Cronaca
La Cassazione boccia l'abogado abusivo
Con una pronuncia a Sezioni Unite, la Corte Suprema ha respinto l'istanza di un 51enne
Molfetta - martedì 20 settembre 2016
8.36
Esiste un aspirante avvocato che, davanti lo scoglio dell'abilitazione forense, non abbia pensato almeno una volta di mollare tutto e partire, magari per la Spagna? Se credete si tratti della classica fuga di cervelli vi sbagliate, perché, con una pronuncia a Sezioni Unite, la Cassazione boccia l'abogado abusivo.
Due mesi dopo l'iscrizione all'Ordine degli Abogados di Lucena, in Spagna, un 51enne di Molfetta ha chiesto l'iscrizione all'Albo degli Avvocati stabiliti presso il Consiglio dell'Ordine di Roma, autocertificando l'assenza di carichi pendenti e condanne.
Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma, dopo aver effettuato l'iscrizione, ha chiesto all'abogado di comprovare i requisiti autocertificati ed ha acquisito varie informazioni della pendenza di procedimenti penali nonché di una sentenza disciplinare comportante la cancellazione dall'albo, ai danni del medesimo professionista, da parte del COA di Trani.
Su queste basi il COA di Roma ha revocato l'iscrizione alla sezione speciale degli avvocati stabiliti. Il molfettese, però, ha proposto ricorso, ma il CNF lo ha respinto ritenendo che lo stesso non fosse in possesso del requisito della condotta specchiatissima e illibata necessaria anche per l'iscrizione all'Albo degli Avvocati stabili.
Avverso la sentenza, il 51enne ha proposto ricorso, lamentando l'insussistenza di un tale potere di verifica da parte del COA.
Il decreto legislativo n. 96 del 2 febbraio 2001, regolante l'esercizio della professione di avvocato in Italia, da parte di un cittadino di uno Stato membro dell'Unione Europea che abbia ottenuto un titolo equivalente in un altro Stato membro, all'art. 6 comma 2 prevede i requisiti per l'iscrizione nella sezione speciale degli avvocati stabiliti, subordinandola, all'iscrizione dell'istante presso la competente organizzazione professionale dello Stato membro di origine e all'allegazione del relativo attestato, del certificato di cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione Europea e del certificato di residenza.
Ebbene, nonostante quanto previsto dal comma 2 dell'art. 6, secondo le S.U., il COA può svolgere un potere di verifica in merito ai requisiti di iscrizione ogni qualvolta la richiesta appaia connotata da abusività.
In quanto «la legittimità della condotta del cittadino di uno Stato membro dell'U.E. che si rechi in un altro Stato membro per acquisirvi la qualifica di avvocato e poi rientri nello Stato di origine per esercitare la professione - si legge - non impedisce al Consiglio dell'Ordine di verificare se tale percorso sia diretto a consentire l'esercizio della professione in condizioni preclusive per l'ordinamento italiano, perché caratterizzate dall'abuso del diritto».
Due mesi dopo l'iscrizione all'Ordine degli Abogados di Lucena, in Spagna, un 51enne di Molfetta ha chiesto l'iscrizione all'Albo degli Avvocati stabiliti presso il Consiglio dell'Ordine di Roma, autocertificando l'assenza di carichi pendenti e condanne.
Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma, dopo aver effettuato l'iscrizione, ha chiesto all'abogado di comprovare i requisiti autocertificati ed ha acquisito varie informazioni della pendenza di procedimenti penali nonché di una sentenza disciplinare comportante la cancellazione dall'albo, ai danni del medesimo professionista, da parte del COA di Trani.
Su queste basi il COA di Roma ha revocato l'iscrizione alla sezione speciale degli avvocati stabiliti. Il molfettese, però, ha proposto ricorso, ma il CNF lo ha respinto ritenendo che lo stesso non fosse in possesso del requisito della condotta specchiatissima e illibata necessaria anche per l'iscrizione all'Albo degli Avvocati stabili.
Avverso la sentenza, il 51enne ha proposto ricorso, lamentando l'insussistenza di un tale potere di verifica da parte del COA.
Il decreto legislativo n. 96 del 2 febbraio 2001, regolante l'esercizio della professione di avvocato in Italia, da parte di un cittadino di uno Stato membro dell'Unione Europea che abbia ottenuto un titolo equivalente in un altro Stato membro, all'art. 6 comma 2 prevede i requisiti per l'iscrizione nella sezione speciale degli avvocati stabiliti, subordinandola, all'iscrizione dell'istante presso la competente organizzazione professionale dello Stato membro di origine e all'allegazione del relativo attestato, del certificato di cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione Europea e del certificato di residenza.
Ebbene, nonostante quanto previsto dal comma 2 dell'art. 6, secondo le S.U., il COA può svolgere un potere di verifica in merito ai requisiti di iscrizione ogni qualvolta la richiesta appaia connotata da abusività.
In quanto «la legittimità della condotta del cittadino di uno Stato membro dell'U.E. che si rechi in un altro Stato membro per acquisirvi la qualifica di avvocato e poi rientri nello Stato di origine per esercitare la professione - si legge - non impedisce al Consiglio dell'Ordine di verificare se tale percorso sia diretto a consentire l'esercizio della professione in condizioni preclusive per l'ordinamento italiano, perché caratterizzate dall'abuso del diritto».