Cronaca
«Oggi rinasco dopo 17 anni. È stato un calvario, ma voglio ripartire»
Pasquale Salvemini fu indagato nel 2005 dopo la morte di un cacciatore e arrestato. Mercoledì è stato scagionato da ogni accusa
Molfetta - sabato 11 giugno 2022
12.25
«17 anni sono davvero tanti, possono essere paragonati a una vita. Ma oggi mi sento rinato». Ha un sorriso piegato dall'amarezza Pasquale Salvemini, 55enne referente regionale del Wwf, indagato dal 2005, arrestato nel 2008 e definitivamente scagionato mercoledì scorso «perché il fatto non sussiste». Una sentenza arrivata dopo 15 giorni di domiciliari e 14 anni di udienze.
Poi, nel 2018, la sentenza del Tribunale di Trani che ha dichiarato prescritti i reati più gravi contestati dalla stessa Procura e mercoledì, al termine del processo in Appello, la tanto attesa assoluzione. Un calvario giudiziario durato ben 17 anni «che da un lato ti allontana dai tuoi affetti, dalle cose che ami fare e dalla voglia di cambiare il mondo - le parole di Salvemini -, mentre dall'altro percepisci come diventa difficile convivere con le bugie, con la falsità dettata, e cerchi il riscatto. Noi lo abbiamo cercato e voluto per cancellare un vero e proprio sciacallaggio mirato».
L'avvocato che gli è rimasto vicino in tutto questo lunghissimo tempo, Felice Petruzzella, si sente come un medico delle terapie palliative: quanto vale, infatti, nella vita devastata di un uomo innocente, un'assoluzione che giunge dopo 17 anni? C'è una sola cosa che vale: l'onore. Per l'onore Salvemini chiederà di poter tornare in possesso del decreto di guardia venatoria volontaria in una regione in cui il bracconaggio continua ad essere un reato molto diffuso e la Puglia è sul podio nella classifica regionale.
«17 anni sono davvero tanti - ha detto Salvemini - da farti dimenticare anche il subdolo boato mediatico. E adesso? Ripartirò da dove ho lasciato 17 anni fa», quando Salvemini svolgeva semplici controlli anti bracconaggio nelle province di Bari e Barletta, Andria e Trani, collaborava con le varie Procure e coordinava il numero verde istituito nel 2005 dalla giunta Vendola per denunciare i reati contro l'ambiente ed era «una vera sentinella - le parole del Wwf Italia - contro ogni crimine ambientale».
Tutto è iniziato a metà degli anni '90 quando, «in qualità di coordinatore regionale delle guardie volontarie di vigilanza - ha ricordato Salvemini - ho deciso di organizzare un gruppo operativo all'interno della provincia di Bari. E così, dopo averlo costituito, abbiamo iniziato una lunga serie di attività e controlli non solo in ambito venatorio, ma anche per contrastare gli illeciti sui rifiuti e la pesca di frodo in collaborazione con il Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri, con i vari reparti territoriali della Guardia di Finanza e con il suo Reparto Operativo Aeronavale (con cui fu stato siglato un protocollo d'intesa a livello nazionale), ma anche con la Capitaneria di Porto».
Le guardie volontarie del Wwf, in quegli anni, erano ovunque: «Abbiamo operato nella vecchia provincia di Bari, che all'epoca comprendeva l'attuale provincia di Barletta, Andria e Trani, ma anche nelle province di Brindisi, dove abbiamo effettuato numerose attività anti bracconaggio e nel 2002, insieme con il Comando del Corpo Forestale dello Stato di Ostuni, anche il primo arresto». In quegli anni le Procure di Bari e di Trani riconobbero alle guardie volontarie del Wwf le funzioni di polizia giudiziaria, quindi «noi abbiamo operato anche in maniera autonoma soprattutto per quanto concerne l'attività anti bracconaggio o di controllo venatorio».
Proprio con le Procure «abbiamo anche intrapreso una serie di collaborazioni fattive che si sono poi tradotte, negli anni, in vari corsi di formazione nel campo ambientale». Ma non solo: «Le Procure - ha spiegato ancora Salvemini - ci hanno delegato a notificare i vari atti agli indagati, ci hanno demandato a sentire le persone informate sui fatti anche nell'ambito di alcuni procedimenti penali e ci hanno incaricato anche a distruggere quello che veniva posto sotto sequestro».
