Mensa scolastica, le motivazioni del TAR a favore del Comune di Molfetta
Quattro i punti salienti della sentenza del Tribunale amministrativo regionale
Molfetta - venerdì 9 giugno 2017
8.57
Sono essenzialmente quattro i punti salienti della sentenza con la quale il TAR Puglia ha respinto il ricorso presentato da 157 genitori molfettesi contro gli atti amministrativi deliberati dal Comune di Molfetta sulle tariffe del servizio della mensa scolastica.
Dopo diversi giorni di protesta, sit in e confronti erano stati tanti i genitori che avevano deciso di rivolgersi alla giustizia. Nello specifico l'attenzione era riservata a due delibere del Commissario prefettizio Mauro Passerotti (le numero 59 e 91 del febbraio e marzo 2017, ndr) con le quali si rimodulavano i prezzi dei pasti a scuola, con decorrenza già per l'anno scolastico 2016/2017, e la nota del Servizio Welfare cittadino che le adottava.
Dunque, il ricorso al Tribunale amministrativo regionale con il quale si evidenziava "l'illegittimità per violazione del principio di legittimo affidamento, imparzialità, correttezza, lealtà dei comportamenti e buona fede, violazione degli obblighi assunti dal Comune nel modulo prestampato, violazione dell'art. 34 della Costituzione, eccesso di potere per erronea manifestazione dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di adeguata motivazione, illogicità ed irrazionalità manifesta, violazione dei principi di buon andamento, trasparenza ed efficienza della pubblica amministrazione", si legge nella sentenza.
Ma, nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2017, il collegio composto da tre magistrati ha deciso diversamente così come si legge dalla sentenza, di cui pubblichiamo alcuni stralci.
PUNTO 1: I TERMINI
«ll Collegio ritiene che, in effetti, la clausola che prevede la possibilità della giunta comunale di modificare le tariffe, espressione dello ius variandi (generico ed indeterminato per definizione, superando pertanto l'eccezione di nullità sollevata), da un lato ha impedito la formazione di un legittimo affidamento sulle tariffe indicate nel modulo dall'altro esclude altresì che l'indicazione delle tariffe di che trattasi avessero effetti vincolanti nei confronti dell'Amministrazione. [...] Inoltre, alla luce della normativa vigente in materia, al Comune era ancora consentito procedere alla determinazione delle tariffe».
Anzi, il TAR spiega anche che «il provvedimento con il quale sono state approvate le tariffe di che trattasi è del 15.2.2017, la deliberazione con cui è stato approvato il bilancio di previsione per l'anno 2017/2019 è del 28.3.2017 e l'art. 5, comma 11 del d.l. 244 del 2016 ha differito al 31 marzo 2017 il termine per la deliberazione del bilancio di previsione per l'anno 2017 da parte degli enti locali».
PUNTO 2: IL SERVIZIO DI REFEZIONE SCOLASTICA
Nella sentenza il Tar specifica che se da un lato il servizio scolastico è un servizio pubblico essenziale dall'altro il Comune non ha «l'obbligo di istituire ed organizzare» la mensa a scuola; pertanto, «il Collegio ritiene dunque che i provvedimenti impugnati non intacchino il servizio pubblico dell'istruzione costituzionalmente garantito e che pertanto non sia ravvisabile la violazione dell'art. 34 della Costituzione».
PUNTO 3: MANCATA MOTIVAZIONE E ISTRUTTORIA DA PARTE DEL COMUNE
Secondo il TAR l'amministrazione non doveva nemmeno motivare le sue scelte; inoltre se «i ricorrenti (i genitori, ndr) sostengono che appare irragionevole ed illogica anche la distribuzione degli aumenti tariffari tra gli scaglioni ISEE, evidenziando che gli aumenti tariffari non sarebbero progressivi, ma del tutto casuali, atteso che le maggiorazioni più elevate si registrerebbero proprio per le fasce intermedie ISEE», si legge ancora nella sentenza, «il Collegio, ribadendo che la refezione scolastica non è un servizio pubblico essenziale, ma ha la natura di servizio pubblico a domanda individuale, si limita ad osservare che, trattandosi di scelta ampiamente discrezionale, frutto di scelte di politica economico-sociale che per legge competono in via esclusiva all'Amministrazione, la stessa possa essere sindacata dal giudice amministrativo solo se sussistono profili di manifesta illogicità o irragionevolezza che il Collegio non ritiene sussistere».
PUNTO 4: LA RETROATTIVITA' DELLE TARIFFE
«I ricorrenti sostengono che sia del tutto irragionevole, nonché priva di motivazione, la previsione della efficacia retroattiva delle tariffe, la cui vigenza viene indicata al 1° gennaio 2017, ovvero in un momento antecedente alla approvazione della deliberazione impugnata.
