Patrick Zaki: «Libertà e pace sono diritti innegabili. Grazie Molfetta»
La cittadinanza onoraria all'attivista rappresenta un cerchio che si chiude rispetto al marzo 2021
Molfetta - lunedì 13 novembre 2023
18.23
Era il 22 marzo del 2021 quando, dall'aula consiliare della città di Molfetta, si sollevava un grido: un urlo metaforico, senza forma, ma che ne preservava comunque potenza e strazio.
Era il grido di un'Amministrazione comunale che, nella persona del suo sindaco Tommaso Minervini, chiedeva la liberazione di Patrick Zaki, attivista egiziano per i diritti umani e studente dell'Università di Bologna, detenuto nelle carceri del paese d'origine dal febbraio del 2020, tutto per aver solo espresso sui social delle opinioni non gradite al regime di al-Sisi. In quell'occasione, nel più alto consesso cittadino, il consiglio comunale deliberava e decideva di conferire al giovane la cittadinanza onoraria di Molfetta, auspicando una veloce e indolore liberazione. Quel grido di dolore, di rabbia e di sdegno si è finalmente acquietato l'8 dicembre del 2021 con la liberazione di Zaki dal carcere: ma qualcosa, nel piccolo della città di Molfetta, restava ancora sospeso, appeso, in attesa di una degna chiusura.
Ed essa è arrivata nella mattina del 13 novembre 2023, una mattina assolata che ha portato nella città di Molfetta Patrick Zaki da uomo finalmente libero. E da oggi anche da concittadino molfettese, dopo la cerimonia di consegna della cittadinanza onoraria. Il conferimento della cittadinanza era stato richiesto da diverse sigle cittadine (Teatro dei Comici, Legambiente Molfetta, Teatro dei Cipis, Presidio Libera Molfetta, Molfetta Cgil, Usc Cisl, Csp Molfetta, Anpi Molfetta, Cngei Molfetta, InCo, Molfetta 1 Agesci, Molfetta 2 Agesci, Molfetta 4 Agesci, Amnesty Molfetta, Sportello Molfetta, Immacolata Molfetta, Sprar Molfetta, Arci orizzonti Molfetta, Masci Molfetta2).
Ad assistere alla cerimonia, una folta rappresentanza di consiglieri, istituzioni civili e militari, nonché un nutrito gruppo di studenti e insegnanti provenienti dalle scuole di Molfetta, chiamati simbolicamente a raccogliere il testimonio della storia di Zaki e della sua lotta per i diritti civili: la cifra dell'incontro, visibile nelle parole dei consiglieri, del sindaco e dei rappresentanti di Amnesty International, è stata quella di una grande emozione e partecipazione per una storia diventata esemplare e conclusasi con un lieto fine. Ma l'amaro in bocca resta per l'altra storia che il nostro paese ha in sospeso con l'Egitto: quella dell'uccisione e tortura del giovane ricercatore Giulio Regeni, per cui l'Italia stenta ancora ad avere risposte dal paese africano, infrangendosi contro infiniti muri di gomma anche solo per inviare gli atti di citazione ai responsabili dell'atroce delitto.
Per questo la storia di Patrick Zaki è necessaria, vitale come l'ossigeno.
Perché insegna che, dove c'è impegno, costanza e lotta, dove ci sono riflettori puntati costantemente a guardia sempre alzata, le storie di sopruso e privazione della libertà personale da parte di regimi autoritari possono giungere a una felice conclusione. E del resto è questo il senso dell'arrivo di Patrick Zaki a Molfetta, il senso del suo intervento e il senso dell'invito a tutte le sigle presenti e associazioni di "usarlo": usare cioè la sua parabola lieta, il suo esempio, per raccontare che nulla è vano, anche a chi crede che banchetti e bandiere siano inutili e non portino alla risoluzione delle ingiustizie.
Visibilmente emozionato, Patrick Zaki ha ringraziato vivamente tutti i presenti per il riconoscimento che gli è stato tributato, oltre che l'intera città di Molfetta, una città che ha definito forte di un grande passato storico e culturale. Ma la gratitudine di Zaki ha travalicato il momento presente, riportandolo a quella cella buia nel quale ha trascorso tanti mesi di detenzione e dove spesso, scemando la speranza, il solo lumicino erano i post social di tanti studenti italiani che scrivevano in sua difesa.
Rivolgendosi agli studenti molfettesi in sala, Zaki li ha definiti "fortunati" perché, nella sua esperienza di studente egiziano, era impensabile partecipare a un incontro nel quale i ragazzi incontrano le autorità governative del paese, e ha augurato che in futuro gli stessi giovani che oggi ascoltavano timidamente le sue parole possano essere le nuove voci che guidino la lotta per i diritti umani del futuro. Qualcosa che, nel momento storico attuale, di guerre riesplose dove le consideravamo dimenticate e di crimini contro l'uomo sempre più efferati, è qualcosa di enormemente necessario. A chiusa del suo intervento, Patrick Zaki ha pronunciato in italiano una sola piccola frase quasi sussurrata nella sua pronuncia stentata, ma forte come il grido del sindaco Minervini di due anni fa.
