Maxi truffa sul porto, arriva la replica del Comitato Bonifica Molfetta
Pubblichiamo in forma integrale la richiesta di chiarimenti
Molfetta - mercoledì 6 novembre 2024
18.29
Pubblichiamo in forma integrale una richiesta di replica e chiarimento in merito all'articolo del giorno 5 novembre 2024 alle ore 11:03, dal titolo "Maxi truffa sul porto di Molfetta", che riportiamo di seguito:
Il sottoscritto Matteo d'Ingeo, nella qualità di ex rappresentante legale del "Comitato Cittadino per la bonifica marina a tutela del diritto alla salute e all'ambiente salubre", più comunemente conosciuto come "Comitato Bonifica Molfetta" (di seguito CBM), con la presente nota intende chiarire alcune imprecisioni contenute in un articolo pubblicato sul Vostro sito web il giorno 5 novembre 2024 alle ore 11.03. Trattasi dell'articolo dal titolo "Maxi truffa sul porto di Molfetta, passate in giudicato le assoluzioni-bis. Sono quelle dell'ex sindaco Azzollini e dell'ex dirigente Balducci: «Questa è la vera notizia dopo 11 anni!".
Il ricorso in appello del CBM non ha alcuna attinenza con gli appelli presentati dalla Procura di Trani e dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bari, tanto meno l'appello riguardava i 19 capi d'accusa del Senatore Azzollini o i 20 dell'Ing. Vincenzo Balducci. L'appello del CBM riguardava un solo capo di accusa di natura ambientale in capo all'Ing. V. Balducci ed altri. Di seguito la ricostruzione dei fatti e i contenuti della Sentenza dei Giudici di Appello in riferimento a un solo capo di accusa.
Ricostruzione dei fatti
Il CBM ricorre in appello avverso la sentenza n.3004/19, emessa il giorno 20.12.2019 dal Tribunale Penale di Trani, con riserva di motivazione entro 90 giorni, prorogati di ulteriori 60 (termine per il deposito 18 maggio 2020).
L'appello viene proposto, ai sensi dell'art. 576 c.p.p., (La parte civile può proporre impugnazione, ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio) avverso la decisione con cui è stata disposta l'assoluzione di Balducci Vincenzo, Calderoni Giorgio, Catteau Pierre, Defendi Daniele, Grimaldi Franco, Grondona Giuseppe, Loliva Gianluca, Marconi Carlo Alberto, Mazzola Osvaldo, Menchini Gianluca, Parmigiani Carlo, Turbolente Paolo dai reati loro ascritti al capo V dell'imputazione perchè il fatto non sussiste.
Agli imputati erano contestati al capo V) i reati di cui agli artt.110, 81, 635 cpv c.p., art.256 co.1 lett. b) co.2 e 3 D. Lvo 152/2006 per avere, in concorso tra loro e ciascuno nelle rispettive qualità, effettuato illecitamente la raccolta e lo smaltimento nella "cassa di colmata" di quanto residuava al dragaggio degli ordigni bellici unitamente ai fanghi ed alle rocce raccolti sul fondale marino che venivano riversati nella cassa di colmata, realizzando nella stessa una discarica abusiva di rifiuti pericolosi.
Il motivo di appello riguardava il vizio di motivazione della sentenza di I^ grado per omessa valutazione delle risultanze dell'intercettazioni telefoniche acquisite nel fascicolo del dibattimento; lacunosa sembrava la valutazione degli elementi di prova versati in atti.
Dalla lettura di quanto depositato in atti, infatti, risulta evidente che l'assoluzione degli imputati Balducci, Calderoni, Catteau, Defendi, Grimaldi, Grondona, Loliva, Marconi, Parmigiani, Mazzola, Menchini e Turbolente per il reato loro ascritto al capo V) dell'imputazione, si fonda esclusivamente su una prova documentale, ovverosia la nota dell'Arpa Puglia del 29.12.2011.
Secondo il Collegio giudicante in I^ grado tale documento è di per sé sufficiente a comprovare che la cassa di colmata non sia stata utilizzata illecitamente per la raccolta e lo smaltimento di quanto residuava al dragaggio degli ordigni bellici, unitamente ai fanghi e alle rocce raccolti sul fondale marino, rendendola così una vera e propria discarica abusiva di rifiuti pericolosi.
