Politica
PD Molfetta: parla Giuseppe Percoco
L'ex vice segretario, nonché consigliere comunale uscente, spiega la situazione post dimissioni
Molfetta - giovedì 16 marzo 2017
Continua a tenere banco la questione PD Molfetta, nella scena politica cittadina, nonostante la nomina rapida del commissario De Nicolò. A dire la sua, dopo le dimissioni di Antonio Di Gioia, è questa volta, anche lui ormai ex, vice segretario Giuseppe Percoco, consigliere comunale uscente nonché ex coordinatore dei GD di Molfetta.
Una riflessione differente a quella di Piero De Nicolo, a cui abbiamo dato spazio alcuni giorni fa, che racconta una vicenda molto delicata e vista con occhi diversi.
Partiamo dalle dimissioni di Di Gioia: cosa è accaduto sabato 4 marzo all'assemblea del Pd?
«Partiamo dalla genesi di questi cento giorni. Antonio Di Gioia è stato eletto segretario del circolo di Molfetta con mozione unitaria. Il partito che ci è stato consegnato era paragonabile ad un deserto, svuotato degli uomini e delle donne che lo avevano sempre popolato. Un circolo vuoto.
Solo un folle avrebbe avuto l'ambizione di riscattare la propria sezione da questa agonia. Antonio è stato un ambizioso folle, in un momento in cui più nessuno voleva investire nel nostro circolo locale.
Ecco perché quel sabato, in apertura di assemblea che lo ha visto dimissionario, il Segretario ha rimarcato tutti i risultati ottenuti in questi mesi.
Il PD è tornato a vivere, ad incontrare pezzi di città, ad interfacciarsi con le realtà esterne, a chiedersi cosa servirebbe davvero per la nostra città, ad immaginare una proposta credibile da sottoporre al vaglio degli elettori per le prossime amministrative. Tutto ciò non è bastato. Perché ci si è resi subito conto di quanto lo schema della coalizione delle scorse elezioni regionali, che hanno eletto il Presidente Emiliano, non fosse assolutamente praticabile a Molfetta.
Quell'agglomerato civico che oggi tutti chiamano grande centro, ma che in realtà andrebbe chiamato correttamente centro destra, è popolato da tutti quei protagonisti della stagione politica passata di cui abbiamo sempre rigettato in toto l'operato, anche sulle grandi questioni strategiche e che abbiamo sempre combattuto strenuamente da un punto di vista politico.
Delle due l'una: o il PD avrebbe dovuto riproporre la coalizione di centro sinistra che lo ha visto stare in maggioranza nel 2013, oppure avrebbe dovuto aderire al progetto civico di centro destra snaturando la sua identità.
Su questo la nostra sezione è divisa esattamente a metà. Nessuna delle due parti ha ceduto. Nonostante l'ormai ex segretario ci abbia consegnato un importante risultato politico: il riconoscimento di un candidato sindaco del PD da parte della coalizione che andava dal Centro Democratico a Sinistra Italiana. Un risultato tutt'altro che scontato.
E nemmeno di fronte a questo risultato, gli allora quattro aspiranti candidati sindaco hanno fatto un passo indietro. Anzi dico di più: qualcuno aveva caldeggiato un passo indietro solo in cambio di uno "strapuntino" che il segretario Di Gioia non ha concesso. A questo si aggiunge quanto evidenziato da Di Gioia, circa il tesseramento.
L'unico deputato a convalidare le tessere degli iscritti è il segretario locale. Antonio ha rilevato delle anomalie, di cui ha voluto informare l'Assemblea che lo aveva eletto all'unanimità. Di questo ora, credo, se ne occuperanno gli organi competenti del nostro partito.
Ecco perché il Segretario ha rimesso in modo irrevocabile il suo mandato: sono venuti meno i presupposti per cui è stato eletto.»
Crede che qualcuno abbia delle colpe se la situazione interna del Pd di Molfetta sia così precipitata?
«Credo che più di qualcuno abbia giocato al massacro. Testimonianza ne sono i numerosi articoli sulla segreteria Di Gioia usciti in questi cento giorni. Mai registrata una frequenza così elevata ed un tasso di accanimento per un segretario eletto da così poco tempo. Ce ne siamo fregati e siamo andati avanti.
Ma è tempo che ognuno di noi si assuma le proprie responsabilità e dica apertamente alla città cosa intende fare. Chi crede che il PD debba andare con le liste civiche di centro destra lo dica apertamente. E poi un minuto dopo abbia il coraggio di giustificarlo.
