Cronaca
Maxi-confisca: le indagini iniziate nel 2016. La difesa: «Diremo la nostra»
Nel mirino Giuseppe Manganelli: l'attività avviata dopo alcuni controlli stradali. L'avvocato Poli: «A breve le nostre precisazioni»
Molfetta - giovedì 14 marzo 2024
9.42
Una maxi confisca di 50 milioni di euro - un capitale immenso fatto di immobili, compendi aziendali, conti correnti, veicoli e beni di lusso - è stata eseguita ieri dai Carabinieri a carico di Giuseppe Manganelli, conosciuto come «Pinuccio la Madonna», in attesa delle «doverose precisazioni» del suo avvocato, Tommaso Poli.
Ma chi è Giuseppe Manganelli? 55 anni, pregiudicato e già sorvegliato speciale, è uno dei nomi di spicco del panorama criminale. Nel suo curriculum si contano condanne per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, estorsioni, rapina e lesioni. A suo carico anche il coinvolgimento nelle operazioni "Primavera" (1994) e "Reset" (1996): durante gli anni '90, infatti, Molfetta era diventata il più organizzato, vasto e importante mercato della droga al minuto di tutta la Puglia.
L'indagine, condotta dai militari dell'allora capitano Vito Ingrosso, sviluppata in simbiosi col Nucleo Investigativo di Bari diretto dal maggiore Stefano Invernizzi, è nata dopo una serie di controlli alla circolazione stradale eseguiti dagli uomini della Compagnia di Molfetta nei confronti di uomini del posto, ma anche pugliesi e campani, riconducibili al 55enne. L'inchiesta, condotta dal pubblico ministero Ettore Cardinali, è stata conclusa nel 2019. Nel 2021, il sequestro, ieri la confisca.
Secondo le indagini l'uomo avrebbe costruito il suo impero con dei «capitali d'illecita provenienza». In particolare la confisca ha riguardato 15 fabbricati, tra cui la villa dove è domiciliato, sul lungomare dei Crociati, 4 fondi, per un'estensione complessiva pari a 5mila metri quadrati, 4 società specializzate nella realizzazione e ristrutturazione di edifici, 6 veicoli e un motopeschereccio (il "Paolo Padre"), oltre ad 11 conti correnti e alle quote partecipative ad un fondo di investimento.
Il provvedimento, richiesto dalla Direzione Distrettuale Antimafia, è stato disposto rimarcando la «elevata pericolosità sociale» di Manganelli, il quale grazie a una «fruttuosa carriera criminale», avrebbe accumulato «somme di danaro, con probabilità provento delle attività di narcotraffico ed estorsive cui lo stesso era dedito negli anni '90» - a dirlo due collaboratori di giustizia, Giuseppe Pappagallo e Michele Giangaspero - fondando così «il suo impero finanziario e imprenditoriale».
Dal 2011, il 55enne, dopo 12 anni di detenzione avrebbe iniziato ad investire nel campo dell'edilizia, «grazie alla fittizia interposizione di alcuni prestanome». Così avrebbe costituito le prime società (la Nicoletta Acquaviva e poi la Edilduemmegi che la Procura ha definito «inquinate» perché sorte con il «reimpiego di capitali di derivazione delittuosa») e diversificato gli investimenti. L'indagine ha analizzato l'attività che, per un ventennio, Manganelli e i suoi hanno abilmente intessuto.
Il sistema, un intricato meccanismo di costituzioni e acquisizioni societarie, è stato passato al setaccio dai Carabinieri che, dopo complesse analisi investigative, hanno ricostruito «sia la carriera criminale dell'uomo, sia gli introiti del suo intero nucleo familiare, fornendo un corposo quadro indiziario sull'illecita provenienza della sua ricchezza che costituirebbe il compendio del traffico di droga». Un impero economico, secondo gli inquirenti, nato, soltanto apparentemente, dal nulla.