Questa conclusione non è condivisa dal CBM dal momento che la nota dell'Arpa del 29.12.2011 non ha affatto il significato esaustivo che il Collegio le ha voluto attribuire.
In buona sostanza, questa nota e le dichiarazioni in essa contenute non valgono ad escludere la sussistenza dei fatti di reato contestati al capo V) e la responsabilità degli imputati.
Si consideri, invero, che il Collegio giudicante si è limitato, in maniera davvero eccessivamente stringata e frettolosa, a riportare il contenuto della nota alla pag.385 della sentenza e a concludere che "L'Arpa, dunque, aveva escluso la presenza di sedimenti pericolosi e sostanze chimiche nella cassa di colmata e la concentrazione di azoto, fosforo e carbonio era risultata più bassa rispetto ai sedimenti prelevati nei porti di Bari, Barletta e Monopoli. Appare evidente che il fatto contestato nel capo d'imputazione non sussiste e gli imputati devono essere mandati assolti dal reato loro ascritto".
La draga Machiavelli e i prelievi dell'ARPA
A ben vedere, però, e su questo è stata richiamata espressamente l'attenzione dell'Ecc.ma Corte d'Appello adita, il Collegio giudicante non precisa in quale momento storico l'Arpa ha escluso la presenza dei sedimenti pericolosi e delle sostanze chimiche all'interno della cassa di colmata.
I fatti contestati nel capo V) si riferiscono alle operazioni di dragaggio che hanno interessato un periodo ben preciso che va dal mese di settembre al mese di ottobre 2011.
Nello specifico, la draga Macchiavelli è arrivata nel porto di Molfetta il 18.09.2011 e ci è rimasta fino al 19.10.2011.
Tanto è comprovato dall'ordinanza della Capitaneria di Porto di Molfetta n.97 del 15.09.2011 a firma del Comandante Enrico Cincotti, prodotta agli atti del processo.
L'Arpa, invece, ha effettuato il prelievo dei sedimenti in esecuzione del mandato conferitole dalla Procura, in data 28.09.2011, quando chiaramente le operazioni di dragaggio della seconda fase erano appena incominciate.
Una cosa, dunque, è certa: l'accertamento dell'Arpa è parziale e, pertanto, non esaustivo, non essendo stato effettuato al termine delle operazioni di dragaggio o, quanto meno, in prossimità della fine delle stesse.
Questo dato non è di poco conto se solo si considera che la draga Machiavelli ha continuato a dragare per altri 20 giorni, dal 29 settembre al 18 ottobre 2011.
Non solo!!
Sarebbe opportuno soffermarsi anche sul dove sono stati effettuati i prelievi dei sedimenti e con quali modalità, per sondare fino in fondo la valenza probatoria della nota richiamata.
Dalla stessa nota dell'Arpa, inoltre, si apprende che i sedimenti oggetto di prelievo da parte dell'Arpa sono superficiali ed interessano solo tre punti della più vasta area della colmata, posti nella parte più interna del bacino portuale a ridosso della stessa e non anche nella parte più esterna.
Inoltre il prelievo è stato effettuato utilizzando una benna manuale e non già con la tecnica del carotaggio che presenta tutt'altra efficacia.
I giudici di primo grado ignorano le intercettazioni
A fronte di siffatte considerazioni in merito alla prova documentale che il Collegio ha posto a fondamento del suo convincimento in via esclusiva, vi è il rilievo, doveroso, della grave lacuna in cui è incorso l'Organo giudicante in I^ grado ignorando totalmente le risultanze delle intercettazioni telefoniche relative al capo V) di imputazione, richiamate anche dal Luogotenente del Corpo Forestale dello Stato Marcotrigiano G. nel corso del suo esame.
Le conversazioni telefoniche oggetto di intercettazione, invero, hanno una valenza probatoria notevole in riferimento al capo di imputazione in parola perché da esse si evince chiaramente cosa draga e trasferisce la Machiavelli nella colmata, oltre fango e roccia, e quante persone ne fossero a conoscenza.
In rilievo si pongono, a riguardo, le intercettazioni di Zannini Piergiorgio (titolare dell'omonima ditta individuale esercente l'attività di bonifiche subacquee) che in molti passaggi danno contezza del rinvenimento quasi quotidiano di ordigni al fosforo, proprio durante le operazioni di dragaggio della Machiavelli.
