Mazzette in Tribunale: arrestato il giudice De Benedictis
Il gip, di Molfetta, è stato condotto in carcere: con lui l'avvocato Chiariello. Ai Carabinieri: «Mi dimetto per la vergogna»
I due, secondo l'attività della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, coordinata dal procuratore Leonardo Leone de Castris, sono accusati di aver stretto un accordo corruttivo in base al quale il giudice De Benedictis, che proprio nei giorni scorsi ha chiesto di lasciare l'ordine giudiziario, presentando una richiesta di dimissioni dalla magistratura del capoluogo pugliese, avrebbe emesso provvedimenti di scarcerazione in favore degli assistiti dell'avvocato barese Chiariello.
Il giudice De Benedictis, sorpreso a ricevere una busta di banconote (6mila euro) dall'avvocato Chiariello, è stato condotto in carcere, mentre contestualmente alla notifica delle ordinanze di custodia cautelare, eseguite dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Bari, sono in corso numerose perquisizioni nei confronti di noti esponenti della criminalità organizzata, di persone detenute per reati di mafia e di presunti favoreggiatori, indagati a piede libero nel procedimento.
La misura cautelare è stata disposta dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce che ha coordinato indagini consistite in intercettazioni telefoniche e ambientali, videoriprese in uffici e ambienti interni e esterni, pedinamenti, dichiarazioni di collaboratori di giustizia, esame di documentazione, perquisizioni e sequestro di ingenti somme di denaro contante sino agli arresti eseguiti questa mattina.
Le accuse a carico di De Benedictis e Chiariello
L'ipotesi su cui fonda l'impianto accusatorio della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, anche fatta propria dal giudice per le indagini preliminari, è quella per cui il giudice Giuseppe De Benedictis, gip molfettese al Tribunale di Bari, e l'avvocato barese Giancarlo Chiariello, dello stesso Foro, abbiano da tempo stretto un accordo corruttivo in base al quale in cambio di somme di denaro in contante, consegnate presso l'abitazione e lo studio del legale, o anche all'ingresso di un bar sito nelle vicinanze del nuovo Palazzo di Giustizia di Bari, il predetto magistrato avrebbe emesso provvedimenti "de libertate" favorevoli agli assistiti dell'avvocato Chiariello, tra i quali uno anche attinto dall'odierna ordinanza di custodia cautelare.
I soggetti beneficiati, in larga parte appartenenti a famiglie mafiose oppure legate alla criminalità organizzata barese, foggiana e garganica, potendo contare sullo sperimentato accordo corruttivo tra il giudice e l'avvocato (circostanza peraltro ben nota da tempo nell'ambiente criminale come riferito dai collaboratori di giustizia), in cambio della corresponsione di somme di denaro, riuscivano ad ottenere provvedimenti di concessione di arresti domiciliari o remissione in libertà, pur essendo sottoposti a misura cautelare in carcere per reati anche associativi di estrema gravità, che gli consentivano di rientrare nel circuito criminale, con indubbio vantaggio proprio, del difensore e delle stesse organizzazioni criminali.
Nel corso dell'attività captativa sono state registrate conversazioni in cui il giudice De Benedictis e l'avvocato Chiariello discutono sulle strategie più idonee affinché il giudice possa motivare i provvedimenti più favorevoli ai clienti dell'avvocato, contano il denaro consegnato a De Benedictis, ovvero discutono sugli importi da imputare alla corruzione (ciò tanto nell'ufficio del giudice per le indagini preliminari tanto all'interno dell'ascensore del palazzo ove Chiariello abita, presso i quali gli indagati si sono ripetutamente incontrati e sono stati ripresi, con contestuale registrazione delle conversazioni, dalle telecamere nei pressi installate).
Il blitz dei Carabinieri
L'encomiabile lavoro dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Bari delegati dalla Procura della Repubblica di Lecce alle certosine indagini, ha consentito di acclarare che, nella giornata del 9 aprile scorso, a seguito di appuntamento fissato con modalità criptiche da collaboratori dello studio Chiariello, così come avvenuto in altre occasioni, il giudice De Benedictis si sarebbe recato presso l'abitazione del legale per riscuotere il prezzo della corruzione dovuto per la concessione degli arresti domiciliari in favore di Antonio Ippedico, attinto da una precedente ordinanza applicativa di misura cautelare in carcere per il reato di associazione mafiosa e successivamente collocato agli arresti domiciliari.
