Cultura, Eventi e Spettacolo
Assessore Allegretta: «Tutte le città del bando Capitale italiana della Cultura 2022»
L’assessore-soprano ha anche promosso nei mesi scorsi l’iniziativa di creare una cassa integrazione per gli artisti
Molfetta - domenica 26 aprile 2020
10.05
E' un'artista prestata alla politica, ed è proprio questa duplice veste che le permette di vedere lungo, di anticipare i tempi.
Sin dai primi giorni dal lockdown, è stata la prima a proporre la cassa integrazione speciale per i professionisti della cultura, ed, invece, di pochi giorni fa l'invito a dichiarare "Città italiana della cultura" tutti Comuni candidati a questo riconoscimento.
E' proprio con l'assessore alla cultura del Comune di Molfetta, Sara Allegretta, abbiamo cercato di capire come si sta muovendo e come si muoverà il mondo della cultura molfettese e non solo.
L'assessorato, prima che iniziasse la quarantena, stava preparando tutta la documentazione per il riconoscimento di "Città italiana della cultura", ma anche questa attività viene bloccata. E così che qualche giorno fa ha pensato di proporre una iniziativa singolare ce la vuole esplicitare?
«In Assessorato eravamo già pronti dal 12 marzo alla consegna del dossier per la candidatura a "Città italiana della Cultura 2022", un progetto che avrebbe proseguito l'importante percorso di rilancio culturale già avviato nella nostra città e che puntando su idee innovative, realizzate in partnership con importanti aziende della nostra città, avrebbero messo a disposizione dell'Arte e della Cultura, tutta la tecnologia emergente con la possibilità di essere proiettati in ambienti digitali con i quali interagire quasi come nella vita reale».
Da dove nasce questa idea di nominare ogni città in lizza come "Città italiana della cultura"?
«Sono partita da un concetto di solidarietà, innanzitutto nei confronti della città di Parma, perché la cultura è solidarietà, è stare insieme, e quindi ho compreso subito che la città non avrebbe potuto realizzare il suo programma di iniziative per il 2020.
Ma il mio pensiero è andato oltre, alla luce delle misure in materia di distanziamento interpersonale e con l'adozione dei dispositivi di protezione, tutto risultava difficilmente compatibile con la realizzazione di eventi culturali e di spettacolo dal vivo. Quindi, allo scopo di rilanciare un settore, quale quello culturale, fortemente compromesso dalle disposizioni vigenti, ho ritenuto indispensabile per la valorizzazione del patrimonio culturale italiano, riconoscere il titolo di Capitale italiana della Cultura 2022 a tutte le partecipanti al bando, con l'obiettivo di promuovere un intero territorio, non una singola regione o una città. E' l'Italia intera che merita di essere sostenuta, un paese straordinario per ricchezza del suo patrimonio artistico- storico e culturale, un patrimonio che tutto il mondo ci invidia».
Che riscontro ha avuto questa sua proposta da parte delle altre città?
«Il riscontro è andato oltre ogni aspettativa. Molti addetti al settore, attori, registi, giornalisti, danzatori, critici d'arte, Sovrintendenti, cantanti lirici, hanno espresso attenzione e grande apprezzamento per questa idea di rilancio. Del resto l'Italia non ripartirà senza la Cultura».
Come Assessore alla Cultura, ma soprattutto come artista, pochi giorni dopo che l'Italia era stata dichiarata zona rossa, ha chiesto a gran voce di pensare al mondo della cultura, proponendo una cassa integrazione speciale per i professionisti della cultura, che eco ha avuto a livello nazionale questa sua proposta? Ovviamente anche a livello regionale e locale?
«Sicuramente sono stata la prima voce che si è levata, innanzitutto da artista che lavora in questo comparto da oltre venticinque anni. Ricordo di aver fatto un video-appello già l'11 marzo scorso, rivolto alle Istituzioni nazionali, dove sottolineavo un intervento urgente a favore di un comparto strategico, quanto privo di tutele, come quello dei lavoratori dello spettacolo dal vivo, composto da artisti, musicisti, attori, registi, associazioni culturali, danzatori, senza dimenticare tutte le altre categorie di lavoratori che ruotano intorno al mondo del teatro, del cinema e della danza come: costumisti, sarte, tecnici del suono, scenografi, elettricisti, macchinisti, truccatori, una categoria enorme di professionisti che contribuisce all'allestimento di uno spettacolo dal vivo o di un set cinematografico.
Conoscendo bene il settore ho intuito immediatamente le difficoltà in cui si sarebbero trovati tantissimi colleghi e tutti gli addetti ai lavori; un teatro chiuso significa restare a casa, con un contratto risolto per cause di forza maggiore e senza diritti, non solo per le produzioni in corso ma anche per tutte le produzioni a venire. Inoltre, il mio appello si rivolgeva anche al sostegno di tutte quelle associazioni e realtà locali che contribuiscono alla vivacità culturale di un territorio».
