Politica
La scissione infinita: verso le primarie. Clima da "volemose bene" o battaglia fratricida?
Dividersi nei momenti di difficoltà fa parte del dna della sinistra
Molfetta - domenica 2 aprile 2017
9.38
Per buona parte dell'opinione pubblica - di quella che vota a sinistra, perlomeno - le primarie sono ancora l'apogeo della democrazia. Tant'è che l'elettorato di sinistra tempera già le matite per l'appuntamento che porterà a scegliere il candidato sindaco. Anche ieri riecheggiava il mantra "scissione o unità". Oppure scegliete voi la parola giusta: implosione, disgregazione, frantumazione. Di cosa si parli è ovvio: del centrosinistra. Che stavolta ha deciso di risolvere ogni dissidio spaccando, uscendo, scindendo, addirittura, "autoconvocandosi per il futuro" per rimettere insieme i cocci di un vaso rotto: «finalmente ci ritroviamo - introduce Leo Amato -. Stasera teniamo fuori le paure. Quest'assemblea non ha nulla di precostituito. La nostra volontà è riunire il centrosinistra. La sintesi per noi è indispensabile. Dobbiamo aprire senza indugio la sfida delle primarie». Ecco, appunto. Ma tra quali candidati?
«Questa autoconvocazione è nata prima nei nostri cuori - dice Giuseppe Percoco -. Insieme possiamo farcela. Dobbiamo farcela. È questa la nostra casa. Non è tempo dello sconforto».
«Dopo diversi mesi - spiega Damiano Angeletti - la comunità del centrosinistra si ritrova e si raccoglie per affrontare insieme le sfide del governo della città. Abbiamo attraversato un momento di estrema difficoltà e abbiamo perso troppo tempo prima di riunire le nostre forze e questo ha avvantaggiato certamente i nostri avversari. Dieci mesi fa avevamo un centrodestra sostanzialmente polverizzato, che oggi si sta ricompattando. E noi rischiamo di perdere un patrimonio messo insieme con grande sacrificio dopo dodici anni di malgoverno. Partiamo sfavoriti, ma possiamo vincere. Gianni Porta può partecipare con noi alle primarie. L'importante è che ci sia la volontà di tutti gli interpreti».
Ma la sinistra - di cui il Pd è azionista di riferimento - sembra capace di fremiti solo dinanzi a battaglie congressuali, lotta per la leadership anche passando dalle primarie. Secondo Gano Cataldo: «Sinistra italiana, si è già detta favorevole alle primarie. Ma quando? Ma Come? Io considero le primarie utili come i vaccini. Dosi massicce possono uccidere. Tre, quattro regole semplici sono essenziali per evitare che anche queste diventino un fallimento. Ma poi perché fare le primarie? Evidentemente per fare chiarezza perché la necessità è ripartire dal 2016 e non dal 2013».
Eppure considerati gli ultimi tempi ce l'hanno nel sangue, "sta cosa" della scissione. È nel Dna, nella storia, nella genesi della sinistra. Dalla costola del Pd, ad esempio, discendendo due anime fondanti dei dem, dividendosi in Sinistra italiana e Democrazia è Partecipazione. «Sono un convinto sostenitore delle primarie - dice Mimmo Favuzzi - anche se ritengo che l'esperienza fatta finora fatta in Italia e a Molfetta, ha svilito uno strumento di partecipazione diretta, stravolgendone il senso. La prima data utile per me è il 30 aprile. Le primarie non si riducono solo al giorno delle votazioni. Tutti i candidati delle primarie devono essere unanimemente riconosciuti come potenziali rappresentanti di tutta la coalizione. Seconda questione: è fondamentale che ci sia un confronto di tipo programmatico sui temi fondamentali della battaglia elettorale. Terzo elemento: poiché la campagna elettorale è costosa, è necessario che questa sia fatta con il contributo di tutti. E' necessario quindi un contributo consistente (10 o 5 euro)».
Gabriele Vilardi si dice «molto contento per questa iniziativa, pubblica. La prima dopo 10 mesi in cui tutto si sapeva solo tramite comunicati stampa o "gole profonde" sui vari tavoli del centrosinistra. L'unica cosa che si sapeva era che questi tavoli erano un fallimento. Oggi finalmente ci ritroviamo per trovare il bandolo di questa matassa che continua ad ingarbugliarsi. Purtroppo nei tavoli di cose, di programmi, non si è mai discusso. Non mi voglio ritrovare accanto a quelli che hanno determinato la caduta della passata amministrazione».
Dal 2013 a oggi la guerra non è finita, e non resta che un penoso rosario di lotte fratricide dalle quali la sinistra è uscita ogni volta più debole. Poi sarà tutto un via-vai di leaderini, dissensi e siglette. «Considero questa assemblea "agrodolce" - dichiara Giovanni Abbattista -. siamo in ritardo, su questo non c'è dubbio. Però è anche vero che politicamente, stasera, un messaggio positivo arriva. Una parte del Pd oggi è qui e ha fatto una scelta importante, e questo è un messaggio da non sottovalutare. Qui c'è un pezzo che ha rifiutato di partecipare ad un accordo per il potere».
Per Davide de Candia «stasera un obiettivo lo abbiamo raggiunto, il più difficile e il più complicato: quello di rivederci e riconoscerci, nei volti, negli sguardi, nelle differenze, avendo sperimentato la difficoltà del governo».
