L’avv. Scardigno dell’Associazione Pandora: «Il Cav sarà un polo di innovazione culturale»
Presto l’inaugurazione del centro antiviolenza di Molfetta
Molfetta - lunedì 4 febbraio 2019
Manca poco, veramente poco, per l'apertura del Centro antiviolenza a Molfetta, che sarà gestito dall'Associazione Pandora, presente già dal 2013 sul territorio molfettese come sportello, sia per attività di supporto psicologico e legale per le vittime di violenza, che di sensibilizzazione nelle scuole.
Il loro è stato un lavoro silenzioso, un lavoro che ha visto molte donne vittime di violenza avvicinarsi e farsi aiutare a difendersi dalla persona che le maltratta. E' un lavoro di equipe, infatti, ci sono psicologi, psicoterapeuti, legali, assistenti sociali ed educatori professionali, per legge composta da solo donne.
E'proprio la fondatrice di Pandora, Valeria Scardigno, a spiegarci che non è facile per molte donne riconoscere il proprio stato di violenza, che non è solo quella fisica, ma è anche di natura psicologia ed economica, «loro vivono queste violenze come uno stato di malessere. Quella è la loro normalità, molto spesso giustificano anche il comportamento dell'uomo che è loro accanto».
Tante le storie che hanno seguito nel corso della loro attività di sportello, non si può fare un identikit delle donne vittime di violenza, perché comprende una fascia di età che va dai 16 anni ai 60 anni e nulla a che vedere con il ceto e con la posizione economica. Mentre le avvisaglie e le caratteristiche di un uomo violento quelle si possono riconoscere sin da subito, lo scagliare oggetti nei momenti di frustrazione e di rabbia, prima o poi quegli oggetti avranno una direzione ben precisa: la donna, con tutte le conseguenze che questo gesto comporta.
Cambiamenti in questi anni non ve ne sono stati per chi è vittima di violenza il "modus operandi", il copione è sempre lo stesso, ma ciò che è cambiato in questi anni, come ci dice Valeria Scardigno, «è la consapevolezza di chi ti è vicino, figli, sorelle, vicini, che sono diventati un gancio per queste donne, affinché possano vedere un'altra realtà». Anche questo passaggio non è semplice, non è facile, perché prendere coscienza della propria condizione di donna vittima di violenza richiede tanta consapevolezza, tanta forza di volontà, che chiaramente deve essere supportata dal personale e dagli strumenti giusti.
La referente di Pandora, ci spiega, proprio perché deve essere una scelta consapevole e di volontà loro non richiamano in caso di mancato appuntamento, «perché lo sportello o il Cav non deve essere visto come un'intromissione nel nucleo familiare, anzi tutt'altro è il ruolo che intendono ricoprire. Tutto è lasciato alla volontà delle donne che intendono intraprendere un percorso di "liberazione"». Chiaramente è un percorso irto di difficoltà, fatto di vergogna, di paura di quello che accadrà dopo.
Visibilmente soddisfatta Valeria Scardigno, «non è stato facile sopravvivere pur non essendo istituzionalizzate, lavorando in totale volontarietà, questo risultato è il raggiungimento di un obiettivo, ma soprattutto l'inizio di un percorso nuovo, sarà un polo di innovazione culturale».
E conclude: «l'apertura del Cav significherà avere un punto di riferimento costante e continuo e sempre disponibile per ascoltare le istanze di aiuto che possa attivare tutta una serie di servizi collaterali, per esempio dall'inserimento nel mondo del lavoro delle vittime di violenza economica alla organizzazione di eventi che possano sensibilizzare le donne, cercando di farle cambiare il proprio punto di vista, vogliamo che sia un cuore pulsante dove possano essere attratte quante più donne».
Il primo appuntamento pubblico è previsto per il prossimo 3 marzo con l'iniziativa "Run Together", con la collaborazione dell'Associazione "Road running", una "corsa" di 5 km per le vie di Molfetta.
Il loro è stato un lavoro silenzioso, un lavoro che ha visto molte donne vittime di violenza avvicinarsi e farsi aiutare a difendersi dalla persona che le maltratta. E' un lavoro di equipe, infatti, ci sono psicologi, psicoterapeuti, legali, assistenti sociali ed educatori professionali, per legge composta da solo donne.
E'proprio la fondatrice di Pandora, Valeria Scardigno, a spiegarci che non è facile per molte donne riconoscere il proprio stato di violenza, che non è solo quella fisica, ma è anche di natura psicologia ed economica, «loro vivono queste violenze come uno stato di malessere. Quella è la loro normalità, molto spesso giustificano anche il comportamento dell'uomo che è loro accanto».
Tante le storie che hanno seguito nel corso della loro attività di sportello, non si può fare un identikit delle donne vittime di violenza, perché comprende una fascia di età che va dai 16 anni ai 60 anni e nulla a che vedere con il ceto e con la posizione economica. Mentre le avvisaglie e le caratteristiche di un uomo violento quelle si possono riconoscere sin da subito, lo scagliare oggetti nei momenti di frustrazione e di rabbia, prima o poi quegli oggetti avranno una direzione ben precisa: la donna, con tutte le conseguenze che questo gesto comporta.
Cambiamenti in questi anni non ve ne sono stati per chi è vittima di violenza il "modus operandi", il copione è sempre lo stesso, ma ciò che è cambiato in questi anni, come ci dice Valeria Scardigno, «è la consapevolezza di chi ti è vicino, figli, sorelle, vicini, che sono diventati un gancio per queste donne, affinché possano vedere un'altra realtà». Anche questo passaggio non è semplice, non è facile, perché prendere coscienza della propria condizione di donna vittima di violenza richiede tanta consapevolezza, tanta forza di volontà, che chiaramente deve essere supportata dal personale e dagli strumenti giusti.
La referente di Pandora, ci spiega, proprio perché deve essere una scelta consapevole e di volontà loro non richiamano in caso di mancato appuntamento, «perché lo sportello o il Cav non deve essere visto come un'intromissione nel nucleo familiare, anzi tutt'altro è il ruolo che intendono ricoprire. Tutto è lasciato alla volontà delle donne che intendono intraprendere un percorso di "liberazione"». Chiaramente è un percorso irto di difficoltà, fatto di vergogna, di paura di quello che accadrà dopo.
Visibilmente soddisfatta Valeria Scardigno, «non è stato facile sopravvivere pur non essendo istituzionalizzate, lavorando in totale volontarietà, questo risultato è il raggiungimento di un obiettivo, ma soprattutto l'inizio di un percorso nuovo, sarà un polo di innovazione culturale».
E conclude: «l'apertura del Cav significherà avere un punto di riferimento costante e continuo e sempre disponibile per ascoltare le istanze di aiuto che possa attivare tutta una serie di servizi collaterali, per esempio dall'inserimento nel mondo del lavoro delle vittime di violenza economica alla organizzazione di eventi che possano sensibilizzare le donne, cercando di farle cambiare il proprio punto di vista, vogliamo che sia un cuore pulsante dove possano essere attratte quante più donne».
Il primo appuntamento pubblico è previsto per il prossimo 3 marzo con l'iniziativa "Run Together", con la collaborazione dell'Associazione "Road running", una "corsa" di 5 km per le vie di Molfetta.