Molfetta ricorda i suoi 20 figli morti nei campi di concentramento
Iniziativa promossa dall’associazione "Eredi della Storia"
Molfetta - lunedì 28 gennaio 2019
Molto spesso a Molfetta si dimentica quanto invece così vicino e concreto è stato lo sterminio nazista nei campi di concentramento in Europa centrale e addirittura in Italia.
Anche Molfetta ha le sue storie, le sue sofferenze, i sopravvissuti a quel genocidio e addirittura le sue vittime. Ben venti uomini (secondo quanto ad oggi accertato e documentato), tutti molfettesi, marinai, soldati e ufficiali, tra il 1944 e il 1945 non fecero più ritorno nella loro Molfetta, poiché sterminati nei lager dei nazifascisti.
Tutto questo però non lo hanno dimenticato gli "Eredi della Storia", che nella loro sezione di Molfetta hanno inaugurato ieri mattina, nel giorno della Giornata della Memoria, una mostra fotografica in ricordo delle vittime e dei sopravvissuti al genocidio nazista. E proprio in ricordo di quei caduti, in Piazza Mazzini, con la bandiera italiana a mezz'asta, c'è stato un minuto di raccoglimento e successivamente la lettura dei 20 nomi di molfettesi sterminati nei lager. Osservando quelle immagini raccolte nella sede degli "Eredi della Storia" si è in grado di cogliere spunti nuovi e spesso completamente ignoti. Ad esempio non tutti sono a conoscenza che anche Molfetta aveva la sua comunità ebraica, in Via Sigismondo e presso lo Scalo di Alaggio.
A testimonianza di ciò vi sono ancora diverse foto e ritratti di famiglie felici prima dell'attuazione delle leggi razziali anche nel nostro paese, ma in seguito decimate nei campi di sterminio con i loro bambini.
Oppure c'è la storia del pluridecorato sommergibilista Giuseppe Domenico Raguseo, morto soltanto qualche anno fa, il quale dopo una onorata carriera militare, proprio in quegli anni in cui anche in Italia si combatteva la seconda guerra mondiale, decise di dar vita ad una missione speciale, quasi impossibile per quei tempi e soprattutto per quei momenti storici.
Grazie al sostegno economico delle comunità ebraiche del territorio ed insieme al Capitano Salvemini, Raguseo si mise a capo del progetto per la costruzione del Motopesca "Nettuno", realizzato nei cantieri navali "Antonio Giovine" di Molfetta (in località Secca dei Pali).
Oggi quel progetto lo definiremmo umanitario, ma fu in grado di salvare la vita a molti donne e uomini ebrei. Il motopesca "Nettuno", partendo in gran segreto dai porti di Monopoli e Molfetta, riuscì a portare in Israele parte della comunità ebraica pugliese negli anni a cavallo tra il 1944 e il 1945.
Tastare con mano i cimeli del secondo conflitto mondiale e sottratti da campi di concentramento da parte dei sopravvissuti molfettesi, non può che far assumere risvolti concreti ad un periodo storico a cui l'umanità dovrebbe continuamente far riferimento per evitare che possa assurdamente ripetersi.
Anche Molfetta ha le sue storie, le sue sofferenze, i sopravvissuti a quel genocidio e addirittura le sue vittime. Ben venti uomini (secondo quanto ad oggi accertato e documentato), tutti molfettesi, marinai, soldati e ufficiali, tra il 1944 e il 1945 non fecero più ritorno nella loro Molfetta, poiché sterminati nei lager dei nazifascisti.
Tutto questo però non lo hanno dimenticato gli "Eredi della Storia", che nella loro sezione di Molfetta hanno inaugurato ieri mattina, nel giorno della Giornata della Memoria, una mostra fotografica in ricordo delle vittime e dei sopravvissuti al genocidio nazista. E proprio in ricordo di quei caduti, in Piazza Mazzini, con la bandiera italiana a mezz'asta, c'è stato un minuto di raccoglimento e successivamente la lettura dei 20 nomi di molfettesi sterminati nei lager. Osservando quelle immagini raccolte nella sede degli "Eredi della Storia" si è in grado di cogliere spunti nuovi e spesso completamente ignoti. Ad esempio non tutti sono a conoscenza che anche Molfetta aveva la sua comunità ebraica, in Via Sigismondo e presso lo Scalo di Alaggio.
A testimonianza di ciò vi sono ancora diverse foto e ritratti di famiglie felici prima dell'attuazione delle leggi razziali anche nel nostro paese, ma in seguito decimate nei campi di sterminio con i loro bambini.
Oppure c'è la storia del pluridecorato sommergibilista Giuseppe Domenico Raguseo, morto soltanto qualche anno fa, il quale dopo una onorata carriera militare, proprio in quegli anni in cui anche in Italia si combatteva la seconda guerra mondiale, decise di dar vita ad una missione speciale, quasi impossibile per quei tempi e soprattutto per quei momenti storici.
Grazie al sostegno economico delle comunità ebraiche del territorio ed insieme al Capitano Salvemini, Raguseo si mise a capo del progetto per la costruzione del Motopesca "Nettuno", realizzato nei cantieri navali "Antonio Giovine" di Molfetta (in località Secca dei Pali).
Oggi quel progetto lo definiremmo umanitario, ma fu in grado di salvare la vita a molti donne e uomini ebrei. Il motopesca "Nettuno", partendo in gran segreto dai porti di Monopoli e Molfetta, riuscì a portare in Israele parte della comunità ebraica pugliese negli anni a cavallo tra il 1944 e il 1945.
Tastare con mano i cimeli del secondo conflitto mondiale e sottratti da campi di concentramento da parte dei sopravvissuti molfettesi, non può che far assumere risvolti concreti ad un periodo storico a cui l'umanità dovrebbe continuamente far riferimento per evitare che possa assurdamente ripetersi.