Trattasi, come si apprende dalle dichiarazioni rese da Marcotrigiano nel corso del suo esame da parte del Pubblico Ministero, Dr. Vaira, all'udienza del 02.07.2018 (da pag.18 del verbale redatto), delle conversazioni registrate sul RIT 258.
Interessante quanto emerge dalla conversazione del 25.09.2011, progressivo 1723, in cui Zannini apprende da un suo dipendente (tale Sante) del rinvenimento di un ordigno, spostato e "messo alla discarica all'angolo".
Zannini dice di aspettare e di non comunicare questa circostanza se non a fine lavori, in quanto "lo sanno già tutti che gli incendiari non hanno segnale per cui, l'importante, è che l'abbiamo tolto".
Ed anche in questo caso apprende che l'incendiario fumava (si precisa che per incendiario è da intendersi lo spezzone di fosforo rimasto nudo, senza ogiva e, dunque, senza protezione, che appena entra in contatto con l'ossigeno, fuori dall'acqua, prende fuoco).
Zannini avverte di non fare entrare persone nella colmata, "ci deve andare solo l'escavatore perché è pericoloso, a parte il fosforo ci può essere anche il liquido dell'iprite di una damigianetta che si è rotta 30 anni fa".
Nella conversazione successiva, progressivo n.1727, Zannini accenna alla draga e al fatto che la stessa, durante le operazioni di dragaggio, può macinare gli ordigni riducendoli in pezzi che finiscono giù nella colmata.
La bomba caricata a benzene e fosforo
Ma la conversazione più emblematica è sicuramente quella tratta dal RIT 258, progressivo 1800, intercettata il giorno 28.09.2011, (si badi bene, lo stesso giorno in cui l'Arpa effettua il prelievo dei sedimenti!).
Da tale conversazione si apprende del rinvenimento di una bomba caricata a fosforo e benzene, bucata dall'escavatore all'interno della colmata, con conseguente fuoriuscita di fumo ("una bomba era benzene e fosforo; molto probabilmente nel lavoro che fanno le motopale l'ha bucata, è cominciato a uscire il fumo; si vedeva proprio il dentino della motopala che era entrato dentro e ha cominciato a fumare; era bello spesso e puzzava di un accidente").
Dal tenore della conversazione emerge, altresì, che tutto era fatto in modo tale da mantenere il riserbo su quanto accadeva e sui rimedi adottati (creazione illecita di un deposito in mare per tutto il materiale pericoloso rinvenuto).
Quanto precede è solo uno stralcio di numerose conversazioni tratte tutte dal RIT 258 ed espressamente richiamate da Marcotrigiano nel corso del suo esame del 2.07.2018, alle pagg. 23 e 24 del succitato verbale, che il Collegio giudicante immotivatamente non ha preso in considerazione, come se non esistessero.
Tale omissione, lo si ribadisce priva di qualsivoglia motivazione, rende pertanto censurabile la sentenza di assoluzione nei confronti degli imputati in relazione al capo V), ai sensi e per gli effetti dell'art.576 c.p.p..
Sul contenuto di tali intercettazioni, la difesa del CBM, ha chiesto ai Giudici della Corte d'Appello di soffermarsi sulla loro valenza probatoria, trattandosi di dichiarazioni captate nel corso di attività di intercettazione regolarmente autorizzata e ad insaputa dei soggetti coinvolti e sulla base di quanto accertato. Pertanto si chiedeva il riconoscimento delle responsabilità penali degli imputati per il reato loro contestato al capo V).
Come si sono espressi i Giudici d'Appello
"Il Tribunale (collegio giudicante di primo grado n.d.r.) ha assolto gli imputati Balducci Vincenzo, Calderoni Giorgio, Catteau Pierre, Defendi Daniele, Grimaldi Franco, Grondona Giuseppe, Loliva Gianluca, Marconi Carlo Alberto, Mazzola Osvaldo, Menchini Gianluca, Parmigiani Carlo, Turbolente Paolo, dai reati a loro ascritti al capo V) dell'imputazione (artt.110, 81,40 cpv, 635 cpv c.p. art.256, co,1,2,3 Dlgs 152/06) perchè il fatto non sussiste.