Ed ancora: «Abbiamo lavorato tantissimo con le Procure, con le forze di polizia, ma tantissimo anche da soli, soprattutto in campo ambientale. Basti pensare che le guardie volontarie del Nucleo di Bari, in quel periodo, sono riuscite a fare 80 comunicazioni di notizie di reato all'anno e questo ha causato una serie di antipatie soprattutto da parte del mondo venatorio. E proprio in quest'ambito abbiamo svolto diverse uscite, in collaborazione con i Forestali del Parco Alta Murgia, ma anche con le sezioni territoriali e tutto ciò è servito a formare ulteriormente il nostro stato di preparazione».
Insomma una collaborazione a largo raggio «andato avanti per lunghi anni sino a quel maledetto 6 novembre 2005». Un controllo particolarmente aggressivo avrebbe provocato la morte improvvisa di Mario Botticelli, 82enne originario di Riccione e paziente cardiopatico, in trasferta in Puglia dove aveva organizzato una battuta di caccia. L'uomo, vistosi accerchiato, fu colto da arresto cardiocircolatorio e si accasciò al suolo.
«Il 6 novembre 2005, durante un controllo di routine - ha ricordato ancora Salvemini - è avvenuto un episodio che, nostro malgrado, ci ha portato ad una serie di situazioni drammatiche che sono andate avanti per tanti anni e che si sono concluse mercoledì scorso. Durante un controllo venatorio in agro di Spinazzola, infatti, un anziano cacciatore, cardiopatico, si è sentito male. E da lì è poi scoppiato tutto quello che la stampa e la Procura hanno riportato per tanto tempo».
Salvemini (indagato sin dal 2005 e arrestato nel 2008), in quegli anni, era al corrente dell'apertura di un fascicolo d'inchiesta presentato sulla base di alcune denunce, «ma sapevo era stato archiviato dal pubblico ministero che lo aveva preso in carico. Successivamente, però, quel fascicolo è passato nelle mani del pubblico ministero Michele Ruggiero che ha continuato l'attività di indagine di cui noi eravamo sempre al corrente».
Salvemini, in quegli anni, non è mai stato in silenzio. Mai. Ha chiesto innumerevoli volte di essere interrogato, ma non è stato possibile. «In più occasioni - ha detto ancora Salvemini - abbiamo chiesto di essere ascoltati dal magistrato inquirente, che invece non ci ha mai ascoltato. Non è stato possibile, non ha mai voluto ascoltarci».
Tutto questo sino all'8 gennaio 2008, la data dell'arresto non soltanto di Salvemini, ma anche del forestale Salvatore Stano e di una guardia volontaria del Wwf, Mario Checchia, accusati di violenza privata continuata aggravata, omicidio colposo con morte come conseguenza di altro delitto, falso ideologico e materiale, abuso d' ufficio, calunnia e lesioni aggravate: reati commessi fra il 2005 e il 2007.
«L'unica nota positiva di questa storia è stato il Wwf Italia - ha proseguito -; mi ha dato la serenità necessaria a superare tutto questo. In 17 anni, ovviamente, i miei veri amici mi sono sempre stati accanto perché sapevano sin dall'inizio che tutti quei racconti erano abbastanza fantasticati. Ho perso qualche affetto, certo, perché il dover iniziare un percorso giudiziario non è stato affatto semplice da gestire soprattutto con le persone con cui hai un legame più profondo».
Il Wwf Italia, però, gli è sempre stato accanto «e questo si può vedere dal fatto che in tutti questi anni - ha sottolineato - ho continuato a fare attività, ho creato ovviamente anche le strutture e ho continuato a fare servizi di vigilanza a stretto gomito con le forze di polizia. Per questo, nel 2023, allestiremo un campo anti bracconaggio nei punti caldi della regione». Salvemini, dal 2002, inoltre, è responsabile del centro di recupero tartarughe marine di Molfetta, un vero e proprio ospedale che si occupa della cura e della riabilitazione delle caretta caretta in difficoltà.