I militari, quindi, hanno osservato il giudice De Benedictis incontrarsi con l'avvocato Chiariello, salire presso l'attiguo studio legale dello stesso alle ore 08.00 del mattino, per poi discendere dopo qualche minuto con materiale cartaceo nelle mani e quindi, senza mai essere perso di vista dagli stessi Carabinieri, salire sull'auto e recarsi in ufficio. Qui giunto, il giudice De Benedictis, ripreso dalle telecamere ivi installate con idoneo provvedimento, ha tirato fuori una busta piena di banconote dal giubbotto e poco dopo l'ha riposta nelle tasche dei pantaloni.
A questo punto i Carabinieri sono intervenuti e hanno provveduto a eseguire un decreto di perquisizione già emesso dalla Procura della Repubblica di Lecce, sequestrando la somma in contante di circa 6.000 euro. Nell'immediatezza dei fatti il giudice De Benedictis ha rilasciato a verbale dichiarazioni spontanee con le quali ha ammesso di aver ricevuto poco prima dall'avvocato Chiariello la somma in questione «per il disturbo» e di «volersi dimettere dalla magistratura per la vergogna».
La perquisizione è stata poi estesa presso l'abitazione del magistrato ove, occultate in varie prese per derivazioni elettriche, sono state rinvenute e sequestrate numerose mazzette di denaro per importi variabili tra i 2.000 e i 16.000 euro per un totale di circa 60.000 euro, da imputare, in base all'interpretazione degli elementi di prova acquisiti, alla descritta attività corruttiva.
Sono inoltre stati raccolti elementi tali da ipotizzare che altri indagati siano coinvolti, oltre che in condotte corruttive, anche in fatti di rivelazione di segreti d'ufficio per avere acquisito e divulgato, illecitamente, notizie custodite in banche dati riservati e, relative ad alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia ancora segrete.
Il precedente arresto e l'assoluzione in Cassazione
Il giudice De Benedictis, noto anche come collezionista di armi, nel 2010, fu arrestato su ordine della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere per la detenzione di un fucile, un'arma da guerra, che secondo l'accusa non avrebbe potuto detenere. Per quell'episodio il giudice finì agli arresti domiciliari ed ha affrontato due processi finiti il primo con un'assoluzione, il secondo con una condanna a 2 anni di reclusione (pena sospesa) inflittagli dalla Corte d'Appello di Lecce.
La condanna fu annullata in Cassazione: il caso fu sollevato dai Carabinieri che su incarico della Procura di Santa Maria Capua Vetere, avevano intercettato casualmente una conversazione tra il magistrato barese e il titolare dell'armeria in provincia di Caserta dove era stata acquistata l'arma. La prima sentenza di assoluzione fu impugnata dalla Procura presso il Tribunale di Lecce, competente a giudicare sui reati commessi dai magistrati baresi. Infine è stato il giudice De Benedictis a impugnare in Cassazione, la sentenza di condanna di secondo grado.
Il ringraziamento della Procura della Repubblica di Lecce
«Oltre a ribadire il grande apprezzamento per l'eccellente lavoro svolto e la grande professionalità dimostrata dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Bari, questo ufficio - è scritto in una nota - desidera rivolgere un sentito ringraziamento all'Autorità Giudiziaria di Bari e Trani per la collaborazione istituzionale prestata e le segnalazioni trasmesse, che hanno consentito di concludere un'indagine assolutamente doverosa, anche se al tempo stesso dolorosa per tutti noi.
È opinione di questa Procura della Repubblica che la collettività, sia pure nel comprensibile disagio e disorientamento determinato dalla vicenda, possa trovare motivo di sollievo nella circostanza che proprio l'Istituzione Giudiziaria possieda gli anticorpi necessari per colpire i comportamenti devianti, e abbia, ancora una volta nella nostra regione, dimostrato di saper guardare al proprio interno e individuare le più gravi criticità.
È oggi più che mai necessario che, insieme all'Avvocatura, tutti gli Uffici Giudiziari proseguano nel proprio impegno volto ad assicurare un servizio efficiente e trasparente per la collettività».