Il porto di Molfetta non è più sicuro?
L'allarme lanciato dalla marineria. Intanto si protesta davanti a Montecitorio
Molfetta - martedì 8 novembre 2016
8.45
Peggiora, pare senza vie di miglioramento, la crisi in cui versa la marineria. Una flotta sempre più piccola, il ricorso alla demolizione e un intero filone, quello delle lampare, costretto a lavorare nel centro Adriatico per via della scarsezza di pesce azzurro nelle acque antistanti la città, con conseguente aumento dei costi.
Senza tralasciare il grido d'allarme lanciato da molti armatori e addetti ai lavori: il porto non sarebbe più sicuro per l'ormeggio delle barche. Non a caso, spesso, alcune vengono ancorate nel centro delle acque e non alle banchine. Il motivo? Secondo molti i lavori al nuovo porto commerciale avrebbero modificato le correnti nel bacino antistante le Banchine San Domenico e Seminario.
Il tutto, mentre la situazione a spiaggia Maddalena, lì dove sorgono gli storici cantieri navali, è ben lontana dalla definizione risolutiva.
Insomma, una situazione che potrebbe portare molto presto al blocco di tutto il comparto, già in fermento e pronto a organizzarsi in prossime manifestazioni di protesta, successive a quelle dei giorni scorsi quando davanti a Montecitorio si è sollevato il grido d'allarme degli addetti ai lavori di tutta Italia.
«Noi non abbiamo bisogno di partiti politici che ci difendano: noi abbiamo bisogno di politici, veri, che prendano a cuore la nostra situazione e facciano tutto quello che la legge consente per tutelare i nostri interessi che, in una città come Molfetta, sono gli interessi di decine di famiglie. Ci sono barche con tre uomini in equipaggio ma ci sono barche che hanno quindici, sedici uomini come membri di equipaggio, tra titolari e dipendenti. Insomma, quindici, sedici famiglie che campano da quella che è una azienda a tutti gli effetti», è lo sfogo di un armatore molfettese.
«Purtroppo si pensa che il mondo della pesca si sia fermato a trent'anni fa ma si è evoluto proprio come si è evoluto il mondo, soprattutto con la tecnologia. Peccato che le entrate non sono quelle di trent'anni fa, ma molto, molto inferiori mentre sono aumentati a dismisura i costi, le spese, i limiti come i giorni di lavoro, le grandezze delle maglie delle reti oppure il peso del pescato, soprattutto di alcune specie: quello in più va rigettato in mare, per esempio. E qual è la conseguenza? Che perdiamo altre risorse ma abbiamo comunque sostenuto delle spese e lì dove finisce la carcassa difficilmente ci sarà altro pesce», continua.
«Non giudico tanti che hanno deciso di demolire le proprie imbarcazioni. E' troppo facile parlare quando i problemi all'interno non si conoscono. Un pò come accade quando si dice che i marinai molfettesi non vogliono più partecipare alla Sagra a Mare della Madonna dei Martiri: perchè non si viene a vedere cosa comporta partecipare, per spese e responsabilità? Penso che questa sia una grande offesa rivolta a tutti noi che portiamo l'immagine della Madonna nelle nostre cabine ogni notte, ogni giorno. Oppure perchè nessuno si ferma sul porto a vedere che significa passare una notte in macchina, al freddo, d'inverno, quando c'è vento e le barche non sono più sicure?», conclude.
Senza tralasciare il grido d'allarme lanciato da molti armatori e addetti ai lavori: il porto non sarebbe più sicuro per l'ormeggio delle barche. Non a caso, spesso, alcune vengono ancorate nel centro delle acque e non alle banchine. Il motivo? Secondo molti i lavori al nuovo porto commerciale avrebbero modificato le correnti nel bacino antistante le Banchine San Domenico e Seminario.
Il tutto, mentre la situazione a spiaggia Maddalena, lì dove sorgono gli storici cantieri navali, è ben lontana dalla definizione risolutiva.
Insomma, una situazione che potrebbe portare molto presto al blocco di tutto il comparto, già in fermento e pronto a organizzarsi in prossime manifestazioni di protesta, successive a quelle dei giorni scorsi quando davanti a Montecitorio si è sollevato il grido d'allarme degli addetti ai lavori di tutta Italia.
«Noi non abbiamo bisogno di partiti politici che ci difendano: noi abbiamo bisogno di politici, veri, che prendano a cuore la nostra situazione e facciano tutto quello che la legge consente per tutelare i nostri interessi che, in una città come Molfetta, sono gli interessi di decine di famiglie. Ci sono barche con tre uomini in equipaggio ma ci sono barche che hanno quindici, sedici uomini come membri di equipaggio, tra titolari e dipendenti. Insomma, quindici, sedici famiglie che campano da quella che è una azienda a tutti gli effetti», è lo sfogo di un armatore molfettese.
«Purtroppo si pensa che il mondo della pesca si sia fermato a trent'anni fa ma si è evoluto proprio come si è evoluto il mondo, soprattutto con la tecnologia. Peccato che le entrate non sono quelle di trent'anni fa, ma molto, molto inferiori mentre sono aumentati a dismisura i costi, le spese, i limiti come i giorni di lavoro, le grandezze delle maglie delle reti oppure il peso del pescato, soprattutto di alcune specie: quello in più va rigettato in mare, per esempio. E qual è la conseguenza? Che perdiamo altre risorse ma abbiamo comunque sostenuto delle spese e lì dove finisce la carcassa difficilmente ci sarà altro pesce», continua.
«Non giudico tanti che hanno deciso di demolire le proprie imbarcazioni. E' troppo facile parlare quando i problemi all'interno non si conoscono. Un pò come accade quando si dice che i marinai molfettesi non vogliono più partecipare alla Sagra a Mare della Madonna dei Martiri: perchè non si viene a vedere cosa comporta partecipare, per spese e responsabilità? Penso che questa sia una grande offesa rivolta a tutti noi che portiamo l'immagine della Madonna nelle nostre cabine ogni notte, ogni giorno. Oppure perchè nessuno si ferma sul porto a vedere che significa passare una notte in macchina, al freddo, d'inverno, quando c'è vento e le barche non sono più sicure?», conclude.