In particolare il Tribunale ha posto a fondamento della esclusione di ogni responsabilità dall'aver concorso, ciascuno nelle rispettive qualità, nella illecita raccolta e smaltimento nella "cassa di colmata" di quanto residuava al dragaggio degli ordigni bellici unitamente ai fanghi ed alle rocce raccolti sul fondale marino che venivano riversati nella cassa di colmata, realizzando nella stessa una discarica abusiva di rifiuti pericolosi.
Secondo l'appellante le motivazioni del Tribunale, basate sulla relazione dell'Arpa che aveva escluso la presenza di sedimenti pericolosi e sostanze chimiche nella cassa di colmata, atteso che la concentrazione di azoto, fosforo e carbonio era risultata più bassa rispetto ai sedimenti prelevati nei porti di Bari, Barletta e Monopoli, non avrebbero tenuto conto degli esiti delle conversazioni intercettate.
Rileva la Corte che dalle conversazioni intercettate, e riportate nell'atto di appello del Comitato Bonifica Molfetta, emergono le seguenti circostanze:
- il rinvenimento, da parte della ditta dello Zannini esercente attività di bonifiche subacquee e "messo alla discarica all'angolo" (vd. progressiva 1723) di ordigni al fosforo;
- il rinvenimento di una bomba caricata a fosforo e benzene, bucata dall'escavatore all'interno della colmata con fuoriuscita di fumo "una bomba era benzene e fosforo, ha cominciato a uscire il fumo" (vd. progressiva 1800).
E' evidente quindi che vi è stato il rinvenimento di materiale pericoloso per la salute, quali gli ordigni, e che lo stesso era stato depositato in una zona di mare, la "discarica all'angolo", nella colmata, e infatti Zannini si raccomandava di non fare andare persone lì, ma solo l'escavatore "perchè è pericoloso".
Orbene il reato di cui all'art. 256, D.Lgs n.152/06, è un reato di pericolo: " il reato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata è reato di pericolo, sicché la valutazione in ordine all'offesa al bene giuridico protetto va retrocessa al momento della condotta secondo un giudizio prognostico "ex ante", essendo irrilevante l'assenza in concreto, successivamente riscontrata, di qualsivoglia lesione." (vd. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 19439 del 17/01/2012: Sez. 3 - , Sentenza n 4973. del 18/10/2018).
Sulla scorta di tali principi non è condivisibile la valutazione effettuata dal Tribunale basata sulle risultanze delle verifiche effettuate dall'ARPA circa i livelli non elevati di concentrazione di azoto, fosforo e carbonio, per escludere la rilevanza penale delle condotte poste in essere dagli imputati come si evincono dalle conversazioni intercettate e che integrano l'abbandono e deposito in modo incontrollato di rifiuti pericolosi.
Tuttavia il reato contravvenzionale contestato e la condotta ascrivibile agli imputati deve ritenersi cessata al più tardi al momento in cui è avvenuto il sequestro dell'area ovvero in data 07/10/2013 come da verbale di sequestro preventivo in atti. "L'attività di gestione abusiva o irregolare di una discarica comprende anche la fase post-operativa con la conseguenza che la permanenza del reato cessa: -1) con il venir meno della situazione di antigiuridicità per rilascio dell'autorizzazione amministrativa; -2) con la rimozione dei rifiuti e della bonifica dell'area; -3) con il sequestro, che sottrae al gestore la disponibilità dell'area; -4) con la pronuncia della sentenza di primo grado (Cass. Sez.3 - Sentenza n. 9954 del 19/01/2021)".
Ne consegue che, considerato che il termine massimo di prescrizione del reato de quo è di anni cinque ex art. 161. comma 2. c.p., detto termine risulta decorso al più tardi il 7/10/2018 ovvero prima della pronuncia della sentenza di primo grado del 20 dicembre 2019".
Quindi il relativo reato era prescritto già prima della sentenza di primo grado, ma i giudici d'appello dicono espressamente che le condotte poste in essere dagli imputati, come si evincono dalle conversazioni intercettate, hanno rilevanza penale ed integrano l'abbandono e il deposito in modo incontrollato di rifiuti pericolosi.