Fra gli aventi diritto all'indennità Covid-19, prevista dal Governo, ci sono anche i lavoratori dello spettacolo, reputa che sia una misura sufficiente?
«I requisiti per l'accesso al bonus Inps ha purtroppo escluso moltissimi professionisti, i parametri richiesti non sono sempre compatibili con la tipologia di lavoro svolto dai lavoratoti dello spettacolo. Raggiungere le "trenta giornate lavorative" maturate con i contributi è solo uno dei punti più controversi della normativa, data la peculiarità dei nostri contratti, in cui si pagano le recite e non il periodo di prova. Il discorso è molto lungo e senza addentrarmi oltre nella specificità della materia, ribadisco che i requisiti attualmente richiesti hanno escluso moltissimi professionisti».
E su quali canali dovrebbe muoversi il Governo per tutelare i lavoratori della cultura?
«Dai momenti di crisi bisogna imparare per ricostruire, è la storia che ce lo insegna.
E' in questo particolare momento, in cui l'attività dello spettacolo dal vivo è sospesa e i teatri e tutti i luoghi della cultura chiusi, che dobbiamo riflettere sulle prospettive future per non ritrovarci, appena tutto sarà finito, in un vicolo cieco.
Il limite di questa categoria rischia di essere proprio questo, che tante singole voci non riescano a fare sintesi sul tema, dopo tanti analoghi appelli.
Per ricostruire occorre ripartire dalle fondamenta di questo settore e non continuare a vivere di contratti di fortuna. Per questo parlavo, in questa prima fase, di una cassa integrazione straordinaria per tutti i lavoratori dello spettacolo, come forma di sostegno immediato, per passare poi ad una fase realmente costruttiva. Senza poi far passare il messaggio che si possa fare spettacolo online o in streaming, o che una visita virtuale di un museo possa rappresentare il futuro.
Gli artisti hanno bisogno dell'emozione del pubblico e il pubblico ha bisogno di vivere l'emozione che promana dagli artisti o da un'opera d'arte.
Bisogna dare un assetto strutturato a questo settore, così come avviene per altre tipologie di lavoratori, riscrivere le regole, emanare leggi ad hoc con l'ausilio di menti competenti e creative. Le idee di sicuro non mancano!
Proprio prima della pandemia avevo realizzato un portale web "cultureandcity.it" per la valorizzazione delle associazioni e degli artisti che si sono esibiti in questa città negli ultimi tre anni. Un omaggio alla creatività ma anche alla memoria dell'attività culturale svolta nella nostra Molfetta».
Sin dai primi giorni dal lockdown, è stata la prima a proporre la cassa integrazione speciale per i professionisti della cultura, ed, invece, di pochi giorni fa l'invito a dichiarare "Città italiana della cultura" tutti Comuni candidati a questo riconoscimento.
E' proprio con l'assessore alla cultura del Comune di Molfetta, Sara Allegretta, abbiamo cercato di capire come si sta muovendo e come si muoverà il mondo della cultura molfettese e non solo.
L'assessorato, prima che iniziasse la quarantena, stava preparando tutta la documentazione per il riconoscimento di "Città italiana della cultura", ma anche questa attività viene bloccata. E così che qualche giorno fa ha pensato di proporre una iniziativa singolare ce la vuole esplicitare?
«In Assessorato eravamo già pronti dal 12 marzo alla consegna del dossier per la candidatura a "Città italiana della Cultura 2022", un progetto che avrebbe proseguito l'importante percorso di rilancio culturale già avviato nella nostra città e che puntando su idee innovative, realizzate in partnership con importanti aziende della nostra città, avrebbero messo a disposizione dell'Arte e della Cultura, tutta la tecnologia emergente con la possibilità di essere proiettati in ambienti digitali con i quali interagire quasi come nella vita reale».
Da dove nasce questa idea di nominare ogni città in lizza come "Città italiana della cultura"?
«Sono partita da un concetto di solidarietà, innanzitutto nei confronti della città di Parma, perché la cultura è solidarietà, è stare insieme, e quindi ho compreso subito che la città non avrebbe potuto realizzare il suo programma di iniziative per il 2020.
Ma il mio pensiero è andato oltre, alla luce delle misure in materia di distanziamento interpersonale e con l'adozione dei dispositivi di protezione, tutto risultava difficilmente compatibile con la realizzazione di eventi culturali e di spettacolo dal vivo. Quindi, allo scopo di rilanciare un settore, quale quello culturale, fortemente compromesso dalle disposizioni vigenti, ho ritenuto indispensabile per la valorizzazione del patrimonio culturale italiano, riconoscere il titolo di Capitale italiana della Cultura 2022 a tutte le partecipanti al bando, con l'obiettivo di promuovere un intero territorio, non una singola regione o una città. E' l'Italia intera che merita di essere sostenuta, un paese straordinario per ricchezza del suo patrimonio artistico- storico e culturale, un patrimonio che tutto il mondo ci invidia».