Non sarà certo la nostra generazione a prestarsi a queste manovre. Il trasformismo non rientra nelle nostra prerogative. »
Qual è la sua riflessione in merito alle dimissioni di Di Gioia?
«Il giudizio politico sull'operato del segretario Di Gioia è del tutto positivo. Qualcuno ha pensato, ancora una volta, che la generazione dei trentenni e dei quarantenni, potesse cedere alle lusinghe del potere, declinando scelte di comodo e certamente più semplici da percorrere.
E' chiaro, ormai, che è in atto una vera e propria battaglia generazionale su come si intenda e si pratichi la gestione della cosa pubblica.
Due visioni completamente contrapposte che non sono ormai più conciliabili. La città sarà chiamata a decidere ciò nelle prossime elezioni amministrative.
Dovrà decidere da che modello di politica farsi rappresentare e conseguentemente governare. Serve coraggio; noi ne abbiamo avuto.»
Cosa accadrà ora al Pd? Quale strada prenderà?
«Vorrei sottolineare la velocità con cui la Federazione provinciale ha provveduto a questa nomina, considerando che quando Piero De Nicolo si dimise da segretario del PD di Molfetta, si giunse prima al congresso che alla nomina del commissario. A testimonianza che, evidentemente, la Federazione considera lo stallo di Molfetta preoccupante.
Poi vorrei sottolineare la poca opportunità politica di nominare un commissario, peraltro responsabile provinciale del tesseramento, prima che la questione delle tessere sia stata chiarita. Anche per questo molti esponenti del Partito, fra i quali il sottoscritto, non hanno preso parta alla riunione di insediamento del commissario.»
Qual è il suo futuro in politica ora?
«Ci sarebbe da chiedersi, quale sia il futuro di questa città. Ad oggi tutto sta ruotando attorno ai nomi. Di programmi, di scelte strategiche, di futuro, nessuna parola.
Praticamente si sta chiedendo di firmare deleghe in bianco a presunti protagonisti della vita pubblica, senza alcun presupposto.
Il processo da seguire dovrebbe essere esattamente quello opposto: partire dai bisogni della città e costruire le risposte ai problemi reali, progettando la Molfetta dei prossimi vent'anni. Invece più di qualcuno lavora solo al fine di creare la più grande coalizione possibile per vincere le elezioni. Ma per governare una città complessa come Molfetta servirebbe tutt'altro.»
Una riflessione differente a quella di Piero De Nicolo, a cui abbiamo dato spazio alcuni giorni fa, che racconta una vicenda molto delicata e vista con occhi diversi.
Partiamo dalle dimissioni di Di Gioia: cosa è accaduto sabato 4 marzo all'assemblea del Pd?
«Partiamo dalla genesi di questi cento giorni. Antonio Di Gioia è stato eletto segretario del circolo di Molfetta con mozione unitaria. Il partito che ci è stato consegnato era paragonabile ad un deserto, svuotato degli uomini e delle donne che lo avevano sempre popolato. Un circolo vuoto.
Solo un folle avrebbe avuto l'ambizione di riscattare la propria sezione da questa agonia. Antonio è stato un ambizioso folle, in un momento in cui più nessuno voleva investire nel nostro circolo locale.
Ecco perché quel sabato, in apertura di assemblea che lo ha visto dimissionario, il Segretario ha rimarcato tutti i risultati ottenuti in questi mesi.
Il PD è tornato a vivere, ad incontrare pezzi di città, ad interfacciarsi con le realtà esterne, a chiedersi cosa servirebbe davvero per la nostra città, ad immaginare una proposta credibile da sottoporre al vaglio degli elettori per le prossime amministrative. Tutto ciò non è bastato. Perché ci si è resi subito conto di quanto lo schema della coalizione delle scorse elezioni regionali, che hanno eletto il Presidente Emiliano, non fosse assolutamente praticabile a Molfetta.
Quell'agglomerato civico che oggi tutti chiamano grande centro, ma che in realtà andrebbe chiamato correttamente centro destra, è popolato da tutti quei protagonisti della stagione politica passata di cui abbiamo sempre rigettato in toto l'operato, anche sulle grandi questioni strategiche e che abbiamo sempre combattuto strenuamente da un punto di vista politico.
