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Chiesa locale
L'omelia di mons. Vincenzo Turturro nella Cattedrale di Molfetta
Le parole pubblicate sul sito della Diocesi
Molfetta - lunedì 18 marzo 2024
0.43
Sul sito della Diocesi sono state pubblicate le parole tratte dall'omelia di mons. Vincenzo Turturro, nunzio apostolico in Paraguay, nel corso della messa da lui officiata presso la cattedrale di Molfetta.
Care Eccellenze,
confratelli sacerdoti,
religiosi e religiose,
fratelli e sorelle dell'amata Diocesi di Molfetta-Ruvo Giovinazzo-Terlizzi, che così numerosi avete scelto di prendere parte a questa celebrazione, anche rappresentati dalle Autorità civili e militari,
a una settimana dall'ordinazione episcopale, il Signore mi fa il grande regalo di essere tra voi, per lodare il suo cuore premuroso e generoso. Nella sua misericordia non ha tenuto conto delle mie tante fragilità e attraverso la mia povera persona ha fatto dono alla Chiesa di un nuovo Vescovo, un giovane Vescovo.
Ringrazio Lei, Eccellenza, don Mimmo, e con Lei ringrazio i confratelli di questa Diocesi, con cui ho condiviso buona parte del mio cammino formativo e vocazionale. Porto ognuno di voi nella preghiera, mi siete molto cari. Quotidianamente rendo lode al Signore per avermi fatto nascere nella mia famiglia e aver fatto sorgere e maturare la mia vocazione al sacerdozio in questa terra, in questa Diocesi, nel seno di questo presbiterio. Vi ho portati e vi porterò con me in qualsiasi parte del mondo la Chiesa decida di inviarmi.
Immagino comprendiate bene l'emozione che provo nel salire su questa Cattedra (seppure evidentemente non mi appartenga!). Circa vent'anni fa ero inginocchiato su questi gradini per essere ordinato sacerdote. Ora sento tutto il carico di una storia che grava sul mio cuore: storia di santità e di servizio, storia di amore alla Chiesa e di attenzione premurosa al Popolo di Dio. Mi propongo di continuare ad attingere da questa storia la linfa vitale per essere testimone credibile di Cristo Risorto.
Il Santo Padre mi invia in Paraguay, dove troverò una cultura ricca seppur differente dalla nostra, conoscerò una storia nuova, dovrò adattarmi ad una lingua che non mi appartiene, incontrerò persone buone e bisognose di amore. Parto però con la certezza che la fede in Gesù Cristo e l'Amore per la Chiesa accomunano tutti i Popoli che come pastori siamo chiamati a servire. Mi metterò in cammino con l'amato popolo paraguayano conservando nei miei polmoni l'aria respirata in questa nostra terra. Il profumo del nostro mare, la bellezza della nostra veracità, la devozione verso la Santissima Vergine, la genuina umanità e la fede sincera di ognuno di voi mi accompagneranno per sempre.
In mezzo a voi ho sperimentato fin dalla mia giovinezza l'affettuosa "maternità della Chiesa", che si è fatta cura premurosa nelle parole ed opere del venerabile don Tonino, azione concreta nel ministero di don Donato, delicata carezza nell'affetto del compianto don Gino, accompagnamento gioioso nella generosità di don Mimmo. Questa nostra Chiesa diocesana è scrigno del desiderio di ognuno di voi, cari fratelli e sorelle, di accorgersi dei semi di vita presenti nel mondo intero, anche negli anfratti del cuore umano che sembrano più lontani dalla Chiesa e da Dio.
Mi piace rivolgere il mio grazie a ciascuno di voi, care sorelle e cari fratelli, per la vostra gioia! Ho percepito nei cuori di ognuno di voi il rallegramento profondo per la grazia che il Signore sta operando. È qualcosa che davvero tocca il cuore! In questo vostro sentimento leggo l'ulteriore conferma che quanto si realizza non è mia proprietà, ma è un dono che Dio fa alla sua Chiesa. Siamo servi, tutti quanti, ed io mi sento oggi più che mai al servizio, collaboratore della vostra gioia. Gesù l'ha ribadito nel Vangelo odierno: «Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore» (Gv 12,26).
