Cultura, Eventi e Spettacolo
La mostra personale di Giovanni Morgese a Molfetta dal 17 novembre
Rassegna visitabile fino al 9 dicembre presso Galleria 54
Molfetta - martedì 7 novembre 2023
La mostra personale di Giovanni Morgese sarà visitabile a Molfetta dal 17 novembre al 9 dicembre presso Galleria 54, tutti i giorni dalle 18:30 alle 20:30 e la mattina solo su prenotazione.
"Ho conosciuto Giovanni Morgese esattamente cinquant'anni fa. Era l'autunno del 1972 - racconta Gaetano Mongelli - quando assieme a mio fratello Leonardo si iscrisse al "Liceo Artistico" di Bari. Una scelta che, sono parole sue, pur rivelandosi "non facile e alquanto contrastata in famiglia", gli aprì le porte dell'Accademia di Belle Arti di Bari. Dove, a fine corso, si diplomerà a pieni voti in Pittura nel 1979 sotto la guida di Michele De Palma, Adele Plotkin, Anna D'Elia e del più vulcanico Pietro Marino: testimoni del suo operato giovanile caratterizzato da "lavori di matrice segnico-informale", ammaliati dalle inesauribili potenzialità della materia."
"In seguito ultimati gli studi accademici Morgese venne allo scoperto, facendosi conoscere intra ed extra moenia. Mi riferisco alla sua prima personale, allestita nel 1980 nella "Galleria Pino Pascali" di Polignano a Mare che, a quei tempi, era allocata in uno spazio sconsacrato: l'ex chiesa di Santo Stefano. Giovanni Morgese a partire dagli esordi fino agli attuali manufatti, il suo percorso, si è rivelato esemplare, coerente e lineare come pochi: soprattutto nel centrare gli interessi di maggior peso, che ruotano attorno al mistero dell'amore di Dio per l'uomo. Un mistero che, di volta in volta, si fa racconto, scandagliando le lacerazioni che accompagnano la nostra storia di figli di Adamo".
In considerazione del fatto che Morgese si muove in una dimensione in cui non conta la facciata fisica del manifesto, ma la sostanza metafisica della manifestazione. La stessa in grado di riannodare tra loro le relazioni stabilitesi tra cielo e terra, "dal momento che l'atto del re-ligare, riannodare, ingenera la religio". Una religione che si affida ai "mezzi dell'arte […] umili e inadeguati", avendo utilizzato di continuo e fino allo spasimo "materiali poveri e naturali, come il legno, il terreno, il ferro", ma non necessariamente effimeri o di scarto. Un'operazione che, per analogia - senza scomodare Giacometti o altri simulacri - si traduce in "pensiero visivo", il solo in grado di tradurre una scelta di fede in una scelta di vita.
"Ho conosciuto Giovanni Morgese esattamente cinquant'anni fa. Era l'autunno del 1972 - racconta Gaetano Mongelli - quando assieme a mio fratello Leonardo si iscrisse al "Liceo Artistico" di Bari. Una scelta che, sono parole sue, pur rivelandosi "non facile e alquanto contrastata in famiglia", gli aprì le porte dell'Accademia di Belle Arti di Bari. Dove, a fine corso, si diplomerà a pieni voti in Pittura nel 1979 sotto la guida di Michele De Palma, Adele Plotkin, Anna D'Elia e del più vulcanico Pietro Marino: testimoni del suo operato giovanile caratterizzato da "lavori di matrice segnico-informale", ammaliati dalle inesauribili potenzialità della materia."
"In seguito ultimati gli studi accademici Morgese venne allo scoperto, facendosi conoscere intra ed extra moenia. Mi riferisco alla sua prima personale, allestita nel 1980 nella "Galleria Pino Pascali" di Polignano a Mare che, a quei tempi, era allocata in uno spazio sconsacrato: l'ex chiesa di Santo Stefano. Giovanni Morgese a partire dagli esordi fino agli attuali manufatti, il suo percorso, si è rivelato esemplare, coerente e lineare come pochi: soprattutto nel centrare gli interessi di maggior peso, che ruotano attorno al mistero dell'amore di Dio per l'uomo. Un mistero che, di volta in volta, si fa racconto, scandagliando le lacerazioni che accompagnano la nostra storia di figli di Adamo".
In considerazione del fatto che Morgese si muove in una dimensione in cui non conta la facciata fisica del manifesto, ma la sostanza metafisica della manifestazione. La stessa in grado di riannodare tra loro le relazioni stabilitesi tra cielo e terra, "dal momento che l'atto del re-ligare, riannodare, ingenera la religio". Una religione che si affida ai "mezzi dell'arte […] umili e inadeguati", avendo utilizzato di continuo e fino allo spasimo "materiali poveri e naturali, come il legno, il terreno, il ferro", ma non necessariamente effimeri o di scarto. Un'operazione che, per analogia - senza scomodare Giacometti o altri simulacri - si traduce in "pensiero visivo", il solo in grado di tradurre una scelta di fede in una scelta di vita.