Anche tale ultima censura risulta essere infondata alla luce delle disposizioni di legge che consentono l'approvazione delle tariffe entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione (come meglio chiarito al punto 2.1. di questa sentenza) e tenuto conto che, nel caso in esame, la deliberazione avente ad oggetto l'approvazione delle tariffe è stata assunta prima dell'approvazione del bilancio di previsione».
Dopo diversi giorni di protesta, sit in e confronti erano stati tanti i genitori che avevano deciso di rivolgersi alla giustizia. Nello specifico l'attenzione era riservata a due delibere del Commissario prefettizio Mauro Passerotti (le numero 59 e 91 del febbraio e marzo 2017, ndr) con le quali si rimodulavano i prezzi dei pasti a scuola, con decorrenza già per l'anno scolastico 2016/2017, e la nota del Servizio Welfare cittadino che le adottava.
Dunque, il ricorso al Tribunale amministrativo regionale con il quale si evidenziava "l'illegittimità per violazione del principio di legittimo affidamento, imparzialità, correttezza, lealtà dei comportamenti e buona fede, violazione degli obblighi assunti dal Comune nel modulo prestampato, violazione dell'art. 34 della Costituzione, eccesso di potere per erronea manifestazione dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di adeguata motivazione, illogicità ed irrazionalità manifesta, violazione dei principi di buon andamento, trasparenza ed efficienza della pubblica amministrazione", si legge nella sentenza.
Ma, nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2017, il collegio composto da tre magistrati ha deciso diversamente così come si legge dalla sentenza, di cui pubblichiamo alcuni stralci.
PUNTO 1: I TERMINI
«ll Collegio ritiene che, in effetti, la clausola che prevede la possibilità della giunta comunale di modificare le tariffe, espressione dello ius variandi (generico ed indeterminato per definizione, superando pertanto l'eccezione di nullità sollevata), da un lato ha impedito la formazione di un legittimo affidamento sulle tariffe indicate nel modulo dall'altro esclude altresì che l'indicazione delle tariffe di che trattasi avessero effetti vincolanti nei confronti dell'Amministrazione. [...] Inoltre, alla luce della normativa vigente in materia, al Comune era ancora consentito procedere alla determinazione delle tariffe».
Anzi, il TAR spiega anche che «il provvedimento con il quale sono state approvate le tariffe di che trattasi è del 15.2.2017, la deliberazione con cui è stato approvato il bilancio di previsione per l'anno 2017/2019 è del 28.3.2017 e l'art. 5, comma 11 del d.l. 244 del 2016 ha differito al 31 marzo 2017 il termine per la deliberazione del bilancio di previsione per l'anno 2017 da parte degli enti locali».
PUNTO 2: IL SERVIZIO DI REFEZIONE SCOLASTICA
Nella sentenza il Tar specifica che se da un lato il servizio scolastico è un servizio pubblico essenziale dall'altro il Comune non ha «l'obbligo di istituire ed organizzare» la mensa a scuola; pertanto, «il Collegio ritiene dunque che i provvedimenti impugnati non intacchino il servizio pubblico dell'istruzione costituzionalmente garantito e che pertanto non sia ravvisabile la violazione dell'art. 34 della Costituzione».
PUNTO 3: MANCATA MOTIVAZIONE E ISTRUTTORIA DA PARTE DEL COMUNE
Secondo il TAR l'amministrazione non doveva nemmeno motivare le sue scelte; inoltre se «i ricorrenti (i genitori, ndr) sostengono che appare irragionevole ed illogica anche la distribuzione degli aumenti tariffari tra gli scaglioni ISEE, evidenziando che gli aumenti tariffari non sarebbero progressivi, ma del tutto casuali, atteso che le maggiorazioni più elevate si registrerebbero proprio per le fasce intermedie ISEE», si legge ancora nella sentenza, «il Collegio, ribadendo che la refezione scolastica non è un servizio pubblico essenziale, ma ha la natura di servizio pubblico a domanda individuale, si limita ad osservare che, trattandosi di scelta ampiamente discrezionale, frutto di scelte di politica economico-sociale che per legge competono in via esclusiva all'Amministrazione, la stessa possa essere sindacata dal giudice amministrativo solo se sussistono profili di manifesta illogicità o irragionevolezza che il Collegio non ritiene sussistere».
PUNTO 4: LA RETROATTIVITA' DELLE TARIFFE
«I ricorrenti sostengono che sia del tutto irragionevole, nonché priva di motivazione, la previsione della efficacia retroattiva delle tariffe, la cui vigenza viene indicata al 1° gennaio 2017, ovvero in un momento antecedente alla approvazione della deliberazione impugnata.
Anche tale ultima censura risulta essere infondata alla luce delle disposizioni di legge che consentono l'approvazione delle tariffe entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione (come meglio chiarito al punto 2.1. di questa sentenza) e tenuto conto che, nel caso in esame, la deliberazione avente ad oggetto l'approvazione delle tariffe è stata assunta prima dell'approvazione del bilancio di previsione».