Dalle indagini iniziate nel lontano 2005 all'assoluzione del 2022 sono passati 17 anni. Un ribaltamento che, nonostante il lungo incubo, è bastato a ricucire lo strappo che si era creato tra lui e il sistema giustizia italiano: «Ho grande rabbia, ma nonostante tutto continuerò - ha concluso Salvemini - a collaborare con la magistratura a cui, sin da ora, garantisco la mia fiducia perché credo che questa sia sempre la strada giusta».
Poi, nel 2018, la sentenza del Tribunale di Trani che ha dichiarato prescritti i reati più gravi contestati dalla stessa Procura e mercoledì, al termine del processo in Appello, la tanto attesa assoluzione. Un calvario giudiziario durato ben 17 anni «che da un lato ti allontana dai tuoi affetti, dalle cose che ami fare e dalla voglia di cambiare il mondo - le parole di Salvemini -, mentre dall'altro percepisci come diventa difficile convivere con le bugie, con la falsità dettata, e cerchi il riscatto. Noi lo abbiamo cercato e voluto per cancellare un vero e proprio sciacallaggio mirato».
L'avvocato che gli è rimasto vicino in tutto questo lunghissimo tempo, Felice Petruzzella, si sente come un medico delle terapie palliative: quanto vale, infatti, nella vita devastata di un uomo innocente, un'assoluzione che giunge dopo 17 anni? C'è una sola cosa che vale: l'onore. Per l'onore Salvemini chiederà di poter tornare in possesso del decreto di guardia venatoria volontaria in una regione in cui il bracconaggio continua ad essere un reato molto diffuso e la Puglia è sul podio nella classifica regionale.
«17 anni sono davvero tanti - ha detto Salvemini - da farti dimenticare anche il subdolo boato mediatico. E adesso? Ripartirò da dove ho lasciato 17 anni fa», quando Salvemini svolgeva semplici controlli anti bracconaggio nelle province di Bari e Barletta, Andria e Trani, collaborava con le varie Procure e coordinava il numero verde istituito nel 2005 dalla giunta Vendola per denunciare i reati contro l'ambiente ed era «una vera sentinella - le parole del Wwf Italia - contro ogni crimine ambientale».
Tutto è iniziato a metà degli anni '90 quando, «in qualità di coordinatore regionale delle guardie volontarie di vigilanza - ha ricordato Salvemini - ho deciso di organizzare un gruppo operativo all'interno della provincia di Bari. E così, dopo averlo costituito, abbiamo iniziato una lunga serie di attività e controlli non solo in ambito venatorio, ma anche per contrastare gli illeciti sui rifiuti e la pesca di frodo in collaborazione con il Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri, con i vari reparti territoriali della Guardia di Finanza e con il suo Reparto Operativo Aeronavale (con cui fu stato siglato un protocollo d'intesa a livello nazionale), ma anche con la Capitaneria di Porto».
Le guardie volontarie del Wwf, in quegli anni, erano ovunque: «Abbiamo operato nella vecchia provincia di Bari, che all'epoca comprendeva l'attuale provincia di Barletta, Andria e Trani, ma anche nelle province di Brindisi, dove abbiamo effettuato numerose attività anti bracconaggio e nel 2002, insieme con il Comando del Corpo Forestale dello Stato di Ostuni, anche il primo arresto». In quegli anni le Procure di Bari e di Trani riconobbero alle guardie volontarie del Wwf le funzioni di polizia giudiziaria, quindi «noi abbiamo operato anche in maniera autonoma soprattutto per quanto concerne l'attività anti bracconaggio o di controllo venatorio».
Proprio con le Procure «abbiamo anche intrapreso una serie di collaborazioni fattive che si sono poi tradotte, negli anni, in vari corsi di formazione nel campo ambientale». Ma non solo: «Le Procure - ha spiegato ancora Salvemini - ci hanno delegato a notificare i vari atti agli indagati, ci hanno demandato a sentire le persone informate sui fatti anche nell'ambito di alcuni procedimenti penali e ci hanno incaricato anche a distruggere quello che veniva posto sotto sequestro».