Che riscontro ha avuto questa sua proposta da parte delle altre città?
«Il riscontro è andato oltre ogni aspettativa. Molti addetti al settore, attori, registi, giornalisti, danzatori, critici d'arte, Sovrintendenti, cantanti lirici, hanno espresso attenzione e grande apprezzamento per questa idea di rilancio. Del resto l'Italia non ripartirà senza la Cultura».
Come Assessore alla Cultura, ma soprattutto come artista, pochi giorni dopo che l'Italia era stata dichiarata zona rossa, ha chiesto a gran voce di pensare al mondo della cultura, proponendo una cassa integrazione speciale per i professionisti della cultura, che eco ha avuto a livello nazionale questa sua proposta? Ovviamente anche a livello regionale e locale?
«Sicuramente sono stata la prima voce che si è levata, innanzitutto da artista che lavora in questo comparto da oltre venticinque anni. Ricordo di aver fatto un video-appello già l'11 marzo scorso, rivolto alle Istituzioni nazionali, dove sottolineavo un intervento urgente a favore di un comparto strategico, quanto privo di tutele, come quello dei lavoratori dello spettacolo dal vivo, composto da artisti, musicisti, attori, registi, associazioni culturali, danzatori, senza dimenticare tutte le altre categorie di lavoratori che ruotano intorno al mondo del teatro, del cinema e della danza come: costumisti, sarte, tecnici del suono, scenografi, elettricisti, macchinisti, truccatori, una categoria enorme di professionisti che contribuisce all'allestimento di uno spettacolo dal vivo o di un set cinematografico.
Conoscendo bene il settore ho intuito immediatamente le difficoltà in cui si sarebbero trovati tantissimi colleghi e tutti gli addetti ai lavori; un teatro chiuso significa restare a casa, con un contratto risolto per cause di forza maggiore e senza diritti, non solo per le produzioni in corso ma anche per tutte le produzioni a venire. Inoltre, il mio appello si rivolgeva anche al sostegno di tutte quelle associazioni e realtà locali che contribuiscono alla vivacità culturale di un territorio».
Fra gli aventi diritto all'indennità Covid-19, prevista dal Governo, ci sono anche i lavoratori dello spettacolo, reputa che sia una misura sufficiente?
«I requisiti per l'accesso al bonus Inps ha purtroppo escluso moltissimi professionisti, i parametri richiesti non sono sempre compatibili con la tipologia di lavoro svolto dai lavoratoti dello spettacolo. Raggiungere le "trenta giornate lavorative" maturate con i contributi è solo uno dei punti più controversi della normativa, data la peculiarità dei nostri contratti, in cui si pagano le recite e non il periodo di prova. Il discorso è molto lungo e senza addentrarmi oltre nella specificità della materia, ribadisco che i requisiti attualmente richiesti hanno escluso moltissimi professionisti».
E su quali canali dovrebbe muoversi il Governo per tutelare i lavoratori della cultura?
«Dai momenti di crisi bisogna imparare per ricostruire, è la storia che ce lo insegna.
E' in questo particolare momento, in cui l'attività dello spettacolo dal vivo è sospesa e i teatri e tutti i luoghi della cultura chiusi, che dobbiamo riflettere sulle prospettive future per non ritrovarci, appena tutto sarà finito, in un vicolo cieco.
Il limite di questa categoria rischia di essere proprio questo, che tante singole voci non riescano a fare sintesi sul tema, dopo tanti analoghi appelli.
Per ricostruire occorre ripartire dalle fondamenta di questo settore e non continuare a vivere di contratti di fortuna. Per questo parlavo, in questa prima fase, di una cassa integrazione straordinaria per tutti i lavoratori dello spettacolo, come forma di sostegno immediato, per passare poi ad una fase realmente costruttiva. Senza poi far passare il messaggio che si possa fare spettacolo online o in streaming, o che una visita virtuale di un museo possa rappresentare il futuro.
Gli artisti hanno bisogno dell'emozione del pubblico e il pubblico ha bisogno di vivere l'emozione che promana dagli artisti o da un'opera d'arte.
Bisogna dare un assetto strutturato a questo settore, così come avviene per altre tipologie di lavoratori, riscrivere le regole, emanare leggi ad hoc con l'ausilio di menti competenti e creative. Le idee di sicuro non mancano!
Proprio prima della pandemia avevo realizzato un portale web "cultureandcity.it" per la valorizzazione delle associazioni e degli artisti che si sono esibiti in questa città negli ultimi tre anni. Un omaggio alla creatività ma anche alla memoria dell'attività culturale svolta nella nostra Molfetta».