Era morto al Pronto Soccorso dell'ospedale di Molfetta: Asl Bari condannata a risarcire la famiglia
L'episodio risale al 2021: 150mila euro ai parenti di un 58enne
Molfetta - venerdì 1 marzo 2024
11.50
È di oltre 150mila euro il risarcimento del danno che la ASL di Bari dovrà versare ai parenti di un uomo di 58 anni, deceduto nel marzo del 2021 presso l'Ospedale "Don Tonino Bello" di Molfetta, dove si era recato per un malore causato da una reazione allergica, dovuta probabilmente all'assunzione di un farmaco.
Il Tribunale di Trani, infatti, ha accertato (anche a seguito di un'apposita Consulenza Tecnica d'Ufficio) la condotta colpevolmente omissiva posta in essere dai medici e dal personale sanitario del Pronto Soccorso di Molfetta che presero in cura l'uomo.
A tale condotta, secondo il Giudice che ha accolto il ricorso proposto dall'Avv. Antonio Calvani dell'Unione Nazionale Consumatori di Molfetta, deve essere ricondotto il decesso, avvenuto dopo circa quattro ore dall'arrivo dell'uomo al Pronto Soccorso. Durante tutto questo lasso di tempo il paziente era rimasto privo di adeguata assistenza e di costante monitoraggio da parte dei sanitari dell'ospedale, sino all'arresto cardiaco che gli è stato fatale.
In particolare i consulenti tecnici nominati dal Giudice hanno accertato come il personale in servizio in quel momento presso il "Don Tonino Bello" non abbia somministrato al paziente alcuna dose di adrenalina che, si legge nella sentenza, "nelle anafilassi di grado moderato (quale quella occorsa nell'occasione) è universalmente considerata un trattamento di prima linea, prescritto dalle Linee Guida". Tale omissione avrebbe evidentemente fatto perdere al paziente (che al momento del suo arrivo in ospedale era vigile e cosciente) la concreta possibilità di salvarsi.
"Si tratta di una vicenda triste e dolorosa – spiega l'Avv. Antonio Calvani che ha seguito il caso – che ha costretto i parenti della vittima a rivivere, nel corso del giudizio, quei momenti drammatici che hanno portato alla perdita di un loro caro congiunto. Ma questo caso denuncia ancora una volta, laddove ce ne fosse bisogno, il gravissimo problema di un'assistenza sanitaria assolutamente carente e deficitaria sul territorio, che addirittura mette in pericolo la vita delle persone che si recano in ospedale ed espone a gravissimi rischi gli stessi operatori sanitari costretti a operare in un contesto estremamente difficile e sotto stress. Quello che è emerso nel corso del giudizio e degli accertamenti tecnici svolti dagli esperti nominati dal Tribunale, infatti, è che i sintomi lamentati dal paziente poi defunto erano riconducibili a una semplice reazione allergica che, se debitamente trattata seguendo le indicazioni fornite in apposite linee guida, poteva essere superata senza questo esito infausto".
"A prescindere dal caso concreto, quindi – conclude l'Avv. Calvani – esortiamo tutte le istituzioni del territorio ad adoperarsi concretamente per migliorare e potenziare i servizi sanitari sul territorio affinché casi come questo non si ripetano mai più. Solo così la morte di quest'uomo e il coraggio dei suoi parenti nel portare avanti la loro battaglia di verità non saranno stati vani".
Il Tribunale di Trani, infatti, ha accertato (anche a seguito di un'apposita Consulenza Tecnica d'Ufficio) la condotta colpevolmente omissiva posta in essere dai medici e dal personale sanitario del Pronto Soccorso di Molfetta che presero in cura l'uomo.
A tale condotta, secondo il Giudice che ha accolto il ricorso proposto dall'Avv. Antonio Calvani dell'Unione Nazionale Consumatori di Molfetta, deve essere ricondotto il decesso, avvenuto dopo circa quattro ore dall'arrivo dell'uomo al Pronto Soccorso. Durante tutto questo lasso di tempo il paziente era rimasto privo di adeguata assistenza e di costante monitoraggio da parte dei sanitari dell'ospedale, sino all'arresto cardiaco che gli è stato fatale.
In particolare i consulenti tecnici nominati dal Giudice hanno accertato come il personale in servizio in quel momento presso il "Don Tonino Bello" non abbia somministrato al paziente alcuna dose di adrenalina che, si legge nella sentenza, "nelle anafilassi di grado moderato (quale quella occorsa nell'occasione) è universalmente considerata un trattamento di prima linea, prescritto dalle Linee Guida". Tale omissione avrebbe evidentemente fatto perdere al paziente (che al momento del suo arrivo in ospedale era vigile e cosciente) la concreta possibilità di salvarsi.
"Si tratta di una vicenda triste e dolorosa – spiega l'Avv. Antonio Calvani che ha seguito il caso – che ha costretto i parenti della vittima a rivivere, nel corso del giudizio, quei momenti drammatici che hanno portato alla perdita di un loro caro congiunto. Ma questo caso denuncia ancora una volta, laddove ce ne fosse bisogno, il gravissimo problema di un'assistenza sanitaria assolutamente carente e deficitaria sul territorio, che addirittura mette in pericolo la vita delle persone che si recano in ospedale ed espone a gravissimi rischi gli stessi operatori sanitari costretti a operare in un contesto estremamente difficile e sotto stress. Quello che è emerso nel corso del giudizio e degli accertamenti tecnici svolti dagli esperti nominati dal Tribunale, infatti, è che i sintomi lamentati dal paziente poi defunto erano riconducibili a una semplice reazione allergica che, se debitamente trattata seguendo le indicazioni fornite in apposite linee guida, poteva essere superata senza questo esito infausto".
"A prescindere dal caso concreto, quindi – conclude l'Avv. Calvani – esortiamo tutte le istituzioni del territorio ad adoperarsi concretamente per migliorare e potenziare i servizi sanitari sul territorio affinché casi come questo non si ripetano mai più. Solo così la morte di quest'uomo e il coraggio dei suoi parenti nel portare avanti la loro battaglia di verità non saranno stati vani".