di Trani e coordinate dalla Procura della Repubblica, hanno fatto emergere il coinvolgimento di un gruppo di poliziotti penitenziari (7, in totale) in una «articolata attività criminosa». Le persone indagate sono 29 (2 di Molfetta), con le accuse, a vario titolo, di depistaggio, peculato, corruzione, concussione e abuso d'ufficio.
Nell'inchiesta sono coinvolti anche 6 detenuti, tra i quali Crescenzo Bartoli condannato a 15 anni e 4 mesi di reclusione. L'uomo, 49enne, il 26 novembre 2016 ferì a colpi di pistola Antonio Andriani, 54enne, nel portone della sua abitazione di via Martiri di via Fani alla periferia di Molfetta, morto dopo alcune ore al Policlinico di Bari. «Futili motivi», spiegarono i Carabinieri, che due giorni dopo, al termine di un interrogatorio fiume, arrestarono il 49enne, marito della nipote della vittima.
Al detenuto di Molfetta, Cellamare, nella sua qualità di pubblico ufficiale e «compiendo un atto contrario ai suoi doveri d'ufficio», avrebbe consentito un incontro in presenza fra Bartoli e sua moglie, ricevendo da quest'ultima, secondo le indagini «utilità consistite in un quantitativo di prodotti ittici del valore di 50 euro circa, senza pagare il corrispettivo in denaro». Ulteriori elementi sono emersi anche da varie intercettazioni ambientali sia audio che video, da pedinamenti e controlli.
È la mattina del 12 giugno 2020 quando Cellamare, dopo essere uscito di casa, a Modugno, raggiunge Molfetta e attende sulle scale di accesso del mercato del pesce di via Cifariello l'arrivo della moglie di Bartoli, con la quale si era accordato la mattina precedente, «facendo riferimento a "documenti" (termine utilizzato in maniera convenzionale anche in altri episodi), essendo con tale termine indicato l'oggetto della cessione». Il tutto viene documentato dal Nucleo Investigativo.
Cellamare, a questo punto, viene raggiunto dalla moglie di Bartoli e insieme entrano nel mercato da cui escono pochi minuti più tardi «accompagnati da un uomo che portava con sé una serie di cassette in polistirolo, contenente verosimilmente del pesce, e si dirigevano verso l'autovettura del Cellamare». Quelle cassette finiscono nell'auto di Cellamare: «Non si notava alcuna forma di pagamento, neppure quella pattuita fittiziamente», scrive il giudice Carmen Anna Lidia Corvino.
Per il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani che ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, «il materiale acquisito dimostra, senza possibilità di interpretazioni alternative, che il Cellamare riceveva dei prodotti ittici dalla moglie dalla moglie di Bartoli, concordando l'incontro telefonicamente e indicando anche i prodotti che avrebbe gradito ricevere, quale compenso per aver consentito un incontro in presenza - in realtà vietato - tra Bartoli e la moglie».
In altri casi, i due agenti avrebbero ricevuto telefoni cellulari, computer e alimenti per concedere colloqui e videochiamate anche al di fuori dei limiti consentiti ed anche l'assegnazione ad attività lavorative nel penitenziario. «Un sistema criminale fondato su relazioni illecite stabili, un sistema corruttivo imperante a Trani».
Le indagini, partite a marzo del 2020, nel periodo del lockdown, in seguito ad alcuni esposti di personale del corpo di Polizia Penitenziaria in servizio nel carcere di Trani e coordinate dalla Procura della Repubblica, hanno fatto emergere il coinvolgimento di un gruppo di poliziotti penitenziari (7, in totale) in una «articolata attività criminosa». Le persone indagate sono 29 (2 di Molfetta), con le accuse, a vario titolo, di depistaggio, peculato, corruzione, concussione e abuso d'ufficio.
Nell'inchiesta sono coinvolti anche 6 detenuti, tra i quali Crescenzo Bartoli condannato a 15 anni e 4 mesi di reclusione. L'uomo, 49enne, il 26 novembre 2016 ferì a colpi di pistola Antonio Andriani, 54enne, nel portone della sua abitazione di via Martiri di via Fani alla periferia di Molfetta, morto dopo alcune ore al Policlinico di Bari. «Futili motivi», spiegarono i Carabinieri, che due giorni dopo, al termine di un interrogatorio fiume, arrestarono il 49enne, marito della nipote della vittima.
Al detenuto di Molfetta, Cellamare, nella sua qualità di pubblico ufficiale e «compiendo un atto contrario ai suoi doveri d'ufficio», avrebbe consentito un incontro in presenza fra Bartoli e sua moglie, ricevendo da quest'ultima, secondo le indagini «utilità consistite in un quantitativo di prodotti ittici del valore di 50 euro circa, senza pagare il corrispettivo in denaro». Ulteriori elementi sono emersi anche da varie intercettazioni ambientali sia audio che video, da pedinamenti e controlli.
È la mattina del 12 giugno 2020 quando Cellamare, dopo essere uscito di casa, a Modugno, raggiunge Molfetta e attende sulle scale di accesso del mercato del pesce di via Cifariello l'arrivo della moglie di Bartoli, con la quale si era accordato la mattina precedente, «facendo riferimento a "documenti" (termine utilizzato in maniera convenzionale anche in altri episodi), essendo con tale termine indicato l'oggetto della cessione». Il tutto viene documentato dal Nucleo Investigativo.
Cellamare, a questo punto, viene raggiunto dalla moglie di Bartoli e insieme entrano nel mercato da cui escono pochi minuti più tardi «accompagnati da un uomo che portava con sé una serie di cassette in polistirolo, contenente verosimilmente del pesce, e si dirigevano verso l'autovettura del Cellamare». Quelle cassette finiscono nell'auto di Cellamare: «Non si notava alcuna forma di pagamento, neppure quella pattuita fittiziamente», scrive il giudice Carmen Anna Lidia Corvino.
Per il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani che ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, «il materiale acquisito dimostra, senza possibilità di interpretazioni alternative, che il Cellamare riceveva dei prodotti ittici dalla moglie dalla moglie di Bartoli, concordando l'incontro telefonicamente e indicando anche i prodotti che avrebbe gradito ricevere, quale compenso per aver consentito un incontro in presenza - in realtà vietato - tra Bartoli e la moglie».
In altri casi, i due agenti avrebbero ricevuto telefoni cellulari, computer e alimenti per concedere colloqui e videochiamate anche al di fuori dei limiti consentiti ed anche l'assegnazione ad attività lavorative nel penitenziario. «Un sistema criminale fondato su relazioni illecite stabili, un sistema corruttivo imperante a Trani».