Pertanto, al di là delle assoluzioni e al pagamento delle spese processuali della parte civile "la vera notizia dopo 11 anni" è che nella "cassa di colmata" potrebbero esserci ancora residui pericolosi di ordigni bellici ed altro ancora.
Tanto si doveva.
Il sottoscritto Matteo d'Ingeo, nella qualità di ex rappresentante legale del "Comitato Cittadino per la bonifica marina a tutela del diritto alla salute e all'ambiente salubre", più comunemente conosciuto come "Comitato Bonifica Molfetta" (di seguito CBM), con la presente nota intende chiarire alcune imprecisioni contenute in un articolo pubblicato sul Vostro sito web il giorno 5 novembre 2024 alle ore 11.03. Trattasi dell'articolo dal titolo "Maxi truffa sul porto di Molfetta, passate in giudicato le assoluzioni-bis. Sono quelle dell'ex sindaco Azzollini e dell'ex dirigente Balducci: «Questa è la vera notizia dopo 11 anni!".
Il ricorso in appello del CBM non ha alcuna attinenza con gli appelli presentati dalla Procura di Trani e dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bari, tanto meno l'appello riguardava i 19 capi d'accusa del Senatore Azzollini o i 20 dell'Ing. Vincenzo Balducci. L'appello del CBM riguardava un solo capo di accusa di natura ambientale in capo all'Ing. V. Balducci ed altri. Di seguito la ricostruzione dei fatti e i contenuti della Sentenza dei Giudici di Appello in riferimento a un solo capo di accusa.
Ricostruzione dei fatti
Il CBM ricorre in appello avverso la sentenza n.3004/19, emessa il giorno 20.12.2019 dal Tribunale Penale di Trani, con riserva di motivazione entro 90 giorni, prorogati di ulteriori 60 (termine per il deposito 18 maggio 2020).
L'appello viene proposto, ai sensi dell'art. 576 c.p.p., (La parte civile può proporre impugnazione, ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio) avverso la decisione con cui è stata disposta l'assoluzione di Balducci Vincenzo, Calderoni Giorgio, Catteau Pierre, Defendi Daniele, Grimaldi Franco, Grondona Giuseppe, Loliva Gianluca, Marconi Carlo Alberto, Mazzola Osvaldo, Menchini Gianluca, Parmigiani Carlo, Turbolente Paolo dai reati loro ascritti al capo V dell'imputazione perchè il fatto non sussiste.
Agli imputati erano contestati al capo V) i reati di cui agli artt.110, 81, 635 cpv c.p., art.256 co.1 lett. b) co.2 e 3 D. Lvo 152/2006 per avere, in concorso tra loro e ciascuno nelle rispettive qualità, effettuato illecitamente la raccolta e lo smaltimento nella "cassa di colmata" di quanto residuava al dragaggio degli ordigni bellici unitamente ai fanghi ed alle rocce raccolti sul fondale marino che venivano riversati nella cassa di colmata, realizzando nella stessa una discarica abusiva di rifiuti pericolosi.
Il motivo di appello riguardava il vizio di motivazione della sentenza di I^ grado per omessa valutazione delle risultanze dell'intercettazioni telefoniche acquisite nel fascicolo del dibattimento; lacunosa sembrava la valutazione degli elementi di prova versati in atti.
Dalla lettura di quanto depositato in atti, infatti, risulta evidente che l'assoluzione degli imputati Balducci, Calderoni, Catteau, Defendi, Grimaldi, Grondona, Loliva, Marconi, Parmigiani, Mazzola, Menchini e Turbolente per il reato loro ascritto al capo V) dell'imputazione, si fonda esclusivamente su una prova documentale, ovverosia la nota dell'Arpa Puglia del 29.12.2011.
Secondo il Collegio giudicante in I^ grado tale documento è di per sé sufficiente a comprovare che la cassa di colmata non sia stata utilizzata illecitamente per la raccolta e lo smaltimento di quanto residuava al dragaggio degli ordigni bellici, unitamente ai fanghi e alle rocce raccolti sul fondale marino, rendendola così una vera e propria discarica abusiva di rifiuti pericolosi.
Questa conclusione non è condivisa dal CBM dal momento che la nota dell'Arpa del 29.12.2011 non ha affatto il significato esaustivo che il Collegio le ha voluto attribuire.