Il brano del Vangelo di questa Quinta Domenica di Quaresima mi aiuta a definire con voi i contorni del tesoro inestimabile che il Signore ha messo in questo fragile vaso di creta.
Care Eccellenze,
confratelli sacerdoti,
religiosi e religiose,
fratelli e sorelle dell'amata Diocesi di Molfetta-Ruvo Giovinazzo-Terlizzi, che così numerosi avete scelto di prendere parte a questa celebrazione, anche rappresentati dalle Autorità civili e militari,
a una settimana dall'ordinazione episcopale, il Signore mi fa il grande regalo di essere tra voi, per lodare il suo cuore premuroso e generoso. Nella sua misericordia non ha tenuto conto delle mie tante fragilità e attraverso la mia povera persona ha fatto dono alla Chiesa di un nuovo Vescovo, un giovane Vescovo.
Ringrazio Lei, Eccellenza, don Mimmo, e con Lei ringrazio i confratelli di questa Diocesi, con cui ho condiviso buona parte del mio cammino formativo e vocazionale. Porto ognuno di voi nella preghiera, mi siete molto cari. Quotidianamente rendo lode al Signore per avermi fatto nascere nella mia famiglia e aver fatto sorgere e maturare la mia vocazione al sacerdozio in questa terra, in questa Diocesi, nel seno di questo presbiterio. Vi ho portati e vi porterò con me in qualsiasi parte del mondo la Chiesa decida di inviarmi.
Immagino comprendiate bene l'emozione che provo nel salire su questa Cattedra (seppure evidentemente non mi appartenga!). Circa vent'anni fa ero inginocchiato su questi gradini per essere ordinato sacerdote. Ora sento tutto il carico di una storia che grava sul mio cuore: storia di santità e di servizio, storia di amore alla Chiesa e di attenzione premurosa al Popolo di Dio. Mi propongo di continuare ad attingere da questa storia la linfa vitale per essere testimone credibile di Cristo Risorto.
Il Santo Padre mi invia in Paraguay, dove troverò una cultura ricca seppur differente dalla nostra, conoscerò una storia nuova, dovrò adattarmi ad una lingua che non mi appartiene, incontrerò persone buone e bisognose di amore. Parto però con la certezza che la fede in Gesù Cristo e l'Amore per la Chiesa accomunano tutti i Popoli che come pastori siamo chiamati a servire. Mi metterò in cammino con l'amato popolo paraguayano conservando nei miei polmoni l'aria respirata in questa nostra terra. Il profumo del nostro mare, la bellezza della nostra veracità, la devozione verso la Santissima Vergine, la genuina umanità e la fede sincera di ognuno di voi mi accompagneranno per sempre.
In mezzo a voi ho sperimentato fin dalla mia giovinezza l'affettuosa "maternità della Chiesa", che si è fatta cura premurosa nelle parole ed opere del venerabile don Tonino, azione concreta nel ministero di don Donato, delicata carezza nell'affetto del compianto don Gino, accompagnamento gioioso nella generosità di don Mimmo. Questa nostra Chiesa diocesana è scrigno del desiderio di ognuno di voi, cari fratelli e sorelle, di accorgersi dei semi di vita presenti nel mondo intero, anche negli anfratti del cuore umano che sembrano più lontani dalla Chiesa e da Dio.
Mi piace rivolgere il mio grazie a ciascuno di voi, care sorelle e cari fratelli, per la vostra gioia! Ho percepito nei cuori di ognuno di voi il rallegramento profondo per la grazia che il Signore sta operando. È qualcosa che davvero tocca il cuore! In questo vostro sentimento leggo l'ulteriore conferma che quanto si realizza non è mia proprietà, ma è un dono che Dio fa alla sua Chiesa. Siamo servi, tutti quanti, ed io mi sento oggi più che mai al servizio, collaboratore della vostra gioia. Gesù l'ha ribadito nel Vangelo odierno: «Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore» (Gv 12,26).
Il brano del Vangelo di questa Quinta Domenica di Quaresima mi aiuta a definire con voi i contorni del tesoro inestimabile che il Signore ha messo in questo fragile vaso di creta.