Delle due l'una: o il PD avrebbe dovuto riproporre la coalizione di centro sinistra che lo ha visto stare in maggioranza nel 2013, oppure avrebbe dovuto aderire al progetto civico di centro destra snaturando la sua identità.
Su questo la nostra sezione è divisa esattamente a metà. Nessuna delle due parti ha ceduto. Nonostante l'ormai ex segretario ci abbia consegnato un importante risultato politico: il riconoscimento di un candidato sindaco del PD da parte della coalizione che andava dal Centro Democratico a Sinistra Italiana. Un risultato tutt'altro che scontato.
E nemmeno di fronte a questo risultato, gli allora quattro aspiranti candidati sindaco hanno fatto un passo indietro. Anzi dico di più: qualcuno aveva caldeggiato un passo indietro solo in cambio di uno "strapuntino" che il segretario Di Gioia non ha concesso. A questo si aggiunge quanto evidenziato da Di Gioia, circa il tesseramento.
L'unico deputato a convalidare le tessere degli iscritti è il segretario locale. Antonio ha rilevato delle anomalie, di cui ha voluto informare l'Assemblea che lo aveva eletto all'unanimità. Di questo ora, credo, se ne occuperanno gli organi competenti del nostro partito.
Ecco perché il Segretario ha rimesso in modo irrevocabile il suo mandato: sono venuti meno i presupposti per cui è stato eletto.»
Crede che qualcuno abbia delle colpe se la situazione interna del Pd di Molfetta sia così precipitata?
«Credo che più di qualcuno abbia giocato al massacro. Testimonianza ne sono i numerosi articoli sulla segreteria Di Gioia usciti in questi cento giorni. Mai registrata una frequenza così elevata ed un tasso di accanimento per un segretario eletto da così poco tempo. Ce ne siamo fregati e siamo andati avanti.
Ma è tempo che ognuno di noi si assuma le proprie responsabilità e dica apertamente alla città cosa intende fare. Chi crede che il PD debba andare con le liste civiche di centro destra lo dica apertamente. E poi un minuto dopo abbia il coraggio di giustificarlo.
Non sarà certo la nostra generazione a prestarsi a queste manovre. Il trasformismo non rientra nelle nostra prerogative. »
Qual è la sua riflessione in merito alle dimissioni di Di Gioia?
«Il giudizio politico sull'operato del segretario Di Gioia è del tutto positivo. Qualcuno ha pensato, ancora una volta, che la generazione dei trentenni e dei quarantenni, potesse cedere alle lusinghe del potere, declinando scelte di comodo e certamente più semplici da percorrere.
E' chiaro, ormai, che è in atto una vera e propria battaglia generazionale su come si intenda e si pratichi la gestione della cosa pubblica.
Due visioni completamente contrapposte che non sono ormai più conciliabili. La città sarà chiamata a decidere ciò nelle prossime elezioni amministrative.
Dovrà decidere da che modello di politica farsi rappresentare e conseguentemente governare. Serve coraggio; noi ne abbiamo avuto.»
Cosa accadrà ora al Pd? Quale strada prenderà?
«Vorrei sottolineare la velocità con cui la Federazione provinciale ha provveduto a questa nomina, considerando che quando Piero De Nicolo si dimise da segretario del PD di Molfetta, si giunse prima al congresso che alla nomina del commissario. A testimonianza che, evidentemente, la Federazione considera lo stallo di Molfetta preoccupante.
Poi vorrei sottolineare la poca opportunità politica di nominare un commissario, peraltro responsabile provinciale del tesseramento, prima che la questione delle tessere sia stata chiarita. Anche per questo molti esponenti del Partito, fra i quali il sottoscritto, non hanno preso parta alla riunione di insediamento del commissario.»
Qual è il suo futuro in politica ora?
«Ci sarebbe da chiedersi, quale sia il futuro di questa città. Ad oggi tutto sta ruotando attorno ai nomi. Di programmi, di scelte strategiche, di futuro, nessuna parola.
Praticamente si sta chiedendo di firmare deleghe in bianco a presunti protagonisti della vita pubblica, senza alcun presupposto.
Il processo da seguire dovrebbe essere esattamente quello opposto: partire dai bisogni della città e costruire le risposte ai problemi reali, progettando la Molfetta dei prossimi vent'anni. Invece più di qualcuno lavora solo al fine di creare la più grande coalizione possibile per vincere le elezioni. Ma per governare una città complessa come Molfetta servirebbe tutt'altro.»