Ed ancora: «Abbiamo lavorato tantissimo con le Procure, con le forze di polizia, ma tantissimo anche da soli, soprattutto in campo ambientale. Basti pensare che le guardie volontarie del Nucleo di Bari, in quel periodo, sono riuscite a fare 80 comunicazioni di notizie di reato all'anno e questo ha causato una serie di antipatie soprattutto da parte del mondo venatorio. E proprio in quest'ambito abbiamo svolto diverse uscite, in collaborazione con i Forestali del Parco Alta Murgia, ma anche con le sezioni territoriali e tutto ciò è servito a formare ulteriormente il nostro stato di preparazione».
Insomma una collaborazione a largo raggio «andato avanti per lunghi anni sino a quel maledetto 6 novembre 2005». Un controllo particolarmente aggressivo avrebbe provocato la morte improvvisa di Mario Botticelli, 82enne originario di Riccione e paziente cardiopatico, in trasferta in Puglia dove aveva organizzato una battuta di caccia. L'uomo, vistosi accerchiato, fu colto da arresto cardiocircolatorio e si accasciò al suolo.
«Il 6 novembre 2005, durante un controllo di routine - ha ricordato ancora Salvemini - è avvenuto un episodio che, nostro malgrado, ci ha portato ad una serie di situazioni drammatiche che sono andate avanti per tanti anni e che si sono concluse mercoledì scorso. Durante un controllo venatorio in agro di Spinazzola, infatti, un anziano cacciatore, cardiopatico, si è sentito male. E da lì è poi scoppiato tutto quello che la stampa e la Procura hanno riportato per tanto tempo».
Salvemini (indagato sin dal 2005 e arrestato nel 2008), in quegli anni, era al corrente dell'apertura di un fascicolo d'inchiesta presentato sulla base di alcune denunce, «ma sapevo era stato archiviato dal pubblico ministero che lo aveva preso in carico. Successivamente, però, quel fascicolo è passato nelle mani del pubblico ministero Michele Ruggiero che ha continuato l'attività di indagine di cui noi eravamo sempre al corrente».
Salvemini, in quegli anni, non è mai stato in silenzio. Mai. Ha chiesto innumerevoli volte di essere interrogato, ma non è stato possibile. «In più occasioni - ha detto ancora Salvemini - abbiamo chiesto di essere ascoltati dal magistrato inquirente, che invece non ci ha mai ascoltato. Non è stato possibile, non ha mai voluto ascoltarci».
Tutto questo sino all'8 gennaio 2008, la data dell'arresto non soltanto di Salvemini, ma anche del forestale Salvatore Stano e di una guardia volontaria del Wwf, Mario Checchia, accusati di violenza privata continuata aggravata, omicidio colposo con morte come conseguenza di altro delitto, falso ideologico e materiale, abuso d' ufficio, calunnia e lesioni aggravate: reati commessi fra il 2005 e il 2007.
«L'unica nota positiva di questa storia è stato il Wwf Italia - ha proseguito -; mi ha dato la serenità necessaria a superare tutto questo. In 17 anni, ovviamente, i miei veri amici mi sono sempre stati accanto perché sapevano sin dall'inizio che tutti quei racconti erano abbastanza fantasticati. Ho perso qualche affetto, certo, perché il dover iniziare un percorso giudiziario non è stato affatto semplice da gestire soprattutto con le persone con cui hai un legame più profondo».
Il Wwf Italia, però, gli è sempre stato accanto «e questo si può vedere dal fatto che in tutti questi anni - ha sottolineato - ho continuato a fare attività, ho creato ovviamente anche le strutture e ho continuato a fare servizi di vigilanza a stretto gomito con le forze di polizia. Per questo, nel 2023, allestiremo un campo anti bracconaggio nei punti caldi della regione». Salvemini, dal 2002, inoltre, è responsabile del centro di recupero tartarughe marine di Molfetta, un vero e proprio ospedale che si occupa della cura e della riabilitazione delle caretta caretta in difficoltà.
Dalle indagini iniziate nel lontano 2005 all'assoluzione del 2022 sono passati 17 anni. Un ribaltamento che, nonostante il lungo incubo, è bastato a ricucire lo strappo che si era creato tra lui e il sistema giustizia italiano: «Ho grande rabbia, ma nonostante tutto continuerò - ha concluso Salvemini - a collaborare con la magistratura a cui, sin da ora, garantisco la mia fiducia perché credo che questa sia sempre la strada giusta».