Intanto, se per l'Arma dei Carabinieri, «l'importante risultato rappresenta una conferma ulteriore dell'azione di contrasto alla criminalità organizzata», l'avvocato di Manganelli, Poli, raggiunto telefonicamente, ha anticipato l'invio «di alcune doverose precisazioni» su un provvedimento, quello di ieri, «non ancora definitivo».
Ma chi è Giuseppe Manganelli? 55 anni, pregiudicato e già sorvegliato speciale, è uno dei nomi di spicco del panorama criminale. Nel suo curriculum si contano condanne per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, estorsioni, rapina e lesioni. A suo carico anche il coinvolgimento nelle operazioni "Primavera" (1994) e "Reset" (1996): durante gli anni '90, infatti, Molfetta era diventata il più organizzato, vasto e importante mercato della droga al minuto di tutta la Puglia.
L'indagine, condotta dai militari dell'allora capitano Vito Ingrosso, sviluppata in simbiosi col Nucleo Investigativo di Bari diretto dal maggiore Stefano Invernizzi, è nata dopo una serie di controlli alla circolazione stradale eseguiti dagli uomini della Compagnia di Molfetta nei confronti di uomini del posto, ma anche pugliesi e campani, riconducibili al 55enne. L'inchiesta, condotta dal pubblico ministero Ettore Cardinali, è stata conclusa nel 2019. Nel 2021, il sequestro, ieri la confisca.
Secondo le indagini l'uomo avrebbe costruito il suo impero con dei «capitali d'illecita provenienza». In particolare la confisca ha riguardato 15 fabbricati, tra cui la villa dove è domiciliato, sul lungomare dei Crociati, 4 fondi, per un'estensione complessiva pari a 5mila metri quadrati, 4 società specializzate nella realizzazione e ristrutturazione di edifici, 6 veicoli e un motopeschereccio (il "Paolo Padre"), oltre ad 11 conti correnti e alle quote partecipative ad un fondo di investimento.
Il provvedimento, richiesto dalla Direzione Distrettuale Antimafia, è stato disposto rimarcando la «elevata pericolosità sociale» di Manganelli, il quale grazie a una «fruttuosa carriera criminale», avrebbe accumulato «somme di danaro, con probabilità provento delle attività di narcotraffico ed estorsive cui lo stesso era dedito negli anni '90» - a dirlo due collaboratori di giustizia, Giuseppe Pappagallo e Michele Giangaspero - fondando così «il suo impero finanziario e imprenditoriale».
Dal 2011, il 55enne, dopo 12 anni di detenzione avrebbe iniziato ad investire nel campo dell'edilizia, «grazie alla fittizia interposizione di alcuni prestanome». Così avrebbe costituito le prime società (la Nicoletta Acquaviva e poi la Edilduemmegi che la Procura ha definito «inquinate» perché sorte con il «reimpiego di capitali di derivazione delittuosa») e diversificato gli investimenti. L'indagine ha analizzato l'attività che, per un ventennio, Manganelli e i suoi hanno abilmente intessuto.
Il sistema, un intricato meccanismo di costituzioni e acquisizioni societarie, è stato passato al setaccio dai Carabinieri che, dopo complesse analisi investigative, hanno ricostruito «sia la carriera criminale dell'uomo, sia gli introiti del suo intero nucleo familiare, fornendo un corposo quadro indiziario sull'illecita provenienza della sua ricchezza che costituirebbe il compendio del traffico di droga». Un impero economico, secondo gli inquirenti, nato, soltanto apparentemente, dal nulla.
Intanto, se per l'Arma dei Carabinieri, «l'importante risultato rappresenta una conferma ulteriore dell'azione di contrasto alla criminalità organizzata», l'avvocato di Manganelli, Poli, raggiunto telefonicamente, ha anticipato l'invio «di alcune doverose precisazioni» su un provvedimento, quello di ieri, «non ancora definitivo».