In buona sostanza, questa nota e le dichiarazioni in essa contenute non valgono ad escludere la sussistenza dei fatti di reato contestati al capo V) e la responsabilità degli imputati.
Si consideri, invero, che il Collegio giudicante si è limitato, in maniera davvero eccessivamente stringata e frettolosa, a riportare il contenuto della nota alla pag.385 della sentenza e a concludere che "L'Arpa, dunque, aveva escluso la presenza di sedimenti pericolosi e sostanze chimiche nella cassa di colmata e la concentrazione di azoto, fosforo e carbonio era risultata più bassa rispetto ai sedimenti prelevati nei porti di Bari, Barletta e Monopoli. Appare evidente che il fatto contestato nel capo d'imputazione non sussiste e gli imputati devono essere mandati assolti dal reato loro ascritto".
La draga Machiavelli e i prelievi dell'ARPA
A ben vedere, però, e su questo è stata richiamata espressamente l'attenzione dell'Ecc.ma Corte d'Appello adita, il Collegio giudicante non precisa in quale momento storico l'Arpa ha escluso la presenza dei sedimenti pericolosi e delle sostanze chimiche all'interno della cassa di colmata.
I fatti contestati nel capo V) si riferiscono alle operazioni di dragaggio che hanno interessato un periodo ben preciso che va dal mese di settembre al mese di ottobre 2011.
Nello specifico, la draga Macchiavelli è arrivata nel porto di Molfetta il 18.09.2011 e ci è rimasta fino al 19.10.2011.
Tanto è comprovato dall'ordinanza della Capitaneria di Porto di Molfetta n.97 del 15.09.2011 a firma del Comandante Enrico Cincotti, prodotta agli atti del processo.
L'Arpa, invece, ha effettuato il prelievo dei sedimenti in esecuzione del mandato conferitole dalla Procura, in data 28.09.2011, quando chiaramente le operazioni di dragaggio della seconda fase erano appena incominciate.
Una cosa, dunque, è certa: l'accertamento dell'Arpa è parziale e, pertanto, non esaustivo, non essendo stato effettuato al termine delle operazioni di dragaggio o, quanto meno, in prossimità della fine delle stesse.
Questo dato non è di poco conto se solo si considera che la draga Machiavelli ha continuato a dragare per altri 20 giorni, dal 29 settembre al 18 ottobre 2011.
Non solo!!
Sarebbe opportuno soffermarsi anche sul dove sono stati effettuati i prelievi dei sedimenti e con quali modalità, per sondare fino in fondo la valenza probatoria della nota richiamata.
Dalla stessa nota dell'Arpa, inoltre, si apprende che i sedimenti oggetto di prelievo da parte dell'Arpa sono superficiali ed interessano solo tre punti della più vasta area della colmata, posti nella parte più interna del bacino portuale a ridosso della stessa e non anche nella parte più esterna.
Inoltre il prelievo è stato effettuato utilizzando una benna manuale e non già con la tecnica del carotaggio che presenta tutt'altra efficacia.
I giudici di primo grado ignorano le intercettazioni
A fronte di siffatte considerazioni in merito alla prova documentale che il Collegio ha posto a fondamento del suo convincimento in via esclusiva, vi è il rilievo, doveroso, della grave lacuna in cui è incorso l'Organo giudicante in I^ grado ignorando totalmente le risultanze delle intercettazioni telefoniche relative al capo V) di imputazione, richiamate anche dal Luogotenente del Corpo Forestale dello Stato Marcotrigiano G. nel corso del suo esame.
Le conversazioni telefoniche oggetto di intercettazione, invero, hanno una valenza probatoria notevole in riferimento al capo di imputazione in parola perché da esse si evince chiaramente cosa draga e trasferisce la Machiavelli nella colmata, oltre fango e roccia, e quante persone ne fossero a conoscenza.
In rilievo si pongono, a riguardo, le intercettazioni di Zannini Piergiorgio (titolare dell'omonima ditta individuale esercente l'attività di bonifiche subacquee) che in molti passaggi danno contezza del rinvenimento quasi quotidiano di ordigni al fosforo, proprio durante le operazioni di dragaggio della Machiavelli.