Però, pur mettendo da parte il tormentone-scissione, restano un sacco di domande senza risposta. La prima riguarda il Pd, cioè se questo sia ancora quello modellato per far convivere l'anima postdemocristiana e quella postcomunista. Le altre questioni toccano invece gli autoconvocati di oggi e la loro strategia. Bepi Maralfa seppur presente ha fatto silenzio. Perché? La volontà è quella di tentare di restare uniti, l'invito è invece diretto a Rifondazione Comunista ad utilizzare le primarie quale strumento utile a dirimere le controversie, seppur la stessa Rifondazione non abbia nel suo Dna, almeno secondo la storia, le primarie. Tutto da rifare, forse.
«Questa autoconvocazione è nata prima nei nostri cuori - dice Giuseppe Percoco -. Insieme possiamo farcela. Dobbiamo farcela. È questa la nostra casa. Non è tempo dello sconforto».
«Dopo diversi mesi - spiega Damiano Angeletti - la comunità del centrosinistra si ritrova e si raccoglie per affrontare insieme le sfide del governo della città. Abbiamo attraversato un momento di estrema difficoltà e abbiamo perso troppo tempo prima di riunire le nostre forze e questo ha avvantaggiato certamente i nostri avversari. Dieci mesi fa avevamo un centrodestra sostanzialmente polverizzato, che oggi si sta ricompattando. E noi rischiamo di perdere un patrimonio messo insieme con grande sacrificio dopo dodici anni di malgoverno. Partiamo sfavoriti, ma possiamo vincere. Gianni Porta può partecipare con noi alle primarie. L'importante è che ci sia la volontà di tutti gli interpreti».
Ma la sinistra - di cui il Pd è azionista di riferimento - sembra capace di fremiti solo dinanzi a battaglie congressuali, lotta per la leadership anche passando dalle primarie. Secondo Gano Cataldo: «Sinistra italiana, si è già detta favorevole alle primarie. Ma quando? Ma Come? Io considero le primarie utili come i vaccini. Dosi massicce possono uccidere. Tre, quattro regole semplici sono essenziali per evitare che anche queste diventino un fallimento. Ma poi perché fare le primarie? Evidentemente per fare chiarezza perché la necessità è ripartire dal 2016 e non dal 2013».
Eppure considerati gli ultimi tempi ce l'hanno nel sangue, "sta cosa" della scissione. È nel Dna, nella storia, nella genesi della sinistra. Dalla costola del Pd, ad esempio, discendendo due anime fondanti dei dem, dividendosi in Sinistra italiana e Democrazia è Partecipazione. «Sono un convinto sostenitore delle primarie - dice Mimmo Favuzzi - anche se ritengo che l'esperienza fatta finora fatta in Italia e a Molfetta, ha svilito uno strumento di partecipazione diretta, stravolgendone il senso. La prima data utile per me è il 30 aprile. Le primarie non si riducono solo al giorno delle votazioni. Tutti i candidati delle primarie devono essere unanimemente riconosciuti come potenziali rappresentanti di tutta la coalizione. Seconda questione: è fondamentale che ci sia un confronto di tipo programmatico sui temi fondamentali della battaglia elettorale. Terzo elemento: poiché la campagna elettorale è costosa, è necessario che questa sia fatta con il contributo di tutti. E' necessario quindi un contributo consistente (10 o 5 euro)».
Gabriele Vilardi si dice «molto contento per questa iniziativa, pubblica. La prima dopo 10 mesi in cui tutto si sapeva solo tramite comunicati stampa o "gole profonde" sui vari tavoli del centrosinistra. L'unica cosa che si sapeva era che questi tavoli erano un fallimento. Oggi finalmente ci ritroviamo per trovare il bandolo di questa matassa che continua ad ingarbugliarsi. Purtroppo nei tavoli di cose, di programmi, non si è mai discusso. Non mi voglio ritrovare accanto a quelli che hanno determinato la caduta della passata amministrazione».
Dal 2013 a oggi la guerra non è finita, e non resta che un penoso rosario di lotte fratricide dalle quali la sinistra è uscita ogni volta più debole. Poi sarà tutto un via-vai di leaderini, dissensi e siglette. «Considero questa assemblea "agrodolce" - dichiara Giovanni Abbattista -. siamo in ritardo, su questo non c'è dubbio. Però è anche vero che politicamente, stasera, un messaggio positivo arriva. Una parte del Pd oggi è qui e ha fatto una scelta importante, e questo è un messaggio da non sottovalutare. Qui c'è un pezzo che ha rifiutato di partecipare ad un accordo per il potere».
Per Davide de Candia «stasera un obiettivo lo abbiamo raggiunto, il più difficile e il più complicato: quello di rivederci e riconoscerci, nei volti, negli sguardi, nelle differenze, avendo sperimentato la difficoltà del governo».
Però, pur mettendo da parte il tormentone-scissione, restano un sacco di domande senza risposta. La prima riguarda il Pd, cioè se questo sia ancora quello modellato per far convivere l'anima postdemocristiana e quella postcomunista. Le altre questioni toccano invece gli autoconvocati di oggi e la loro strategia. Bepi Maralfa seppur presente ha fatto silenzio. Perché? La volontà è quella di tentare di restare uniti, l'invito è invece diretto a Rifondazione Comunista ad utilizzare le primarie quale strumento utile a dirimere le controversie, seppur la stessa Rifondazione non abbia nel suo Dna, almeno secondo la storia, le primarie. Tutto da rifare, forse.