Quel "viva la libertà" che oggi chiude il cerchio di questa complicata e dolorosa vicenda, riportando alla luce del sole un giovane uomo, colpevole solo di non avere un pensiero uguale a quello di chi comanda nel posto dove vive.
Era il grido di un'Amministrazione comunale che, nella persona del suo sindaco Tommaso Minervini, chiedeva la liberazione di Patrick Zaki, attivista egiziano per i diritti umani e studente dell'Università di Bologna, detenuto nelle carceri del paese d'origine dal febbraio del 2020, tutto per aver solo espresso sui social delle opinioni non gradite al regime di al-Sisi. In quell'occasione, nel più alto consesso cittadino, il consiglio comunale deliberava e decideva di conferire al giovane la cittadinanza onoraria di Molfetta, auspicando una veloce e indolore liberazione. Quel grido di dolore, di rabbia e di sdegno si è finalmente acquietato l'8 dicembre del 2021 con la liberazione di Zaki dal carcere: ma qualcosa, nel piccolo della città di Molfetta, restava ancora sospeso, appeso, in attesa di una degna chiusura.
Ed essa è arrivata nella mattina del 13 novembre 2023, una mattina assolata che ha portato nella città di Molfetta Patrick Zaki da uomo finalmente libero. E da oggi anche da concittadino molfettese, dopo la cerimonia di consegna della cittadinanza onoraria. Il conferimento della cittadinanza era stato richiesto da diverse sigle cittadine (Teatro dei Comici, Legambiente Molfetta, Teatro dei Cipis, Presidio Libera Molfetta, Molfetta Cgil, Usc Cisl, Csp Molfetta, Anpi Molfetta, Cngei Molfetta, InCo, Molfetta 1 Agesci, Molfetta 2 Agesci, Molfetta 4 Agesci, Amnesty Molfetta, Sportello Molfetta, Immacolata Molfetta, Sprar Molfetta, Arci orizzonti Molfetta, Masci Molfetta2).
Ad assistere alla cerimonia, una folta rappresentanza di consiglieri, istituzioni civili e militari, nonché un nutrito gruppo di studenti e insegnanti provenienti dalle scuole di Molfetta, chiamati simbolicamente a raccogliere il testimonio della storia di Zaki e della sua lotta per i diritti civili: la cifra dell'incontro, visibile nelle parole dei consiglieri, del sindaco e dei rappresentanti di Amnesty International, è stata quella di una grande emozione e partecipazione per una storia diventata esemplare e conclusasi con un lieto fine. Ma l'amaro in bocca resta per l'altra storia che il nostro paese ha in sospeso con l'Egitto: quella dell'uccisione e tortura del giovane ricercatore Giulio Regeni, per cui l'Italia stenta ancora ad avere risposte dal paese africano, infrangendosi contro infiniti muri di gomma anche solo per inviare gli atti di citazione ai responsabili dell'atroce delitto.
Per questo la storia di Patrick Zaki è necessaria, vitale come l'ossigeno.
Perché insegna che, dove c'è impegno, costanza e lotta, dove ci sono riflettori puntati costantemente a guardia sempre alzata, le storie di sopruso e privazione della libertà personale da parte di regimi autoritari possono giungere a una felice conclusione. E del resto è questo il senso dell'arrivo di Patrick Zaki a Molfetta, il senso del suo intervento e il senso dell'invito a tutte le sigle presenti e associazioni di "usarlo": usare cioè la sua parabola lieta, il suo esempio, per raccontare che nulla è vano, anche a chi crede che banchetti e bandiere siano inutili e non portino alla risoluzione delle ingiustizie.
Visibilmente emozionato, Patrick Zaki ha ringraziato vivamente tutti i presenti per il riconoscimento che gli è stato tributato, oltre che l'intera città di Molfetta, una città che ha definito forte di un grande passato storico e culturale. Ma la gratitudine di Zaki ha travalicato il momento presente, riportandolo a quella cella buia nel quale ha trascorso tanti mesi di detenzione e dove spesso, scemando la speranza, il solo lumicino erano i post social di tanti studenti italiani che scrivevano in sua difesa.
Rivolgendosi agli studenti molfettesi in sala, Zaki li ha definiti "fortunati" perché, nella sua esperienza di studente egiziano, era impensabile partecipare a un incontro nel quale i ragazzi incontrano le autorità governative del paese, e ha augurato che in futuro gli stessi giovani che oggi ascoltavano timidamente le sue parole possano essere le nuove voci che guidino la lotta per i diritti umani del futuro. Qualcosa che, nel momento storico attuale, di guerre riesplose dove le consideravamo dimenticate e di crimini contro l'uomo sempre più efferati, è qualcosa di enormemente necessario. A chiusa del suo intervento, Patrick Zaki ha pronunciato in italiano una sola piccola frase quasi sussurrata nella sua pronuncia stentata, ma forte come il grido del sindaco Minervini di due anni fa.
Quel "viva la libertà" che oggi chiude il cerchio di questa complicata e dolorosa vicenda, riportando alla luce del sole un giovane uomo, colpevole solo di non avere un pensiero uguale a quello di chi comanda nel posto dove vive.