Trattasi, come si apprende dalle dichiarazioni rese da Marcotrigiano nel corso del suo esame da parte del Pubblico Ministero, Dr. Vaira, all'udienza del 02.07.2018 (da pag.18 del verbale redatto), delle conversazioni registrate sul RIT 258.
Interessante quanto emerge dalla conversazione del 25.09.2011, progressivo 1723, in cui Zannini apprende da un suo dipendente (tale Sante) del rinvenimento di un ordigno, spostato e "messo alla discarica all'angolo".
Zannini dice di aspettare e di non comunicare questa circostanza se non a fine lavori, in quanto "lo sanno già tutti che gli incendiari non hanno segnale per cui, l'importante, è che l'abbiamo tolto".
Ed anche in questo caso apprende che l'incendiario fumava (si precisa che per incendiario è da intendersi lo spezzone di fosforo rimasto nudo, senza ogiva e, dunque, senza protezione, che appena entra in contatto con l'ossigeno, fuori dall'acqua, prende fuoco).
Zannini avverte di non fare entrare persone nella colmata, "ci deve andare solo l'escavatore perché è pericoloso, a parte il fosforo ci può essere anche il liquido dell'iprite di una damigianetta che si è rotta 30 anni fa".
Nella conversazione successiva, progressivo n.1727, Zannini accenna alla draga e al fatto che la stessa, durante le operazioni di dragaggio, può macinare gli ordigni riducendoli in pezzi che finiscono giù nella colmata.
La bomba caricata a benzene e fosforo
Ma la conversazione più emblematica è sicuramente quella tratta dal RIT 258, progressivo 1800, intercettata il giorno 28.09.2011, (si badi bene, lo stesso giorno in cui l'Arpa effettua il prelievo dei sedimenti!).
Da tale conversazione si apprende del rinvenimento di una bomba caricata a fosforo e benzene, bucata dall'escavatore all'interno della colmata, con conseguente fuoriuscita di fumo ("una bomba era benzene e fosforo; molto probabilmente nel lavoro che fanno le motopale l'ha bucata, è cominciato a uscire il fumo; si vedeva proprio il dentino della motopala che era entrato dentro e ha cominciato a fumare; era bello spesso e puzzava di un accidente").
Dal tenore della conversazione emerge, altresì, che tutto era fatto in modo tale da mantenere il riserbo su quanto accadeva e sui rimedi adottati (creazione illecita di un deposito in mare per tutto il materiale pericoloso rinvenuto).
Quanto precede è solo uno stralcio di numerose conversazioni tratte tutte dal RIT 258 ed espressamente richiamate da Marcotrigiano nel corso del suo esame del 2.07.2018, alle pagg. 23 e 24 del succitato verbale, che il Collegio giudicante immotivatamente non ha preso in considerazione, come se non esistessero.
Tale omissione, lo si ribadisce priva di qualsivoglia motivazione, rende pertanto censurabile la sentenza di assoluzione nei confronti degli imputati in relazione al capo V), ai sensi e per gli effetti dell'art.576 c.p.p..
Sul contenuto di tali intercettazioni, la difesa del CBM, ha chiesto ai Giudici della Corte d'Appello di soffermarsi sulla loro valenza probatoria, trattandosi di dichiarazioni captate nel corso di attività di intercettazione regolarmente autorizzata e ad insaputa dei soggetti coinvolti e sulla base di quanto accertato. Pertanto si chiedeva il riconoscimento delle responsabilità penali degli imputati per il reato loro contestato al capo V).
Come si sono espressi i Giudici d'Appello
"Il Tribunale (collegio giudicante di primo grado n.d.r.) ha assolto gli imputati Balducci Vincenzo, Calderoni Giorgio, Catteau Pierre, Defendi Daniele, Grimaldi Franco, Grondona Giuseppe, Loliva Gianluca, Marconi Carlo Alberto, Mazzola Osvaldo, Menchini Gianluca, Parmigiani Carlo, Turbolente Paolo, dai reati a loro ascritti al capo V) dell'imputazione (artt.110, 81,40 cpv, 635 cpv c.p. art.256, co,1,2,3 Dlgs 152/06) perchè il fatto non sussiste.
In particolare il Tribunale ha posto a fondamento della esclusione di ogni responsabilità dall'aver concorso, ciascuno nelle rispettive qualità, nella illecita raccolta e smaltimento nella "cassa di colmata" di quanto residuava al dragaggio degli ordigni bellici unitamente ai fanghi ed alle rocce raccolti sul fondale marino che venivano riversati nella cassa di colmata, realizzando nella stessa una discarica abusiva di rifiuti pericolosi.
Secondo l'appellante le motivazioni del Tribunale, basate sulla relazione dell'Arpa che aveva escluso la presenza di sedimenti pericolosi e sostanze chimiche nella cassa di colmata, atteso che la concentrazione di azoto, fosforo e carbonio era risultata più bassa rispetto ai sedimenti prelevati nei porti di Bari, Barletta e Monopoli, non avrebbero tenuto conto degli esiti delle conversazioni intercettate.
Rileva la Corte che dalle conversazioni intercettate, e riportate nell'atto di appello del Comitato Bonifica Molfetta, emergono le seguenti circostanze:
- il rinvenimento, da parte della ditta dello Zannini esercente attività di bonifiche subacquee e "messo alla discarica all'angolo" (vd. progressiva 1723) di ordigni al fosforo;
- il rinvenimento di una bomba caricata a fosforo e benzene, bucata dall'escavatore all'interno della colmata con fuoriuscita di fumo "una bomba era benzene e fosforo, ha cominciato a uscire il fumo" (vd. progressiva 1800).
E' evidente quindi che vi è stato il rinvenimento di materiale pericoloso per la salute, quali gli ordigni, e che lo stesso era stato depositato in una zona di mare, la "discarica all'angolo", nella colmata, e infatti Zannini si raccomandava di non fare andare persone lì, ma solo l'escavatore "perchè è pericoloso".
Orbene il reato di cui all'art. 256, D.Lgs n.152/06, è un reato di pericolo: " il reato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata è reato di pericolo, sicché la valutazione in ordine all'offesa al bene giuridico protetto va retrocessa al momento della condotta secondo un giudizio prognostico "ex ante", essendo irrilevante l'assenza in concreto, successivamente riscontrata, di qualsivoglia lesione." (vd. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 19439 del 17/01/2012: Sez. 3 - , Sentenza n 4973. del 18/10/2018).
Sulla scorta di tali principi non è condivisibile la valutazione effettuata dal Tribunale basata sulle risultanze delle verifiche effettuate dall'ARPA circa i livelli non elevati di concentrazione di azoto, fosforo e carbonio, per escludere la rilevanza penale delle condotte poste in essere dagli imputati come si evincono dalle conversazioni intercettate e che integrano l'abbandono e deposito in modo incontrollato di rifiuti pericolosi.
Tuttavia il reato contravvenzionale contestato e la condotta ascrivibile agli imputati deve ritenersi cessata al più tardi al momento in cui è avvenuto il sequestro dell'area ovvero in data 07/10/2013 come da verbale di sequestro preventivo in atti. "L'attività di gestione abusiva o irregolare di una discarica comprende anche la fase post-operativa con la conseguenza che la permanenza del reato cessa: -1) con il venir meno della situazione di antigiuridicità per rilascio dell'autorizzazione amministrativa; -2) con la rimozione dei rifiuti e della bonifica dell'area; -3) con il sequestro, che sottrae al gestore la disponibilità dell'area; -4) con la pronuncia della sentenza di primo grado (Cass. Sez.3 - Sentenza n. 9954 del 19/01/2021)".
Ne consegue che, considerato che il termine massimo di prescrizione del reato de quo è di anni cinque ex art. 161. comma 2. c.p., detto termine risulta decorso al più tardi il 7/10/2018 ovvero prima della pronuncia della sentenza di primo grado del 20 dicembre 2019".
Quindi il relativo reato era prescritto già prima della sentenza di primo grado, ma i giudici d'appello dicono espressamente che le condotte poste in essere dagli imputati, come si evincono dalle conversazioni intercettate, hanno rilevanza penale ed integrano l'abbandono e il deposito in modo incontrollato di rifiuti pericolosi.
Pertanto, al di là delle assoluzioni e al pagamento delle spese processuali della parte civile "la vera notizia dopo 11 anni" è che nella "cassa di colmata" potrebbero esserci ancora residui pericolosi di ordigni bellici ed altro ancora.
Tanto si doveva.